La scherma italiana e Michel de Montaigne
Il filosofo Michel de Montaigne nel suo Journal du voyage annotò d’aver veduto a Bologna “tirer des armes le Vénetian, qui se vante d’avoir trouvé des inventions nouvelles en cet art là, qui commandent à toutes les autres; comme de vray, sa mode de tirer est en beaucoup de choses differante des communes”. Non si è riuscito a capire chi fosse questo oscuro e innovativo maestro d’armi veneziano che nel 1581 dimorava a Bologna.
A quel tempo a Bologna si trovava Lelio de Tedeschi. Solo su di lui può concentrarsi la nostra attenzione ma era bolognese, mentre gli illustri Angelo Viggiani dal Montone e Giacomo di Grassi, l’uno pure bolognese e l’altro modenese, maestri di scherma a Bologna, erano già morti. Fatto sta che de Montaigne ci informa che presso quella rinomata scuola era appena giunto pure le jeune seigneur de Montluc, probabilmente Carlo, pronipote di Biagio di Montluc.
La vivacità della scherma italiana sul finire di quel secolo non si esauriva alla sola Bologna. Michel de Montaigne trovò a Padova “plus de cent jantilshomes françois” lì dimoranti per addestrarsi, oltre che nel ballo e nell’equitazione, anche nella scherma ed a Firenze incontrò Silvio Piccolomini, cavaliere di Santo Stefano, generale delle artiglierie toscane e maestro di camera del Duca: “Il Lunedi fui a desinare in casa del Signor Silvio Piccolomini molto conosciuto per la sua virtù, & in particolare per la scienzia della scherma. Ci furono messi innanzi molti discorsi, essendoci buona compagnia d’altri Gentiluomini. Dispargia lui del tutto l’arte di schermare delli maestri Italiani, del Veniziano, di Bologna, Patinostraro, & altri. Et in questo loda solamente un suo criado ch’è a Brescia dove insegna a certi Gentiluomini questa arte. Dice, che non ci è regola, né arte in l’insegnare volgare: e particolarmente accusa l’uso di spinger la spada innanzi, e metterla in possa del nimico; e poi, la botta passata, di rifar un altro assalto, e fermarsi; perché dice, che questo è del tutto diverso di quel che si vede per esperienza delli combattenti. Lui era in termine di far stampar un libro di questo suggetto. Quanto al fatto di guerra, spregia assai l’artiglieria: e in questo mi piacque molto. Loda il libro della Guerra di Machiavelli, e segue le sue opinioni. Dice, che di questa sorte d’uomini che provvedono al fortificare, il più eccellente che sia, si trova adesso in Firenze al servizio del Granduca simo”.
Il filosofo francese ci consegna l’immagine di un Paese in cui l’arte della spada è in piena fioritura, tra scuole, maestri e tradizioni cittadine differenti. Un mondo capace d’attirare giovani da tutta l’Europa. Anche Roma dovette essere un grande centro dell’arte della scherma perché, accomiatandosi, de Montaigne scrive: “La domenica, 15 ottobre, la mattina io partii di Roma, e ci lasciai il mio fratello con 43 scudi d’oro, con i quali si risolveva di poter star là ed imparar la scherma per il tempo di cinque mesi”.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete
Bibliografia: M. De Montaigne, Viaggio in Italia