L’inganno di Borgerhout

Uno dei più noti successi di Alessandro Farnese nelle Fiandre ebbe dei risvolti tattici notevoli e mostrò tutto l’ingegno del Duca di Parma. Fu quello di Borgerhout, città protetta dai ribelli calvinisti e dai rinforzi inglesi e scozzesi di John Norrey ingaggiati dopo la sconfitta di Gembloux.

Gli spagnoli formarono un’avanguardia di 12 compagnie divise in 3 battaglioni; la destra era al comando di Lope de Figueroa, sulla sinistra c’erano i valloni di Claude de Berlaymont, mentre il centro, sotto il comando di Francisco de Valdes, era composto da soldati tedeschi. Dietro di loro c’era la cavalleria leggera sotto il comando di Antonio de Olivera.

Il grosso dell’esercito di Alessandro Farnese restò nelle retrovie. Erano qui i reggimenti di Georg von Frundsberg, disposti al centro, la cavalleria del duca Francesco di Sassonia-Lauenburg a destra e i lancieri di Pierre de Taxis a sinistra. La cavalleria pesante di Ottavio Gonzaga copriva la retroguardia di questo schieramento.

I calvinisti erano comandati da Francois de La Noue. Erano la spina dorsale dell’esercito ribelle e Guglielmo d’Orange li aveva definito “i miei coraggiosi”.
Con le truppe di Norreys raggiungevano la cifra di circa 4000 uomini ed un centinaio di cavalieri. Erano ben riparati dietro dei fossati e dal letto di un ruscello, il Groot Schijn, che sfociava nello Schelda, attraversato da un ponticciolo. Farnese, accompagnato da alcuni cavalieri, ispezionò personalmente lo stato delle difese e delle truppe nemiche e pianificò l’attacco.

Guglielmo d’Orange disponeva di 25.000 uomini nella vicina città di Anversa e da lì potè tranquillamente osservare i combattimenti, ma non fece nulla per aiutare le sue truppe. Era infatti convinto che, espugnata Borgerhout, gli spagnoli si sarebbero condotti da lui per stringere d’assedio Anversa. Del resto, se il grosso degli uomini di Farnese era in disparte, era proprio perchè il nemico aveva altri obbiettivi. Non andò esattamente così…

Era il 22 marzo 1579. Il tercio di Figueroa attaccò la città da sud, mentre i valloni si mossero da nord e gli uomini di Valdes investirono il centro. I valloni, guidatii dal sergente maggiore Camille Sacchino, subito presero il ponte del torrente. De la Noue cercò di fermare l’avanzata proprio in quel punto al fine di impedire un rapido attraversamento delle truppe spagnole ma fu inutile, poiché i valloni furono molto abili nel difenderlo a costo di sacrificare le loro vite.

Gli uomini di Valdes, intanto, con due pezzi di artiglieria, erano riusciti ad aprire una breccia nelle mura e allora Farnese assunse il comando dei lancieri e, insieme alla cavalleria leggera di Olivera, si lanciò all’assalto. Per gli inglesi asserragliati nella città non ci fu scampo, offrirono una fiera resistenza, ma dopo due ore di battaglia tra le strade, iniziarono a soffrire l’incalzare del nemico. Il tercio di Lope de Figueroa riuscì a sfondare le ultime difese della città e la cavalleria innondò le strade di Borgerhourt mettendo in fuga il nemico che, intanto, stava appiccando il fuoco a tutto l’abitato per far bruciare gli spagnoli tra le fiamme.

La città fu saccheggiata, le sue strade furono disseminate di circa quattrocento cadaveri, i superstiti trovarono scampo nelle mura di Anversa. Molti soldati spagnoli li inseguirono, nonostante il diviero di Farnese. Si esposero così all’artiglieria di Anversa, ma senza venirne colpiti perchè troppo era il fumo che si levava da Borgerhout.

Il gesuita Famiano Strada annotoò che le perdite spagnole erano state di appena otto uomini, quelle olandesi di oltre seicento. La vittoria era stata rapida e devastante, ma non era altro che una mossa diversiva. Guglielmo d’Orange era rimasto chiuso col grosso del suo esercito ad Anversa, pensando che poi gli spagnoli si sarebbero portati lì, ma si sbagliava. Ora Farnese puntava su Maastricht.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: G. Bertini, Alessandro Farnese fra Italia, Spagna e Paesi Bassi

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