La notte di San Bartolomeo
La notte di San Bartolomeo è il nome con il quale è passata alla storia la strage compiuta nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572 dai cattolici contro i calvinisti francesi.
L’Editto di Saint-Germain-en-Laye fu emesso a Saint-Germain-en-Laye il 17 gennaio 1562 per volontà della regina madre Caterina de Medici, reggente in nome del figlio minorenne, il futuro re Carlo IX, e concedeva diritti di culto pubblico agli ugonotti.
In realtà questo editto non portò pace e libertà per i protestanti, ma esasperò un clima già acceso che esplose con i cattolici che scatenarono il massacro degli ugonotti in tutta Parigi e gli ugonotti che reagirono con sanguinose vendette nel Sud della Francia contro i cattolici.
Nonostante fossero molti e ricchi, i calvinisti francesi non riuscirono ad ottenere la libertà di culto. Quando, nel 1559, il movimento tenne un consiglio dei suoi capi a Parigi, sotto la protezione del Principe di Condé e dell’ammiraglio Coligny, i cattolici ripresero le armi guidati dalla famiglia dei Guisa.
Gli ugonotti furono sconfitti a Jarnac, nel 1569, e il conte fu ucciso dal nuovo capo dei protestanti, Enrico di Navarra. Questi e Coligny avanzarono su Parigi e costrinsero i cattolici a ratificare un accordo di pace che non solo accordò ai calvinisti maggiori libertà ma diede loro anche quattro fortezze tra le quali quella di La Rochelle, porto sulla Manica. Più tardi, Enrico salì al trono di Navarra ed il suo matrimonio con Marguerite de Valois, sorella di Carlo IX del re di Francia, fu concordato proprio nel tentativo di suggellare la pace religiosa ma quando gli ugonotti si riunirono a Parigi il 23 agosto del 1572, la vigilia della notte di San Bartolomeo, capirono di essere finiti in una trappola.
Quello che accadde fu così descritto da un ambasciatore dei Gonzaga a Parigi: “Era stato dato ordine su la mezzanotte e fatto mettere in ordine non solo tutte le guardie della città, ma quelle di Sua Maestà e gli uomini inoltrati per li quartieri, di maniera che subito furono prese le porte e le strade e cantoni principali di Parigi; e mentre il re di Navarra e Condé furono menati dinanzi al re, Guisa con la buona scorta di soldati della guardia del re e de’ suoi seguaci un numero infinito, andò alla casa dell’Ammiraglio, e forzata la porta andò alla sua camera. Quando l’Ammiraglio vide Guisa, saltò con furia dal letto, e fu fatto saltare giù per le finestre, e quivi gli furono date infinite ferite e morto. Il re disse queste parole a Navarra e Condè: “Mio fratello e voi mio cugino, non dubitate di cosa alcuna, per ciò che a voi due farò sempre ogni sorta di piacere e bene, ma a questi scellerati, che con tanta insolenza si vogliono ogni tanto rivoltare contro di me, voglio che sia dato il castigo che meritano”: E facendo entrar questi due nel suo gabinetto, disse al capitano della guardia che scacciasse fuori quei furfanti; il che fu fatto e fra gli altri di credito erano Briquemant e Piles; i quali per forza furono cacciati fuori dal palazzo, e subito usciti furono tagliati a pezzi da Svizzeri. Il rumore cominciò ad andare a tutte le case de’ principali ugonotti, secondo che a’ diversi capitani era stato dato commissione, e quindi furono tagliati a pezzi circa cinquanta de’ principalissimi capi loro… Le genti che erano in armi, intesa la volontà di Sua Maestà, tutto ieri andarono saccheggiando le case e le stalle degli ugonotti, ammazzando tutti quelli che trovavano, li quali subito erano tirati in spettacolo pubblico su le strade, e spogliati nudi rimasero quivi fino sul tardi tutti quei grandi che ho detto e molti altri se ne portavano di mano in mano alla riviera, e si pensa che ne siano stati ammazzati più tosto più di duemila che altrimenti. Guisa, avendo fatto l’atto all’Ammiraglio, andò subito nel Borgo di San Germano per far altrettanto a Mongomeri, quello che ammazzò in giostra il re Enrico, ma trovò che si era salvato, onde si è messo a seguitarlo con più di quattrocento cavalli e finora non ho inteso che sia ritornato.
Questo è parte di quello è successo, il che non so se sia trama ordita di lunga mano, come si sospetta da chi conosce la molta prudenza e valore e ottima voluntà che hanno il re e i fratelli con la Madre, oppure se sia risoluzione fatta in un subito, e inspirata da Dio benedetto. Dicesi che avevano giurato dogento gentiluomini ugonotti di ammazzare il re con li fratelli e tutti li principi cattolici un giorno mentre che andavano alla messa in una cappella vicina qui a Louvre, che è il palazzo reale, e che la cosa è stata scoperta da un pover’uomo, che a caso la udì; ma questa nuova non la do per autentica a Vostra Eccellenza, alla quale, acciò che non sia degli ultimi a sentire la sua parte della consolazione ed allegrezza, ho ordinato che da Milano sia spedito subito a posta” (R. Quazza, La diplomazia gonzaghesca).
