Storia del Cristianesimo: le grandi eresie
Dopo gli importanti inizi con San Paolo, i grandi tentativi di esporre in modo compiuto la fede cristiana si arenarono perchè maggiore energie richiedeva la lotta per la vita contro le persecuzioni. Solo quando la Chiesa fu libera apparve possibile condurre a termine l’opera gigantesca di elaborazione teologica della fede. Fu nel muovere questi passi che sorsero, assieme ai primi dogmi, le prime grandi eresie.
Del resto ci si aspettava tutto ciò, nessuno fu colto alla sprovvista perchè già San Paolo, nella seconda lettera a Timoteo, scrisse: “Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole”. Proprio l’Apostolo delle genti combattè l’eresia della circoncisione, ovvero coloro i quali sostenevano che i cristiani non ebrei dovessero comunque circoncidersi e rispettare la legge mosaica. Poiché la circoncisione era stata richiesta nell’Antico Testamento per l’appartenenza all’alleanza di Dio, c’era chi pensava che sarebbe stata richiesta anche per l’appartenenza alla Nuova Alleanza che Cristo era venuto a inaugurare. Paolo, nelle epistole ai Romani ed ai Galati, rinnovò quanto già affermato da Pietro (Atti, 10): i gentili divenivano cristiani solo col battesimo, senza circoncisione.
Marcione fu l’iniziatore della prima potente eresia diffusa nella Chiesa fino al V secolo. Accettava come fondamentali solo alcuni passi del Canone, cioè il Vangelo di Luca e alcune lettere di Paolo, e voleva contrapporre il Dio severo dell’Antico Testamento a quello misericordioso del Nuovo. Con Basilide, Valentino e Carpocrate stese una nuova versione dei Vangeli che si inquadrarono nell’ambito delle dottrine gnostiche. Questo pensiero fu sviluppato dal manicheismo, il pensiero del persiano Mani, nel III secolo d. C., che accresceva la contrapposizione tra il principio del Bene e quello del Male, quasi come se esistessero due divinità separate. Marcione fu scomunicato e fondò una sua Chiesa, così pure fecero i manichei che finirono nelle repressioni di Valentiniano II.
Il punto è che i tentativi di teologie e apologeti di formulare scentificamente gli aspetti della rivelazione, anzitutto quelli inerenti il mistero trinitario e quello cristologico, sortirono risultati diversi, a seconda dell’atteggiamento spirituale-culturale di fondo di questi uomini. Ciò non tolse che i toni si tennero sempre aspri. “Il nome di chiesa si addice a cose diverse, come della moltitudine nel teatro degli efesini è scritto: ‘Dopo aver detto ciò sciolse l’adunanza’. Giustamente qualcuno potrebbe chiamare, e con fondamento, chiesa dei malvagi le adunanze degl ieretici. Mi riferisco ai marcioniti, manichei ed altri. Perciò ti è data saldamente la fede ‘nell’una santa chiesa cattolica’ perchè, fuggendo le riunioni abominevoli, tu aderisca in tutto alla santa chiesa cattolica, nella quale sei nato. Se poi passi per la città non chiedere semplicemente dove sia il chiriacon (la Casa del Signore). Anche le eresie degli empi pretendono di chiamare così le loro spelonche. Nè dove si trova la chiesa, ma dove è la chiesa cattolica. Questo è proprio il nome di quella santa e madre di noi tutti. Essa è la sposa di nostro Signore Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio. E’ scritto infatti: ‘Come Cristo amò la chiesa e si è sacrificato per essa’ e il resto che segue. Essa è figura ed imitazione di quella in alto, Gerusalemme, che è libera madre di tutti noi. Prima era sterile ed ora è madre di molta prole”. Così scrive Cirillo di Gerusalemme (Catechesi XVII prebattesimale, cap. XXVI).
