Torture nelle carceri di Mantova austriaca

Felice Orsini, il mazziniano romagnolo, noto attentatore di Napoleone III, nel 1854 fu arrestato e rinchiuso nelle carceri del Castello di San Giorgio, a Mantova, dove fu protagonista di una rocambolesca fuga. In queste pagine racconta la durezza delle torture nella nella Lombardia austriaca (The Austrian Dungeons in Italy. A Narrative of Fifteen Months’ Imprisonment and Final Escape from the Fortress of S. Giorgio, trad. di J. White Mario).

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Per estrarre la verità dai prigionieri, si sogliono incatenare ad un anello, che è in ogni segreta, talvolta si usa la fame e la solitudine, infine si danno le bastonate.

Il metodo di somministrarle è il seguente. Si prende il paziente e lo si pone sopra una panca lunga due metri e mezzo per lo mento; egli è voltato colla faccia e col ventre in giù. Al punto dove corrispondono i fianchi c’è un arco di ferro ben piantato sui due lati della panca, e che si allarga e si restringe a piacimento e così si adatta alla corporatura del pazienza che non si può muovere affatto: le mani gli si fanno distendere al di sopra della testa per tutta la loro lunghezza e sono fermate ai polsi con ferri, le gambe distese e il collo dei piedi chiuso tra due ferri, la pianta rimane fuori dalla panca.

Un caporale, scelto a posta per la forza e la impossibilità, si mette alla sinistra del paziente, e con una verga incomincia la sua funzione lentamente nel seguente modo.

Egli sta ritto, alza la mano destra per quanto può, fa scorrere la verga con alquanta forza a sinistra dicendo: eins; indi, senza riposarsi e con forza, la rialza a destra per quanto può, e dice: zwei, e con tutta la forza acquistata dai due precedenti movimenti la fa cadere sul paziente dicendo: drei. Questo è un colpo, poi torna da capo: operazione lenta, dolorosa, e propria di un nemico barbaro.

Assistono alla funzione due secondini, il medico, l’ispettore, l’uditore miltiare e il giudice che le fa dare; se il paziente parla, si trascrivono subito le deposizione. Terminata l’operazione, il medico procede alla visita del paziente, e gli porge i sussidi della professione; indi vien portato nella segreta e sul suo sacco di paglia.

Se l’accusato è stato fermo e nulla ha voluto manifestare, il giorno seguente si ripete la funzione.

 

 

 

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