Quella notte la Senna si tinse di rosso. I cattolici si scagliarono con grande ferocia sui protestanti. Coligny fu tra i primi caduti. Il massacro si estese da Parigi alle province e provocò il risorgere delle guerre di religione. La stessa Caterina de Medici pare che avesse dato precise disposizioni ad aguzzini e sicari. I sostenitori del re, incitati da Caterina de Medici e capitanati dal Duca di Guisa, braccarono e uccisero ogni ugonotto tra le mura di Parigi. Errico di Navarra fuggì mentre in tutta la Francia, per settimane, si continuarono ad ammazzare protestanti.
La stessa regina madre dovette mettersi al riparo da molte accuse e così scrisse in una lettera a de Ferrier: “…Ho visto che voi mi avete scritto con la vostra del 16 settembre di quello che pensano alcuni che ciò, che è stato eseguito nella persona dell’Ammiraglio e dei suoi aderenti è stato istigato da me e da mio figlio d’Anjou, e di tutti i commenti che essi hanno fatto del torto che con quelle uccisioni ne sarebbe venuto a mio figlio in relazione ai principi protestanti che avrebbero voluto farlo eleggere imperatore, e che io ho preferito rovinar questo regno vendicandomi dell’Ammiraglio anziché accrescerne la potenza e anziché risentirmi del male compiuto da colui che ha fatto morire mia figlia, il quale per questa uccisione si è ingrandito a tale punto che lui solo ora comanda a tutti gli altri principi cristiani. Su di che desidero dichiararvi che sicuramente nulla io ho fatto, consigliato e permesso se non ciò che mi è stato imposto dall’onor di Dio, dal dovere e dall’affetto verso i miei figli, per avere l’Ammiraglio, dopo la morte del defunto re Enrico mio signore, mostrato con tutti i suoi atti e comportamenti che al sovvertimento di questo stato ed a togliere la corono al re mio figlio e ai suoi fratelli, cui essa, come voi sapete, appartiene di pieno diritto e perché in luogo di comportarsi da soggetto egli si era bene stabilito e ingrandito in questo regno, avendo gli stessi poteri e autorità del sovrano verso quelli della sua religione, tanto che, essendo ribelle al suo principe, egli ha preso con la fora le sue città, le ha tenute e difese contro di lui in sua presenza e in quella di suo fratello e, non peritandosi di dare molte battaglie, è stato causa della morte di un gran numero di persone….” (La Ferriere e Buginault, Lettres de Catherine de Medicis).
Il centro della questione fu la rivalità dei Borbone e dei Guisa che si contendevano la corona di Francia. I cattolici riconoscevano come loro capi i Guisa di Lorena, i calvinisti invece i Borbone di Navarra. E pure ragioni di politica internazionale emergevano visto che i Guisa erano imparentati con Maria Stuart, regina di Scozia, che era stata anche regina di Francia ed ora avanzava pretese alla corona inglese contro l’anglicana Elisabetta che, invece, sosteneva i Borbone. Fino a quando fu al potere Francesco II, i cattolici ed i Guisa non ebbero ostacoli, ma quando il potere passò nelle mani di Caterina de Medici, per la minore età di suo figlio Carlo, questa iniziò una politica ondivaga, nella speranza di conservare libertà alla corona, che portò ai gravi disordini di cui parliamo.
Alla morte i Carlo IX ascese al trono suo fratello Enrico III ma la questione religiosa aperta con l’Editto di Saint-Germain-en-Laye non si concluse affatto, anzi entrò nel suo momento più aspro in quella che fu detta Guerra dei tre Enrici perché coinvolse Enrico III, Enrico di Guisa ed Enrico di Borbone. Non ci si fermò davanti al delitto e sorse una schiera di ideologi, detti monarcomachi, che lo giustificavano in nome del diritto del popolo ad uccidere un sovrano eretico. Accadde che Enrico III, fatto ammazzare Enrico di Guisa, travolto dalla reazione cattolica parigina fu costretto a nominare Enrico di Navarra suo successore. Questi fu incoronato con il nome di Enrico IV solo dopo aver abiurato al protestantesimo. “Parigi val bene una messa” è una frase che passerà alla storia perché Filippo II di Spagna, che aveva sposato una sorella di Carlo IX e di Enrico III, iniziava a reclamare la corona di Francia. Nel frattempo il 2 agosto del 1589 un regicida, Giacomo Clement, vendicò la morte del Guisa ammazzando Enrico III.
Dunque la Francia ebbe un re ugonotto fattosi cattolico… ma il sovrano cinque anni dopo firmò l’Editto di Nantes che ristabilì la libertà di culto per gli ugonotti.
Nel 1610 anche Errico IV fu assassinato e di nuovo si accese la guerra tra cattolici e calvinisti che ebbe fine solo nel 1628, quando le forze del Cardinale Richelieu assediarono i protestanti del villaggio di La Rochelle.
Nel 1685, Luigi XIV abrogò l’Editto di Nantes in una Francia in cui i calvinisti erano ormai un’assoluta minoranza e quanti c’erano emigrarono presto in Inghilterra e Prussia.
Nel 1790, dopo la Rivoluzione Francese, fu pubblicato un decreto che ristabilì tutti i diritti e le proprietà che gli ugonotti avevano perso quando l’Editto di Nantes fu revocato.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
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