La nascita dell’Inquisizione

In un decreto di Papa Lucio III troviamo le origini vere dell’Inquisizione.

Nel luglio del 1184 si tenne a Verona un congresso cui parteciparono il pontefice e l’imperatore Federico I per discutere della questione dei beni matildini dell’incoronazione imperiale del figlio del Barbarossa, ma soprattutto per trattare la pace tra Impero e Papato. In tale occasione Federico I spinse il pontefice a promulgare un celebre decreto, l’Ad ablendam diversarum haeresiarum pravitatem, destinato ad essere considerato come la prima manifestazione dell’Inquisizione. Lo proponiamo al lettore qui di seguito tratto dai Decretali di Gregorio IX (l. V, in Corpus iuris canonici, t. II, col. 780-781).

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Per abolire l’errore di molte eresie che comincia a pullulare nella maggior parte dei paesi del mondo… noi, sostenuti dalla presenza e dalla forza del nostro dilettissimo figlio Federico, illustre imperatore dei Romani, di comune consiglio dei nostri fratelli e degli altri patriarchi, arcivescovi e dei numerosi principi che son giunti da diverse parti dell’impero, ci eleviamo contro questi eretici… con il presente decreto generale e, con autorità apostolica, condanniamo, con questo decreto, ogni eresia con qualsiasi nome si chiami.

Pertanto decretiamo che siano colpiti da anatema perpetuo i Catari e i Patarini e coloro che con falso nome si sono chiamati gli Umiliati o i Poveri di Lione… gli Arnaldisti. Noi leghiamo parimenti con il vincolo dell’anatema perpetuo… tutti coloro che oseranno predicare in pubblico o in privato, sotto la maschera della pietà, senza l’autorizzazione della Sede Apostolica o del vescovo del posto; e tutti coloro che a proposito del sacramento del corpo e del sangue di Nostro Signore Gesù Cristo o del battesimo o della confessione dei peccati o del matrimonio o degli altri sacramenti non temono di pensare e di insegnare diversamente da quanto la Santa Chiesa Romana osserva e insegna; e generalmente coloro che la stessa Chiesa Romana od ogni vescovo giudicheranno eretici nella loro diocesi con il parere dei chierici o, il seggio vescovile essendo vacante, con il parere dei chierici avallato da quello dei vescovi vicini, all’occorrenza.

Decretiamo anche di sottomettere alla medesima sentenza i ricettatori, i difensori e pure tutti coloro che daranno aiuto o assistenza per propagare l’errore dei suddetti eretici, che essi siano consolati, credenti, perfetti o con qualsiasi altro termine superstizioso essi si chiamino.

Poiché, quando i peccati lo esigono, è opportuno che la disciplina religiosa disprezzi coloro che non comprendono la virtù, ordiniamo con il presente decreto che:

Chiunque sarà arrestato in stato di eresia manifesta, se egli è prete o ornato di qualche manto di religione, sarà sottratto a qualsiasi prerogativa ecclesiastica e come tutti spogliato in una sola volta del suo ufficio e del suo beneficio e sarà lasciato al giudizio del braccio secolare per essere colpito con un castigo adeguato, a meno che spontaneamente non acconsenta a rientrare, dopo la scoperta dell’errore, nell’unità della fede cattolica, ad abiurare il suo errore pubblicamente, secondo il giudizio del vescovo del luogo e a dare ogni soddisfazione.

Il laico che, ugualmente, sarà contaminato, notoriamente o no, dalle pesti suindicate, sarà lasciato al giudizio del giudice secolare per essere punito in proporzione del suo fallo, a meno che, sull’istante, non torni alla fede ortodossa abiurando l’eresia e dando ogni soddisfazione.

Coloro che saranno trovati sospetti per la sola supposizione della Chiesa subiranno la medesima sentenza, a meno che non abbiano provato la loro innocenza opportunamente, secondo il parere del vescovo, a seconda della loro reputazione e della loro posizione.

Coloro che, dopo aver abiurato l’eresia o dopo essersi mondati, come è detto, secondo il giudizio del loro vescovo, ricadranno nell’errore abiurato, decretiamo che siano affidati al braccio secolare senza alcuna remissione possibile.

 

 

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