La “Natura Morta” a Napoli

Il corso ridondane e multiforme della natura morta trionfa a Napoli lungo un secolo di impennate decorative e metafisiche florali.
Tra i principali protagonisti della scuola napoletana di nature morte, Luca Forte seppe interpretare questo genere con capacità suggestive e altissima qualità cromatica. Il suo itinerario artistico è avvolto ancora nell’ombra. Fu attivissimo tra il 1625 ed il 1655, ma il periodo di maggiore maturità fu senza dubbio quello tra il 1640 ed il 1650. Un carteggio col nobile messinese Antonio Ruffo documenta l’elevata quotazione che i suoi dipinti avevano. Sue opere raggiungono persino Madrid, dove il vicerè di Napoli, Juan Alfonso Enriquez de Cabrera, conduce un’intera collezione.

Tra quelle degne di menzione c’è sicuramente “Natura morta di melegrane, uva, fichi, mele e fiori”. Vi è raffigurata una composizione rigogliosa di frutti e fiori, alcuni recisi, altri sistemati in vaso, e sullo sfondo appare un vigneto. Il contrasto tra i colori scuri dello sfondo e quelli vivaci dei frutti e dei fiori caratterizza l’opera esaltando la consistenza e la bellezza fisica di frutti e fiori.

Eppure il genere della natura morta è tra i più complessi della storia dell’arte. Fu sicuramente specchio di un epoca di speranze e paure ma fu anche di una mentalità laica che si affidava ora all’osservazione diretta della natura con un continuo riferimento alla caducità della vita.

A Napoli opere del genere ebbero un mercato floridissimo e la città costruì con la Spagna, le Fiandre e Milano, una rete pittorico-culturale dalla sublime delicatezza. Si ricordi i rinomati Giacomo Recco, Paolo Porpora e di Giovan Battista Ruoppolo.

Recco appare sensibile alla pittura fiamminga e manieristica in un eccezionale affinamento cromatico. I fiori sono indagati amorosamente, puntigliosamente, con un risentimento plastico di forme fatte sensibili alla luce. La sua specialità di fiorante trova oggi testimonianza nel “Vaso di Fiori” della collezione Rivet, a Parigi, ed in “Fiori con lo stemma del Cardinal Poli” della collezione Lorenelli, a Napoli.
Porpora è il più eccentrico di tutti, figura complessa di pittore specializzato tanto in composizioni di frutta e fiori quanto in insuete rarità zoologiche ed entomologiche. Le tele di Capodimonte, “Fiori”, “Frutta e fiori”, “Fiori, frutta ed uccelli esotici”, risplendono di luce e irridono ogni schematismo con una vitalità bruciante.

Giovan Battista Ruoppolo, sensuale ed idilliaco, lascia accenti di luce e vivacità nelle sue tele. Una sontuosità compositiva che non esita davanti allo sperimentalismo con “Natura morta con la copia de il pastore innamorato” della collezione Viettone, a Roma, o con “Cucina con i sedani, le carote e le pagnotte” del Museo di Capodimonte.

Sofisticate sceneggiature floreali e faunistiche, monumentali astrazioni vegetali, abbondanze gastronomiche e tornitissimi frutti che seguono complessi lignaggi familiari. Sui passi di Giacomo Recco si pongono Giovan Battista e Giuseppe, mentre Giovan Battista Ruoppolo è seguito da Giuseppe e Carlo.

L’esuberanza di queste composizioni di frutti, fiori e vassoi carichi di selvaggina e pesce si intreccia con gli elementi tipici del caravaggismo. La luce attraversa le tele e colpisce le cose rappresentate, un colore, fastoso e ricco, riempie uno stile pienamente barocco. Sono questi i tratti della tipica natura morta napoletana che sottopone il caravaggismo ad una sorta di accelerazione romantica estremamente ricercata.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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