Quattro passi a Benevento
Benevento è tutta da scoprire. A partire dall’Arco di Traiano, tante sono le testimonianze che ci parlano del suo passato, storie millenarie, memorie dei popoli che l’hanno abitata: greci, sanniti, romani, longobardi poi svevi e angioini.
Ricorderemo che attorno al fiume Calore si svolsero importanti battaglie. Due, in particolare, quella del 275 a.C., quando Pirro fu battuto dai romani che cambiarono il nome della città da Maloenton in Beneventum, e quella del 1266, menzionata anche da Dante nella Divina Commedia, tra Carlo d’Angiò e Manfredi di Svevia.
Ricorderemo ancora la leggenda che colloca nei pressi di Benevento un noce secolare sotto le cui fronte si riunivano le streghe. A questa leggenda si ispirò Giuseppe Alberti, l’inventore del liquore Strega, distillato in città dal 1860 sulla base di una ricetta originalissima di infuso di settanta erbe e spezie pregiate.
Ma la città è tutta da vivere a partire dai suoi principali luoghi di incontro, Piazza Quattro Novembre, la Villa Comunale, la Rocca dei Rettori. Da qui si può presto raggiungere Santa Sofia, il tempio di Iside ed il Museo del Sannio.
Innalzata tra Gisulfo II ed Arechi II lungo nel corso dell’VIII secolo, l’Abbazia di Santa Sofia è uno stupendo edificio simbolo di Benevento. La sua architettura unisce il cerchio alla stella in un sol disegno. E’ così delineata la singolare pianta di una delle più importanti testimonianze dell’architettura longobarda nella Langobardia Minor. Costruita, probabilmente su modello della cappella palatina di Liutprando a Pavia, reca visibili all’interno otto fusti basi e capitelli reimpiegati nell’alzato accentrante. All’ingresso, due capitelli corinzi, costituiscono l’acquasantiera: su colonna tortile a sinistra, su rocchio di granito a destra. Il fonte battesimale è sorretto da un capitello enorme d’ordine corinzio e due altri capitelli sorreggono la mensa dell’altare. Ai due lati del portale, un fusto grigio di granito sulla sinistra ed un cipollino a destra.
Nei locali posti a ridosso della chiesa è ubicato il Museo del Sannio, tappa fondamentale per chi voglia meglio conoscere la storia longobarda. Vi si accede attraverso un viridarium, già colmo di edicole con figure muliebri o virili, che rende l’idea di cosa andremo a conoscere.
Il museo documenta la preistoria e la protostoria con manufatti in pietra e ferro nelle vetrine con punte di selce, raschiatoi, punteruoli, fusaioli e frammenti di terrecotte incise. Parti di corredi funebri, fibule e ceramiche ci conducono sino all’età romana con sculture, teste, splendidi vasi e crateri a campana vivacemente decorati con forme estrose, motivi mitologici e soggetti fallici.
Il Museo del Sannio di Benevento raccoglie testimonianze storiche di tutte le epoche, riguardanti il Beneventano. Nelle sale dei Sanniti, delle sculture greche, di Caudium e delle sculture romane, si susseguono esposti coltelli, monete, punte di fionda in bronzo, rasoi, guaine di spade, rilievi marmorei raffiguranti gladiatori ed ancora statue, la testa di Medusa e la testa di Hera, scultura rinvenuta solo nel 1903, probabilmente resto di una statua colossale.
Istituito nel 1873, il Museo presenta un’ampia sezione longobarda con epigrafi, spade, scudi ed ancora sculture, capitelli ed oggetti d’uso quotidiano. Ai piani superiori si accede alla Sala del Rinascimento che conserva sette grandi tele di Donato Piperno, le Sale del Barocco con opere di Antonio Sarnelli, Carlo Maratta e Paolo De Matteis, la Sala dell’Ottocento e quella del Novecento, con opere di importanti artisti italiani come Renato Guttuso e Carlo Levi. Interessante sono anche la Sala del Trecento e la Loggia dei Leoni con una preziosa statua tombale di un giovane guerriero e tracce del pergamo della Cattedrale. Al termine della visita è possibile ammirare il meraviglioso chiostro coi suoi incantevoli pulvini riccamente decorati con fogliame, allegorie, profili di figure umane e di animale, colte in momenti di vitalità e di forza..
Un tempo il museo ospitava anche reperti egizi che oggi, invece, costituiscono il Museo Arcos, che tra mostre d’arte moderna, ospita una ricostruzione del Tempio di Iside. Qui tronchi e teste di statue appartenenti al culto della dea spiccano in un percorso dettato da proiezioni video. Non tutti i pezzi appartengono all’Età di Domiziano, che – come recita un geroglifico inciso sull’obelisco di Piazza Papiniano – fece costruire “uno splendido palazzo alla signora di Benevento Iside grande e alle deità del suo corteggio”. Per esempio i falchi probabilmente risalgono al IV secolo a.C. e, come buona parte dei reperti, furono realizzati in Egitto e fin qui trasportati.
Molto interessante è anche la nave su cui stava Iside Pelagia. Scolpita in marmo di Paro, pervenne forse da Delo dopo la prima guerra mitridatica. E’ arrivata sino a noi senza più la poppa, ma resta lo stesso un reperto interessante, anche perchè si voleva Iside dea protettrice della navigazione. Poggia su una base decorata da flutti e, della dea, restano solo i piedi con calzari egizi ornati da foglie. Accanto alla barca è disposta la “cista mistica”, tra i principali elementi attribuiti al culto, ed intorno nella sala statue di falchi, simbolo del dio Horus, di fanciulle adoratrici di Iside, inginocchiate sulla gamba destra in posizione orante coperte da vesti leggere e drappeggiate, ed anche la statua di Domiziano in veste di faraone.
Autore articolo: Angelo D’Ambra