La germanizzazione forzata dell’Alto Adige
L’argomento della progressiva germanizzazione dell’Alto Adige è complesso, controverso ed almeno in parte oscuro. Un tentativo di brevissima sintesi può essere il seguente.
I] La lunghissima italianità dell’Alto Adige. Dalla Preistoria al V secolo dopo Cristo.
È bene premettere subito che la questione del popolamento in Alto Adige dopo la caduta di Roma è notevolmente delicata e complessa, poiché tale regione ha conosciuto mutamenti sostanzialmente continui della propria composizione etnica, che però sono difficilmente ricostruibili, specialmente per l’Alto Medioevo.
Risulta in ogni caso necessario anteporre alcuni dati essenziali su ciò che si deve considerare quale “il punto di partenza”. La più antica popolazione umana conosciuta della regione era quella dei Reti, un popolo preindoeuropeo strettamente imparentato con i Liguri, gli Etruschi, insomma i cosiddetti “Mediterranei”, che costituivano i più remoti abitanti della penisola italiana, prima ancora dell’arrivo degli Indoeuropei attorno al II millennio a.C. I Reti abitavano inizialmente tutta l’Italia del nord-est e s’estendevano ad oriente fino a comprendere la maggior parte dell’attuale Austria. I Veneti li sostituirono nelle terre di pianura degli attuali Veneto e Friuli, mescolandosi però a loro, mentre i Reti continuarono ad essere maggioritari nelle terre alpine ed ad abitare nelle Alpi centrali ed orientali, sia in quelle cisalpine, sia in quelle transalpine. La configurazione etnica dell’Alto Adige ed in generale del nord-ovest della penisola alla vigilia dell’affermazione di Roma era quindi analoga a quella del resto d’Italia, con una sostanziale fusione fra gli antichissimi Mediterranei (tali erano i Reti), discendenti dei gruppi di Homo sapiens sapiens che sostituirono i neandertaliani in Italia, ed i più “recenti” Indoeuropei, che però abitavano nella penisola dal II millennio a.C. Malgrado le indubbie differenze, si era venuta costituendo una crescente affinità culturale, che rendeva i differenti popoli della penisola molto simili fra loro: è la condizione che è stata definita “panitalianesimo”.
Su questa base culturale comune s’innestò la posteriore unificazione politica, giuridica e linguistica romana. L’attuale Alto Adige fu inserito, nell’organizzazione augustea dell’Italia, nella X Regione “Venetia et Histria” (che comprendeva l’attuale Triveneto dal Brennero al Carnaro) e a livello locale, nel “Districuts” avente a capoluogo Tridentum (Trento). Tale regione era quindi ritenuto parte dell’Italia già in epoca augustea ed i suoi abitanti erano “cives” romani, ossia si riconosceva la loro compiuta romanizzazione.
A titolo di conferma, il romancio, il ladino ed il friulano, ossia le lingue retoromanze, sono certamente lingue locali con loro specificità, ma sono riconosciute abitualmente dai glottologi quali appartenenti al gruppo linguistico detto “italo-romanzo”, che comprende quasi tutte le lingue locali esistenti in Italia, con esclusione solo delle minuscole minoranze germanofone, slavofone, francofone e grecofone. In altri termini, romancio, ladino e friulano non solo sono lingue neolatine, ma appartengono al ceppo romanzo tipicamente italiano, distinto da quelli d’Oltralpe o dell’Europa orientale. Gruppi retoromanzi, ossia di Reti romanizzati o per meglio dire di Romani d’origine retica esistevano però lungo tutto l’arco alpino nord-orientale, dove anzi erano la maggioranza della popolazione, anche nell’attuale Austria.
II] Il genocidio dei retoromanzi nelle terre transalpine.
Come è ben noto, il Danubio rimase approssimativamente sino alla caduta di Roma il confine fra il mondo latino e quello germanico. La rottura del limes dell’impero condusse ad un’irruzione di genti germaniche nell’attuale Austria già nel V secolo d.C. e poi, dal VI secolo avanzato, di tribù slave nell’attuale Slovenia e quindi nelle Alpi orientali. È difficilissimo ricostruire con esattezza i mutamenti etnici, anzi a quanto risulta al sottoscritto è al momento impossibile. Non esiste invece dubbio su ciò che è successo a grandi linee: i latinofoni sono stati praticamente sterminati nell’attuale Austria orientale, in parte dai Germani, in parte dagli Slavi. Una maggiore sopravvivenza si ebbe in Austria occidentale, dove d’altronde pare si rifugiassero dei profughi Romani provenienti da oriente, ma questo non impedì comunque una germanizzazione della regione austriaca transalpina, che era iniziata al principio del VI secolo ed era già compiuta nell’Alto Medioevo.
