Le cinque giornate nel rapporto di Radetzky
Il maresciallo Radetzky, governatore militare di Milano, appunta in queste rapide note i fatti insurrezionali che sconvolsero la città nel 1848.
Castello di Milano, 18-19 marzo 1848, ore 2 ant.
Io mi trovavo nel mio ufficio quando scoppiò la rivolta e fui costretto a ritirarmi nel Castello per non essere preso dalla folla. Ogni istante giungono notizie sempre più allarmanti: che barricate son ostate innalzate in vari punti della città. Allora diedi il segnale di allarme alle truppe… Durante questo tempo si combatté in vari punti della città, si sparava dalle finestre, si gettava ogni sorta di oggetti dai tetti delle case sui soldati; alcuni furono uccisi. Quando il generale Rath si portò con le sue truppe nell’interno della città per occupare il Duomo e il Palazzo Reale, si combatté nelle strade; pure i soldati poterono raggiungere i loro obbiettivi dopo aver abbattute le barricate… Fu proclamato lo stato d’assedio e la direzione degli affari politici fu affidata al consigliere conte Pachta, la cui casa era stata saccheggiata dalla folla. Non posso sapere le mie perdite, ma non saranno grandi. Per ora regna la calma, ma è possibile che domattina ricominci il combattimento. Sono deciso a rimanere il padrone di Milano e, se non si cessa di combattere, bombarderò la città…
20 marzo ore 17
Nella situazione di Milano nulla di nuovo; già alla mattina qua e là si cominciò a sparare, poi la fucileria si estese a tutta la città. Le truppe, malgrado le grandi fatiche, sono pronte a combattere, tutte le strade sono chiuse dalle barricate che non sono un serio ostacolo per i soldati…
Spero di prendere la città senza bombardarla, perciò non ho adoperata l’artiglieria, soltanto ho fatto puntare i cannoni contro le barricate e i punti più importanti della città; temo che non mi resterò altra via che ricorrere al bombardamento. Questa notte ritirerà le truppe nelle caserme e farò occupare soltanto gli uffici statali più importanti. Se domani vedrò che il combattimento continua, allora farò ciò che il mio dovere mi detta…
21 marzo, ore 10
Non mi era possibile mandare un dispaccio perché tutte le comunicazioni con l’esterno erano interrotte e soltanto difficilmente mi può giungere qualche notizia. Ieri continuò con grande alacrità il combattimento; ci furono molte vittime d’amo le parti. Non cento, ma mille sono le barricate che chiudono le vie… Il popolo è preso da fanatismo, giovani e vecchi, donne e fanciulli combattono contro i nostri soldati…
Devo evacuare Milano, questa è la più triste ora della mia vita. Tutto il paese è in rivolta, sono minacciato alle spalle dal Piemonte.