Letizia Ramolino, la madre di Napoleone
Maria Letizia Ramolino, andata in sposa ad appena tredici anni al diciottenne Carlo Bonaparte, quando la Corsica si ribellò alla minaccia di annessione francese, seguì suo marito e, nonostante fosse incinta, partecipò ai combattimenti. Non immaginava certo che portava nel suo grembo un futuro imperatore. Restò vedova a trent’anni con la responsabilità di otto figli, cinque le eran morti. Il suo orgoglio era proprio Napoleone che, promosso ufficiale di artiglieria, era avviato ad una sicura carriera militare.
Quando Pasquale Paoli, che i Bonaparte avevano seguito nel moto del 1769, si vide rifiutato un secondo appoggio, la Ramolino volle mettere al riparto da vendette i propri figli e, fortuna volle, che proprio la notte in cui i seguaci di Paoli appiccarono le fiamme alla loro casa, essi potettero assistere da lontano allo scampato pericolo.
Mascilli Migliorini ricostruisce così quel clima: “I rappresentanti di una Corsica, sollevatasi ormai quasi per intero nuovamente contro i francesi, riuniti a Corte alla fine di maggio, denunciavano i membri della famiglia Buonaparte […] come vili agenti della fazione che voleva ridurre l’isola in schiavitù. Qualche giorno più tardi la casa di Ajaccio e le altre proprietà dei Buonaparte vennero saccheggiate. Letizia, rifugiatasi dapprima nella tenuta di Milelli, raggiunse, poi, con gli altri figli la spiaggia della baia di Capitello. Qui venne avventurosamente raccolta da Napoleone […]” (Napoleone, Salerno editrice, Roma, 2014, p. 53).
Napoleone li attese sulla costa con una piccola imbarcazione che li condusse a Marsiglia. Questa terra riserbò loro stenti e miserie, fino a quando Napoleone, divenuto comandante in capo dell’Armata d’Italia, poté fornire agi e denari ai propri familiari. Maria Letizia Ramolino tornò in Corsica ed intanto sbocciavano i rancori e le divergenze col figlio che prendeva in moglie Giuseppina di Beauharnais, già divorziata e con figli, senza chiederle l’autorizzazione. Non presenziò dunque alla cerimonia d’incoronazione del 1804, contrariamente a quanto lascia credere un famoso dipinto di David.
Altra ragione di astio con Napoleone fu l’allontanamento dalla Francia di suo fratello Luciano reo d’aver preso in moglie Alexandrine de Bleschamp, vedova del banchiere Jouberthon. Maria Letizia seguì Luciano a Roma dove rinforzò la sua religiosità e più cupi si fecero i suoi timori sul futuro. Napoleone – ne era convinta – aveva sbagliato a cingersi il capo della corona di Luigi XVI e chissà fino a quando sarebbero durati i suoi successi. Timorosa, rancorosa eppure orgogliosa del figlio, non volle vivere a corte, ma non esitò a farsi chiamare “Madame”, come si voleva per la prima figlia dei re di Francia, neppure lesinò dal reclamare il titolo di Altezza Imperiale, armi alla sua carrozza ed una corte d’onore.
Per Napoleone la madre era solo “una borghese di Saint-Denis”, capricciosa, autoritaria. Restò sorpreso quando, dopo aver abdicato, la donna lo raggiunse sull’isola d’Elba per confortarlo. E Maria Letizia Ramolino gli fu ancor vicino dopo Waterloo, impegnando per il figlio le ricchezze accumulate negli anni affinché la vita a Sant’Elena gli fosse meno dura.
La notizia della morte del figlio, il 5 maggio del 1821, la serrò in un dolore soffocante che la portò a definirsi “madre di tutti i dolori”. Invano ne reclamò le ceneri, invano chiese di rivedere il pallido nipote, il Re di Roma. Presto perse pure Paolina.
Morì a 86 anni, condannata a star seduta dalla rottura di un femore e cieca.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: G. Martineau, Madame mère: life of L. Bonaparte; E. Ferri, Luisa Bonaparte. Vita, potere e tragedia della madre di Napoleone; Emmanuel de Las Cases, Mémorial de Sainte-Hélène