Maggiore durata ebbero gli insediamenti retoromanzi sulle Alpi orientali. Ancora nel Basso Medioevo, nel secolo XIV, esistevano comunità “italiane” di lingua retoromanza sull’alto e sul medio Isonzo, presso Postumia e sul monte Nevoso, quindi in zone che secoli dopo apparivano compattamente slavizzate. Il compatto popolamento sloveno sulla maggior parte delle Alpi orientali è quindi storicamente assai recente e si è realizzato soltanto con la cancellazione delle preesistenti comunità italiane e romanze, molte delle quali sopravvivevano ancora in pieno Trecento.
I latini del Norico, dell’Helvetia centrale, delle Alpi orientali, romanizzati e discendenti dai Reti, furono quindi od uccisi od assimilati brutalmente. Alcuni trovarono scampo spostandosi ad occidente, dove si congiunsero ai connazionali ivi residenti. Il destino dei Romani di tali regioni fu quindi paragonabile, mutatis mutandis, a quello degli abitanti dell’Illiria, che furono in massima parte sterminati dagli Slavi invasori, mentre i superstiti si rifugiavano in Dalmazia.
III] La fase delle invasioni germaniche in Alto Adige
Se la germanizzazione dell’antico Norico (l’attuale Austria) e la slavizzazione delle Alpi orientali (alta e media valle dell’Isonzo, monte Nevoso ecc.) avvenne con relativa rapidità ed in maniera assai violenta (in Austria orientale i latini furono praticamente sterminati), al contrario nelle Alpi centrali svizzere ed in Alto Adige fu un processo molto più lungo e lento. Certamente per tutto l’Alto Medioevo i latini rimasero la maggioranza nel bacino settentrionale dell’Adige e nella valli laterali.
Le invasioni degli Ostrogoti e dei Longobardi non modificarono in misura rilevante il popolamento dell’area, poiché ambedue questi popoli erano numericamente scarsissimi rispetto agli “Italiani” dell’epoca (cfr. ad esempio l’ottimo studio del medievista Stefano Gasparri, Prima delle nazioni). Inoltre i primi scomparvero dalla penisola dopo la loro sconfitta nella guerra goto-bizantina, mentre i secondi si assimilarono gradualmente senza lasciare altro che pochissime tracce nella posteriore cultura italiana: alcuni nomi e cognomi, alcuni toponimi, alcuni termini della lingua italiana, rarissime eredità folkloriche.
Per vedere un inizio della germanizzazione dell’Alto Adige bisogna chiamare in causa i Baiuvari, antenati dei Bavari. Costoro invasero la regione e riuscirono a controllarla soltanto dopo un’accanita resistenza dei latini, guidati dal loro vescovo Ingenuino. Quello dei Baiuvari è il primo vero insediamento germanico in Alto Adige, ma consisté sostanzialmente d’una ristretta cerchia di militari che dominavano la popolazione locale asservita. La situazione non mutò sotto il dominio dei Franchi. Sino all’anno Mille circa la presenza germanica in Alto Adige fu quindi molto scarsa.
IV] Dopo l’anno Mille.
È con la dinastia degli Ottoni che si ha invece un primo vero impulso alla germanizzazione in profondità dell’alto bacino dell’Adige, con un processo comunque molto lento ed “a macchia di leopardo”, che inizia all’incirca a cavallo dell’anno Mille.
Un evento di particolare gravità sul piano della germanizzazione fu la decisione dell’imperatore Corrado II (1024-1033) di concedere poteri territoriali ai vescovi di Bressanone e di Trento. Questa decisione infatti spezzò la tradizionale, antichissima unità amministrativa dell’Italia nord-orientale, che poggiava su di un continuum culturale risalente sino alla Preistoria o quantomeno all’epoca romana. L’espressione “Triveneto” talora ancora oggi impiegata ricalca infatti approssimativamente tale anteriore unità culturale.
