Milano sotto Filippo II

Quando Francesco I, re di Francia, si vide respinta da Carlo V la proposta i far sposare i rispettivi figli per poi farli immediatamente insediare nel Ducato di Milano, assoldò mercenari svizzeri e invase gli Stati Sabaudi sui quali vantava diritti come figlio di Luisa di Savoia. I duchi di Savoia, Carlo III e Beatrice di Portogallo, dovettero riparare a Vercelli, difesi dagli spagnoli che, sebbene non attaccati, ben capirono come la presenza francese in Piemonte fosse una minaccia diretta al Ducato di Milano. Così Carlo V scatenò una nuova guerra.

Il conflitto toccò il Piemonte, la Provenza, le Fiandre, ma non ebbe successi decisivi per nessuno dei due contendenti ed in un sostanziale stallo si siglò la pace nel 1538. Pochi anni dopo Carlo destinò Milano a suo figlio Filippo II. L’Imperatore volle affidare al ragazzo uno stato solido e per questo promulgò le Nuove Costituzioni o Constitutiones Mediolanensis Dominii, una raccolta organica dei decreti ducali che dette ordine e stabilità giuridica ad un ducato prima frammentato in numerose entità territoriali che sfuggivano al controllo statale, ma non tardò a riesplodere la guerra con la Francia quando le truppe di Francesco I ritornarono nei territori sabaudi espugnando Nizza con l’aiuto della flotta barbaresca nell’agosto del 1543. Gli spagnoli occuparono l’area tra Mondovì ad Asti, frenando l’avanzata di Francesco I che aveva preso possesso di Pinerolo. Lo scontro decisivo arrise ai francesi a Ceresole d’Alba nell’aprile del 1544. Alla fine, una nuova pace, a Crespy, nel settembre del 1544, riconobbe alla Francia il dominio sul Piemonte e a Carlo V quello sulla Lombardia.

L’anno dopo gli Ordini di Worms diedero l’assetto costituzionale definitivo al ducato confermandone gli statuti tradizionali. Nacque così uno stato affidato ad un Governatore, al contempo capitano generale, rappresentante il sovrano. Questa figura riuniva il potere militare e quello civile, emanava le “grida”, ovvero le norme di finanza, economia e sanità, ma il suo potere era limitato dalle prerogative locali, dai privilegi ecclesiastici e dal sovrano stesso, al quale restavano comunque riservate le decisioni cruciali. Il Governatore era poi coadiuvato da un gran cancelliere e da un Consiglio segreto di cui facevan parte il cancelliere, il castellano, il presidente del Senato, il magistrato delle entrate, il tesoriere, il capitano di giustizia ed altri benemeriti. Il Senato dunque restava l’organo più importante di Milano conservando vari poteri, tra cui l’interinazione al giudizio di ultima istanza nelle cause civili e penali, la sovraintendenza su tutti i magistrati, il patronato sull’Università di Pavia.

Milano però fu soprattutto il baluardo d’Italia contro la Francia ed il governatore Ferrante Gonzaga in quest’ottica dotò la città di un importante sistema di difesa, una nuova cinta muraria, potenti bastioni.

Il possesso del ducato da parte di Filippo fu finalmente riconosciuto dal re Enrico II di Francia nel 1559, con la Pace di Cateau-Cambrésis. Sotto di lui Milano ebbe pochi governatori italiani, furono perlopiù castigliani, e il Senato si vide ridotte le proprie funzioni conservando il diritto di convalidare i decreti reali, ma non di invalidarli, viceversa ebbe massima autonomia per quanto concerneva le funzioni amministrative. Nel quadro della politica di Madrid, Milano restò soprattutto una base militare, un sito strategico dotato sia di risorse economiche sia di un’ottima posizione geografica, cui gli spagnoli destinarono stabilmente tremila fanti ed un migliaio di cavalieri, mentre il Castello, che perse il suo carattere di residenza principesca e divenne una vera e propria fortezza militare, ospitò una guarnigione di 500 soldati, 115 ufficiali, 200 pezzi d’artiglieria ed una enorme quantità di munizioni.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Bosisio, Storia di Milano; AA.VV., Storia di Milano, Fondazione Treccani degli Alfieri; C. de’ Rosmini, Istoria di Milano

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