La riorganizzazione dei fascisti nel 1946

Il 22 aprile del 1946 un gruppo di fascisti trafugò il corpo di Mussolini che era stato sepolto al cimitero di Musocco a Milano. Fu un’azione dimostrativa e provocatori che lasciava emergere un interrogativo: che fine avevano fatto i repubblichini e i gerarchi che avevano seguito il duce e che non erano stati giustiziati? Le voci di uccisioni di massa erano state sconfessate dal ritorno a casa dei reduci che si erano già organizzati e, dal dodici di quel mese, avevano ottenuto l’autorizzazione alla stampa di un loro giornale, “Rivolta Ideale”. Il 26 dicembre sarebbe nato poi il Movimento Sociale Italiano.

In linea di massima i soldati semplici che avevano servito nell’esercitò della Repubblica Sociale Italiana vennero subito liberati e rimandati a casa. I loro ufficiali, invece, assieme ai militi delle formazioni di partito, furono internati in una ventina di campi di prigionia sparsi per l’Italia, assieme ai civili più compromessi col governo di Salò.

Al campo della Certosa di Padula, che arrivò ad ospitare fino a 2500 persone, ci finirono Achille Lauro, il generale Ezio Gariboldi ed il principe Francesco Ruspoli. Ci passarono anche la principessa Maria Pignatelli e suo marito Valerio. In quello di Collescipoli, a Terni, fu rinchiusa Donna Rachele, vedova di Mussolini, con i figli Anna Maria e Romano, poi mandata ad Ischia, dove trovò la Pignatelli. Quelli della Certosa di Padula e di Ischia erano campi dove il clima era spesso sereno, differentemente da quello di Coltano dove le condizioni erano più dure. Vi si trovarono  i generali Gastone Gambara ed Enrico Adami Rossi, militi della Decima Mas come il comandante Mario Arillo, ex gerarchi come Francesco Giunta, Vito Mussolini, Vincenzo Costa, Pietro Torri e Puccio Pucci, capo del Servizio Informativo Fascista Repubblicano, e più in generale nomi semisconosciuti delle formazioni regolari repubblichine. Nel campo di Procida ci finirono invece Rodolfo Graziani, ministro della guerra della Repubblica Sociale Italiana, e Junio Valerio Borghese, comandante della Decima Mas. In questi centri si costituì il primo nucleo di un neofascismo perlopiù aristocratico ed altoborghese ma c’erano anche fascisti repubblichini latitanti e ce ne erano di evasi dai campi, tutti confluirono in gruppi armati clandestini come le Squadre di Azione Mussolini e i Fasci di Azione Rivoluzionaria. Queste formazioni trovarono combattivi adepti anche tra i prigionieri reduci dai campi inglesi in Afria e India, dove il regime carcerario era ben più duro di quello dei campi italiani. L’azione più eclatante attribuita a questi gruppi fu l’occupazione della stazione radio di Monte Mario, la notte del 30 aprile 1946, quando, imbavagliati i tecnici, un commando armato collegò a un grammofono il cavo di trasmissione diffondendo la canzone Giovinezza. Quelli che trafugarono la salma del duce appartenevano invece al Partito Fascista Democratico ed erano guidati da Domenico Leccisi. Si seppe che dal 7 maggio la salma era stata consegnata ai frati minori dell’Angelicum di Milano e da qui finita alla Certosa di Pavia. Intervennero allora De Gasperi e pure il papa e alla fine i frati confessarono. Il 12 agosto del 1946 il cadavere fu restituito al questore Agnesina.

Pino Romualdi, Giorgio Almirante e Concetto Pettinato non dovettero far altro che unire l’attivismo dei gruppi ad una prospettiva politica duttile, pienamente inserita nel quadro del regime parlamentare democratico. Ottenuta l’amnistia fu organizzato il MSI. L’atto di fondazione è del 26 dicembre 1946. Quel giorno si ritrovarono nello studio del ragioniere Arturo Michelini, ex vicefederale di Roma del PNF, Mario Cassiano, Cesco Giulio Baghino, ex-Far, Roberto Maieville, proveniente anche lui dai FAR e reduce dal dal campo di prigionia militare di Hereford nel Texas, Giorgio Pini, anch’egli ex-FAR, il sindacalista repubblichino Francesco Nicola Galante, Gianluigi Gatti, già segretario del GUF di Milano, Giovanni Tonelli, fondatore di “Rivolta Ideale”, Almirante e Romualdi.

Era Almirante però l’uomo in grado di mediare fra il neosquadrismo e i notabili che già pensavano a gestire il peso elettorale dell’MSI. Alle elezioni amministrative del settembre 1947 il partito non ottenne grandi risultati ma a Roma sperimentò qualcosa che ritornò spesso nella sua storia, ritrovandosi determinante per portare al governo la Democrazia Cristiana.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: A. Baldoni, Storia della destra

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