La nobiltà e il clero d’Oltralpe furono i principali motori di tale germanizzazione, che ora non fu più superficiale e limitata (nella massima parte) al ceto dominante come avveniva in passato, ma estesa a tutte le classi sociali. Gli imperatori tedeschi concedendo terre e feudi a loro fedeli facilitarono il trapianto d’intere comunità germaniche in terra altoatesina, che per quanto piccole erano “organiche” e comprendevano militari, ecclesiastici, artigiani, commercianti, contadini.
Il governo della regione spettava formalmente al principato vescovile di Trento, che esistette sino al 1802 e fu rappresentato solitamente da vescovi italiani e residenti in una città italiana nel cuore d’una regione italiana. Tuttavia, di fatto era sopravvenuta una graduale usurpazione dei suoi diritti nell’Alto Adige ad opera dei conti del Tirolo a partire dal secolo XII, il cui Land però era, su di un strettamente piano giuridico, esistente solo ed unicamente a settentrione del Brennero. Infatti, il conte tedesco del Tirolo rimase per lunghi secoli, sul piano formale, un semplice advocatus del principe legittimo del territorio, ovvero il vescovo di Trento, anche se di fatto la maggior parte delle prerogative di quest’ultimo sull’Alto Adige furono progressivamente usurpate.
V] Il secolo XIV.
Il Trecento è un secolo cruciale nella germanizzazione dell’Alto Adige. Ancora Dante ad inizio del secolo, anche per l’influsso della definizione d’Italia nella geografia amministrativa romana, fissava i confini della nazione italiana presso Nizza a ovest, sul Carnaro a est (“Sì com’a Pola, presso del Carnaro, ch’Italia chiude e i suoi termini bagna”), sul Brennero a nord: “Suso in Italia bella giace un laco, a piè dell’Alpe che serra Lamagna sovra Tiralli, ch’ha nome Benaco”. La Germania iniziava pertanto per il Poeta a settentrione di “Tiralli”, del Tirolo, che era quindi compreso nell’area italiana.
L’epidemia di “Peste nera” che colpì in modo durissimo l’Europa intera a metà del Trecento (inizio nel 1348) condusse ad tracollo della popolazione in Alto Adige, che venne in parte colmato con l’afflusso di coloni tedeschi provenienti da regioni in cui il morbo aveva meno infierito.
Inoltre nel 1364 gli Asburgo si sostituirono nel dominio della regione ai conti del Tirolo, intensificando il processo di germanizzazione per il tramite dei propri feudatari e dei propri ecclesiastici, i quali, proprietari d’enormi latifondi in terra altoatesina, trapiantavano coloni tedeschi. Inoltre il dominio asburgico facilitò l’immigrazione di commercianti provenienti dalla Germania nei piccoli centri urbani a sud del Brennero.
VI] Massimiliano I d’Asburgo.
Massimiliano I (1459-1519) stabilì la sede della propria corte ad Innsbruck, nel Land del Tirolo storico (a sud del Brennero almeno formalmente sussisteva il principato ecclesiastico del Trentino, che comprendeva tutto l’attuale Trentino-Alto Adige). Fu sotto la sua sovranità che si ebbe il passaggio da una maggioranza italiana in Alto Adige ad una tedesca.
È quanto sostiene, fra gli altri, uno studioso d’importanza capitale quale Carlo Battisti, autore di moltissimi e monumentali studi sulla regione, sui ladini ecc. Egli sostenne infatti soltanto alla fine del Quattrocento la popolazione germanica divenisse prevalente rispetto a quella italiana (trentina e ladina) nella valle dell’Adige. La bassa atesina e la stessa Bolzano erano rimaste sino a metà del secolo XV con forti presente italiane. Al termine del regno di Massimiliano I apparivano invece sicuramente germanizzati i territori di Ora, Fiè, Tires, Laion e la Val d’Ega, che erano stati invece ancora nel recente passato a popolamento ladino.
