Violenze in Toscana nel 1921

Angelo Tasca, tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia, rammenta gli scontri tra fascisti ed antifascisti in Toscana nel 1921.

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L’offensiva fascista raggiunge, nelle prime settimane del 1921, il massimo della violenza e della ferocia. E’ impossibile comprendere gli avvenimenti italiani, se non si riesce a misurare, con una certa approssimazione, l’ampiezza del fenomeno e se non lo si segue nella sua esplosione e diffusione territoriale.

In nessuna parte d’Italia, comunque, si è arrivati a superare in violenza e in crudeltà l’azione del fascismo nella gentil Toscana. In questa regione il proletariato agricolo è meno numeroso che in Emilia (12,80% della popolazione totale, invece del 23,20%): la forma dominante di conduzione agricola è la mezzadria, che occupa un poco più della metà della popolazione rurale. Socialisti e popolari si disputano l’influenza sui mezzadri, e l’offensiva fascista, che tende a rinforzare i diritti dei proprietari, se la prende tanto con le leghe “bianche” quanto con quelle “rosse”. Una delle prime “spedizioni puntive” in Toscana ha luogo contro i coloni “bianchi” del Mugello: il 14 dicembre 1920, un contadino è ucciso a S. Pietro a Sieve. Quattro esponenti fascisti, denunciati per partecipazione all’assassinio, sono interrogati e rilasciati: due tra essi, l’ex-capitano Chiostri e l’ex-sottotenente Capanni, figureranno come candidati dei Fasci sulla lista del blocco nazionale e saranno tra gli eletti di quella lista nel maggio 1921. L’azione fascista ha il suo epicentro a Firenze, dove esplode soprattutto a partire dalla fine di febbraio: il 27 una bomba viene lanciata su un corteo di fascisti, che uccidono nella serata un capo comunista, Lavagnini; l’indomani, scioperto generale e conflitti nel quartiere popolare di S. Frediano, dove si alzano le barricate. Un giovane fascista, Berta, figlio di un industriale, incontra un gruppo di manifestanti, che lo pugnalano e lo gettano in Arno. Nei sobborghi della città gli operai alzano le barricate per difendere le sedi delle loro organizzazioni. A Scandicci i carabinieri e i fascisti vengono accolti a colpi di fucile e con le bombe; devono indietreggiare e abbandonare il caminio, che viene incendiato. Ritornano all’attacco. “Sul ponte della Greve la truppa incontrava le prime barricate. Il Ronchi (capitano dei carabienieri) ordinava – sotto la sua responsabilità e iniziativa – il fuoco. Veniva messa in azione l’artiglieria e le autoblindate, e i colpi sfondavano le barricate danneggiando il ponte. La forza pubblica e i fascisti riuscivano così a penetrare nell’abitato; vengono piazzati i cannoni contro la sede sovversiva (Casa del Popolo), che è così in parte demolita, e sono abbattute le barricate. I fascisti trovano la via libera e “danno l’assalto al Municipio, riportando trionfalmente a Firenze armi e bandiere rosse”.

 

 

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