Raccolta delle banane nella Somalia italiana
Nel 1935, Nello Puccioni diede alle stampe Giuba e Oltregiuba, il libro da cui traiamo il seguente passo sulla raccolta delle banane nella Somalia italiana.
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Ogni concessione ha oggi estesissimi bananeti che forniscono costantemente l’Italia per messo di motonavi bananiere di moderna costruzione e che partono da Merca all’incirca ogni dieci giorni. Ogni volta che una motonave arriva, i concessionari vengono avvisati del giorno nel quale devono cogliere i furtti che sono, a mezzo di camion, trasportati direttamente dalle concessioni fino alla città. La raccolta delle banane è fatta in poche ore: basta, generalmente, una mattinata perchè ciascuna concessione possa preparare il quantitativo che le è stato ordinato; le schiere che sono adibite a questo lavoro sono formate dagli stessi lavoratori di ciascuna concessione, cioè di Negroidi.
Ciascuna concessione ha uno o più villaggi di lavoratori, con le solite capanne fisse cilindro-coniche… Tutte le donne di ciascun villaggio sono adoperate per la colta delle banane: degli uomini ne bastano, a rigore, tre per ciascun appezzamento che è in taglio. Per staccare il casco delle banane dalla pianta madre, originariamente gli indigeni adoperavano la piccola accetta che serve loro per tutti i lavori nella boscaglia, accetta di ferro a corto manico; nelle concessioni si adopera invece un lungo e largo coltello affilatissimo che dà i ltaglio più netto e più preciso.
Un uomo si occupa soltanto di recidere i caschi e di deporli ai piedi di ciascuna pianta; arriva la donna che porta dietro le spalle, come uno zaino, un curioso ordigno costituito di due piani di intelaiatura di stecche incontrantisi ad angolo retto: sui piani sono distesi frammenti secchi di foglie di banana, soffice strato sul quale v engono deposti da un altro uomo, a questi adibito, i caschi che si trovano via via tagliati al piede d’ogni pianta. Ogni donna prende nella sua soma un casco e con quel verde fardello se ne parte verso la sede principale della concessione. La pianta che ha dato il suo frutto, e che è ormai inutile, viene immediatamente abbattuta da un terzo uomo, affinchè non tolga, parassita inutile, nutrimento e linfa agli altri polloni sorti dalla stessa ceppaia e che sono in via di maturazione. Con questo sistema, pel quantitativo che ciascuna concessione deve fornire, sono sufficienti due appezzamenti per anno: la distruzione completa del bananeto, che non darebbe più frutti di prima qualità, è fatta ogni tre anni.
In lunga teoria arrivano le donne al capannone di raccolta, curve sotto il peso del casco che ciascuna porta dietro le spalle: peso che sembrerebbe rrisorio a una delle nostre contadine avvezze a portar sacchi di grano sulle spalle robuste; ma non bisogna dimenticarsi che siamo in Somalia, dove i pesi, anche per le muscolose e indubbiamente forti popolazioni negre, sembrano centuplicarsi a giudicare dagli sforzi che si vedono fare a questa gente.
Ogni casco è deposto in una gbbia di stecche di legno imbottita con larghi fogli di carta e con frammenti di foglie di banana; le gabbie, allineate ancora aperte sotto il capannone, aspettano la visita di controllo: saranno poi chiuse e da ciascuna azienda verrano poi prelevate dagli autocarri e portate subito a Merca per l’imbarca.