Le misure amministrative e le norme giuridiche vigenti sotto questo imperatore contribuirono alla regressione dell’elemento italiano nella regione. Il territorio della Ladinia era ripartito in una serie di “giudizi”, unità amministrative che ricalcavano le anteriori comunità: Giudizio di Gudon; Giudizio di Selva; Giudizio di Ciastel; Giudizio di Mareo-Badia; Giudizio di Tor; Giudizio di Fodom; Giudizio di Fassa; Giudizio di Fiemme; Giudizio di Ampezzo. La lingua ufficiale impiegata nei “giudizi” era il tedesco, cosicché anche la toponomastica era riportata in tale lingua e, frequentemente, l’onomastica stessa veniva stravolta e germanizzata.
VII] La Controriforma.
Dopo il periodo di Massimiliano I, durante il quale si era avuta un’intensa germanizzazione e per la prima volta il gruppo germanico aveva superato numericamente quello italiano, quest’ultimo riprese a crescere, sino quasi a bilanciare quello tedesco. All’inizio del XVII secolo il ladino era ancora parlato nel “giudizio” di Castelrotto, in val di Fiemme, val di Non, val Pusteria, Neva Ladina, Zoldo, Agordo…, mentre questa lingua era forte in val Venosta quanto lo è oggi in val Gardena. Esisteva ancora nei secoli XVI-XVII una continuità territoriale fra le aree ladine dell’Alto Adige e quelle romance della Svizzera, specialmente per il tramite dell’alta val Venosta e dei suoi legami con le valli svizzere del Monastero e dell’Engadina, la cui lingua era all’epoca praticamente la stessa. Tale contiguità fu spezzata dalle politiche imperiali. L’impero asburgico, ossia i possessi ereditari della casa d’Austria (distinto dal Reich tedesco in senso proprio) era all’epoca, come sempre rimase, molto differenziato e multietnico al suo interno. Uno degli strumenti a cui si fece ricorso per cercare di fondare un qualche unità culturale dei suoi domini, che non era affatto preesistente, fu una politica tesa alla conversione forzata al cattolicesimo. I possessi asburgici apparivano prima della guerra dei Trent’anni molto diversificati anche religiosamente al loro interno e la presenza protestante era assai forte anche in regione da cui poi sparì completamente. Le stesse aristocrazie austriaca ed ungherese apparivano ad inizio Seicento in buona misura aderenti alla Riforma. Fu interesse sia del governo imperiale, sia della chiesa cattolica austriaca promuovere una progressiva eliminazione degli elementi protestanti.
Questa direttrice, praticata coerentemente e con decisione per tutto il “secolo di ferro” delle guerre di religione, coinvolse anche i ladini dell’Alto Adige. Questi erano tutti cattolici, ma confinavano direttamente ed erano difficilmente distinguibili all’epoca dai romanci svizzeri, abitanti appunto le valli del Monastero e dell’Engadina, i quali invece si erano convertiti al protestantesimo. Il timore d’una infiltrazione della Riforma in Alto Adige per il tramite della continuità culturale dell’area retoromanza indusse ad una politica di germanizzazione dei territori imperiali di confine con la Confederazione elvetica.
VIII] Maria Teresa d’Asburgo.
Furono germanizzate con la forza durante il regno teresiano intere valli ancora ladine e la maggior parte della Val Venosta, che era rimasta sino ad inizio Settecento di lingua neolatina. In primo luogo, le autorità imposero una serie di misure repressive, che imponevano l’uso esclusivo del tedesco in una serie di ambiti: nelle pubbliche riunioni; nelle prediche in chiesa, nelle confessioni ed in generale nell’attività pastorale ecc. In secondo luogo, furono promosse misure discriminatorie nei confronti di coloro che si servissero del ladino nella propria vita domestica e familiare, limitandone i diritti civili, quali la possibilità d’esercitare alcune professioni o persino di contrarre matrimoni. In terzo luogo, molte usanze caratteristiche dei ladini furono proibite, sempre al fine di farne perdere l’identità. In quarto luogo, l’imperatrice Maria Teresa in persona emanò un decreto segreto, che imponeva la germanizzazione dei cognomi ladini dell’Alto Adige, servendosi per far questo dell’operato del clero, imposto abitualmente in lingua tedesca e fedele all’impero (Carlo Battisti, “Lingua e dialetti nel Trentino”, edito in Pro cultura, I, pp. 178-205; Idem, “Sulla germanizzazione alto atesina, in Rassegna critica, XXX, Napoli, 1921, pp. 249-264). Ancora oggi sono moltissimi i cognomi ladini così germanizzati, tramite l’aggiunga di una –er finale (come avvenne per Elemunt divenuto Elemunter, o Melaun, divenuto Melauner), oppure tramite una loro traduzione in tedesco (ad esempio, facendo diventare Costalungia un Kastlunger, Granruac un Großrubatscher ecc.).