Nella seconda metà del successivo fu Apollinare, vescovo di Laodicea, a capeggiare una nuova scuola eretica. Egli confuse il concetto di persona divina con quello di natura, insegnò che Gesù è veramente Dio, persona divina e natura divina, ma privo di una completa natura umana. L’apollinarismo dunque negava che Gesù fosse pienamente uomo. A seguito della condanna dal Concilio di Costantinopoli del 381 e del successivo esilio del suo fondatore i seguaci furono dispersi. Negli stessi anni il monaco Nestorio, patriarca di Costantinopoli, insegnava il rigetto di Maria come Madre di Dio. La Madonna sarebbe stata madre di Gesù sì, ma solo dell’uomo nel quale è poi disceso il Figlio di Dio trasformandolo nel Cristo. Nestorio affermò che la Vergine potesse detenere solo il titolo di “Christotokos” cioè “Portatrice di Cristo”, non di “Theotokos” cioè “Portatrice di Dio”. Tale pensiero è contrario all’insegnamento della Chiesa che riconosce in Gesù, unite ma non confuse, sin dall’inizio, la natura umana e quella divina. Le dottrine di Nestorio furono condannate dal Concilio di Efeso nel 431. In realtà, le nostre uniche fonti di informazione su queste eresie sono gli scritti dei loro oppositori che videro le queste opinioni, come falsi insegnamenti atti a sviare i fedeli. C’è qualche dubbio, per esempio, sul fatto che Marcione o Nestorio abbiano effettivamente sostenuto certe tesi e le loro implicazioni.
Ci fu pure chi cadde nell’errore opposto di Nestorio, cioè il sostenere che in Gesù la natura divina è tanto superiore a quella umana da assorbirla completamente. Questo fu il pensiero del greco Eutiche, padre del monofisismo. I monofisiti furono inorriditi dall’idea che Cristo potesse essere due persone con due nature diverse e toccarono l’estremo opposto sostenendo che Cristo era una persona con una sola natura. I teologi cattolici riconobbero che il monofisismo era negativo quanto il nestorianesimo perché negava la piena umanità e la piena divinità di Cristo. Se Cristo non avesse una natura completamente umana, allora non sarebbe completamente umano, e se non avesse una natura completamente divina allora non sarebbe completamente divino. Eutichie fu condannato nel Concilio di Calcedonia del 451. Più difficile fu sopprimere un’altra grande eresia cristologica: l’arianesimo.
Con questo nome designamo quel complesso di teorie predicate da Ario, sacerdote d’Alessandria d’Egitto, incentrate sulla convinzione dell’esistenza di un’unica persona divina, il Padre. Gesù era suo figlio, ma diverso dal Padre, completamente distinto. Il primo concilio di Nicea, convocato da Costantino nel 325, rigettò l’arianesimo che fu quindi qualificato come eresia dai cristiani trinitari, ma le controversie sulla duplice natura, divina e umana, di Cristo continuarono per più di mezzo secolo. Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, autore pure di una nota biografia di Sant’Antonio Abate, fu salutato già in vita come “colonna dell’ortodossia” perchè si distinse nella lotta contro l’arianesimo. Nella sua teologia sottolineò il ruolo salvifico del Logos e difese la dottrina del Concilio Niceno della consustanzialità del Padre e del Figlio. In una lettera indirizzata a Serapione del 358, racconta che Ario, dopo una subdola professione di fede ortodossa, fu riabilitato da Costantino e pretese quindi di essere ammesso alla comunione da Sant’Alessandro, vescovo di Costantinopoli. Questi naturalmente si oppose ma, prevedendo di non poter resistere alla forza del partito ariano che faceva capo ad Eusebio, vescovo di Nicomedia, si rivolse a Dio invocando un suo intervento. L’improvvisa morte di Ario, proprio mentre si avviava ad una riabilitazione grazie alle minacce dei partigiani di Eusebio, fu visto come soccorso divino alla Chiesa. Gli imperatori che succedettero a Costantino abbracciarono però l’arianesimo e fu a questa fede che si convertì la maggior parte dei popoli germanici, che si unirono all’impero come popoli federati. Fu quando Clodoveo, re dei Franchi, intorno al 500, aderì al cristianesimo niceneo che per l’arianesimo iniziò la fine. I visigoti dell’Aquitania e della Spagna e il regno dei Burgundi rimasero ariani fino alla fine del VI secolo e i longobardi d’Italia fino alla metà del VII secolo.
Autore articolo: Angelo D’Ambra