L’impresa dei Dardanelli, una pagina dimenticata della Guerra Italo-Turca

Nella notte tra il 18 e il 19 luglio le torpediniere Spica,Centauro, Astore, Climene e Perseo eseguirono una brillante ricognizione nei Dardanelli nel pieno della Guerra Italo-Turca.

A bordo della Spica c’erano il 1° tenente di vascello Umberto Bucci, i sottotenenti Tommaso Panunzio e Giuseppe Carasso, il tenente macchinista Alfredo De Leonardo; a bordo del Centauro il 1° tenente Italo Moreno, i sottotenenti Carlo Della Rocca e Ugo Rossini ed il tenente macchinista Luigi Ricciardi; a bordo dell’Astore c’erano il 1° tenente di vascello Stanislao di Somma,
i sottotenenti Antonio Toscano e Diego Pardo, il sottotenente macchinista Adelfredo Fedele; sul Climene c’erano il 1° tenente di vascello Carlo Fenzi, i sottotenenti Luigi Montella e Arturo Luzzi, il tenente macchinista Carmelo Chillemi; a bordo del Perseo c’erano il 1° tenente di vascello Giuseppe Sirianni, i sottotenenti Cesare Comesatti ed Emilio Pittaluga, il sottotenente macchinista Ferruccio Boscaro. Volle personalmente dirigere l’operazione, prendendo imbarco sulla torpediniera Spica, capo fila, l’ispettore delle siluranti e capitano di vascello Enrico Millo.

Fin dall’inizio della guerra, la Regia Marina aveva sviluppato piani per il forzamento dei Dardanelli in modo da costringere la flotta turca ad una battaglia risolutiva. Gli ottomani avevano sempre evitato lo scontro, anche il 18 aprile quando le navi dell’ammiraglio Viali bombardarono i forti esterni dello stretto cercando di attirare la squadra turca fuori senza che però essa abboccasse. La flotta ottomana preferì restare inoperosa nei Dardanelli.

L’azione fu riproposta nel luglio 1912 con le torpediniere della 3ª squadriglia agli ordini del capitano di vascello Enrico Millo. L’isola di Strati fu selezionata come base logistica per l’azione, l’appoggio indiretto sarebbe stato fornito dall’incrociatore Vettor Pisani e dai cacciatorpediniere Borea e Nembo. Le torpediniere si portarono all’imbocco dello stretto il 18 luglio alle 22:30, navigando in linea di fila a 12 nodi. Alle 00:40 la torpediniera Astore fu illuminata dal proiettore di Capo Helles, sulla costa europea, iniziando il cannoneggiamento e dando l’allarme. Le torpediniere riuscirono a eludere i tiri di artiglieria dei turchi, manovrando prima a 20 e poi a 23 nodi, e arrivarono in vista della baia di Chanak dove si trovava la flotta turca. La Spica fu bloccata presso Kilid Bar da un cavo di acciaio che ne danneggiò le eliche. Dopo diversi tentativi, quando già Millo stava per dare l’ordine di abbandonare la nave, la Spica riuscì a disincagliarsi, ma ormai le probabilità di successo erano molto ridotte e la missione venne interrotta. Dopo aver ripercorso i 20 chilometri dello stretto, le torpediniere superarono l’imbocco sotto il fuoco dei forti di Capo Helles e Kum Kalé, viaggiando a tutta forza e in formazione aperta. Le torpediniere si ricongiunsero in mare con le navi di appoggio.

Il breve rapporto dell’Ammiraglio Viale così descrisse quanto accadde: “A mezzanotte tra il 18 ed il 19, la squadriglia di siluranti composta dalle torpediniere Spica, Centauro, Astore, Climene e Perseo, riusciva ad entrare di sorpresa nell’imboccatura dei Dardanelli. La torpediniere Astore, ultima della formazione, veniva poco dopo scoperta e subito le batterie di entrambe le rive aprirono il fuoco su di essa. Le stazioni di vedetta disseminate a breve distanza lungo la costa si trasmettevano dall’una all’altra i segnali di allarme, sì che la squadriglia delle nostre torpediniere rimaneva sempre e successiva mente illuminata da circa dodici proiettori, ma proseguiva ardita mente la sua rotta, in formazione serrata, alla velocità di ventun nodi, tenendosi vicinissima alla costa europea. Giunta presso Kilid Bahr, mentre il fuoco si faceva più intenso, la torpediniera Spica, che teneva la testa della formazione, urtava contro un cavo di acciaio. Liberatasi da questo, proseguiva ancora, ma tosto si impigliava in un altro cavo, dal quale, mettendo a tutta forza, riusciva anche a liberarsi. Al di là di Kilid Bahr-Cianak, lo specchio d’acqua era completamente ed intensamente illuminato dai proiettori della costa e delle navi e battuto dal tiro nutritissimo delle artiglierie di terra e della squadra. Il mobile incrociarsi dei numerosi fasci proiettori rendeva impossibile identificare le navi e mero ancora il loro orientamento approssimato. Il comandante Millo pertanto ritenne vano tentare in queste condizioni un attacco, che avrebbe prodotto alla maggior parte delle nostre siluranti sicure perdite. D’altronde giudicando pienamente riuscita la ricognizione, dispose per il ritorno della squadriglia che fu eseguito con lo stesso ordine, la stessa calma e la stessa abilità che hanno caratterizzato tutta questa azione, sebbene il tiro delle batterie turche che la ha accompagnata fino al Capo Helles, fosse divenuto ancora più intenso. Le nostre torpediniere non hanno riportato che avarie insignificanti. Il contegno del Comandante, degli ufficiali e degli equipaggi per abilità, valore e disciplina fu superiore ad ogni elogio”.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: AA.VV., L’Italia a Tripoli. Storia degli avvenimenti della Guerra italo-turca

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