La maggior parte della Val Venosta fu così germanizzata sotto il governo degli “illuminati” sovrani Maria Teresa e Giuseppe II, ritenuti i sovrani della casa d’Austria più tolleranti ed aperti. I ladini che erano riusciti a resistere a tale pressione germanizzatrice furono gradualmente assimilati nel corso dell’Ottocento, cosicché pochissimi gruppi romanci rimanevano in Val Venosta ad inizio del secolo XIX. Un entusiastico sostenitore della germanizzazione dei ladini e dei romanci nell’epoca teresiana fu l’abate del convento di Santa Maria in alta val Venosta, Mathias Lang.
Simili comportamenti germanizzatori furono comuni all’attività di governo di Maria Teresa, che si rese responsabile d’iniziative analoghe a quelle sopra descritte, od anche peggiori, in diverse parti del suo impero, come la Boemia, la Croazia, l’Ungheria e la Romania. L’imperatrice inoltre emanò un editto in cui autorizzò il rapimento di bambini figli di famiglie zingare, per poterli crescere in ambiente tedesco e così renderli di cultura austriaca: i casi di ratto in tal modo autorizzati furono molte migliaia.
IX] Francesco Giuseppe d’Asburgo.
La situazione non cambiò, se non in peggio, nel periodo compreso fra la Restaurazione e la prima guerra mondiale (1815-1918). Già lo storico Giuseppe Frapporti in Della storia e della condizione del Trentino nell’antico e nel medioevo (Trento 1840) poneva in evidenza il carattere intrusivo e sopraffattore e l’opera di germanizzazione forzata degli abitanti della contea del Trentino (che comprese sino al 1803 l’intero attuale Trentino-Alto Adige) operata dalle autorità politiche austriache. Egli fece risaltare in questo anche lo stravolgimento sistematico della toponomastica e dell’onomastica e la continuità di tale operato nei secoli.
Teoricamente la costituzione austriaca del 1867 prevedeva tutele culturali per le popolazioni dell’impero, incluse quelle diverse dai due gruppi dominanti, ma nettamente minoritari, degli Austriaci e dei Magiari. Di fatto, esistevano etnie privilegiate ed altre discriminate, più o meno pesantemente. I Ladini, pochissimi di numero, assai poveri in media e totalmente emarginati sul piano politico non ottennero riconoscimento alcuno.
Essi vennero strumentalmente tenuti distinti dalle autorità austriache dagli Italiani, nonostante la loro lingua fosse e sia appartenente al gruppo linguistico italo-romanzo (non diversamente, ad esempio, dal piemontese, dall’umbro o dal siciliano), col preciso intento di suddividere od anche mettere gli uni contro gli altri i Ladini ed i Trentini.
La popolazione ladina non dovette soffrire soltanto dell’acculturazione forzata da parte delle autorità austriache, ma anche dell’operato di associazioni pangermaniste, molto attive in tutto il “Tirolo” asburgico e che suscitarono la preoccupazione e lo sdegno dello stesso partito popolare trentino, del vescovo di Trento e di Alcide De Gasperi.
La politica scolastica austriaca danneggiò fortemente la comunità ladina. La sua lingua non fu inserita nei programmi d’insegnamento scolastici e si cercò a più riprese di togliere dalle scuole quel poco d’italiano che era insegnato. Gli istituti scolastici della Ladinia vedevano infatti quasi esclusivamente adoperato il tedesco, con diversità a seconda dei luoghi (val Badia, val Gardena, val di Fassa ecc.). Furono comunque ricorrenti i tentativi d’imporre una germanizzazione scolastica integrale. Semplificando per brevità, si può dire che le scuole insegnavano principalmente in tedesco, che l’italiano era insegnato per poche ore settimanali e risultava spesso facoltativo, mentre il ladino non era adoperato affatto. La situazione s’aggravò ulteriormente durante il primo conflitto mondiale, quando le autorità militari colsero il pretesto della guerra per programma la germanizzazione di tutto il Trentino-Alto Adige ed intraprenderla con brutalità. Anche i Ladini ne furono colpiti e tutte le scuole di val Badia, val di Fassa e val Gardena furono germanizzate. Contemporaneamente si procedeva anche alla germanizzazione della toponomastica. Soltanto la sconfitta dell’Austria nel primo conflitto mondiali impedì che il piano di totale intedescamento del Trentino e dell’Alto Adige fosse portato a compimento.
X] Conclusione.
Il gruppo linguistico retoromanzo occupava in passato un’area che comprendeva (ricorrendo alla terminologia geografica attuale) i Grigioni, l’Alto Adige, il Friuli, le Alpi orientali, l’Austria. Oggi invece include soltanto la piccolissima comunità di lingua romancia nei Grigioni, l’ancora più minuscola “isola” ladina al di qua delle Alpi, i friulani. Si noti che la progressiva scomparsa dei retoromanzi è avvenuta a causa di stermini ed assimilazioni forzate compiute da gruppi linguistici germanici ed in misura minore slavi. Infatti tutta l’attuale Austria, le Alpi orientali, buona parte delle Alpi centrali svizzere erano di lingua retoromanza prima dell’arrivo di questi invasori; tranne che la piccolissima comunità romancia in Svizzera, Oltralpe i retoromanzi si sono estinti. Anche l’Alto Adige era latifono, mentre oggi i ladini sopravvivono soltanto in un’area assai piccola (Badia, Gardena, Fassa, Livinallongo, l’Ampezzano) e sono ridotti a poche decine di migliaia di persone. L’unica area in cui i retoromanzi non hanno conosciuto significative riduzioni è, non casualmente, quella del Friuli, che sebbene confinante col mondo germanico e slavo è rimasta per lo più indenne dai fenomeni di germanizzazione e slavizzazione che hanno travolto la maggior parte dell’ampia regione un tempo. È significativo che oggi fra i circa 770 mila retoromanzi esistenti ben 700 mila vivano in Friuli, mentre i ladini ed i romanci sono all’incirca rispettivamente di 30 e 40 mila unità.
Questo vero genocidio, culturale ma in parte anche fisico nella fase delle invasioni del primo Medioevo, ha visto le zone di popolamento retoromanzo progressivamente erose come da una marea.
Autore: Marco Vigna
Marco Vigna è laureato in storia summa cum laude, dottore di ricerca in storia (Philosophiae doctor) ed autore di pubblicazioni nel campo di storia medievale.
salvagnolo@gmail.com
Una chiara esposizione del problema e ora finalmente m’è chiaro e viene colmata una mia lacuna!
Ottimo scritto! Ne riporto alcuni brani nel mio articolo in inglese sui miei weblog “Researchomnia” e “Allmyresearches&studies”
Tra nozioni corrette e altre sbagliate, lo scritto è una esaltazione della presunta italianità dell’Alto Adige e una diffamazione impietosa contro il mondo germanico e asburgico. Sebbene interessante nel suo complesso, scritti di questo genere appartengono più ad una retorica di stampo nazionalista che ad una storiografia oggettiva ed imparziale delle vicende narrate.
Interessante, meriterebbe uno sviluppo.
Né deve preoccupare che un malinteso senso di terzietà critichi il fatto che il mondo tedesco venga descritto negativamente in questo specifico contesto.
Il punto piuttosto è se i fatti descritti siano adeguatamente suffragati dalle fonti. Studiando la vita di Degasperi, ad es. sulla biografia scritta dallo storico trentino Vadagnini, si trovano importanti conferme, pur limitata all’epoca degasperiana, di questa tendenza prevaricatrice contro cui lo statista trentino dovette duramente lottare ai tempi dell’impero. Inoltre, tornando alla storiografia, osservo che chi ha studiato, prima a scuola e poi all’ università, con un minimo di senso critico, sa perfettamente quanta ipocrisia sia incistata nella presunta terzietà dei nostri programmi di studio e dei nostri prof. Anzi, meglio, mille volte meglio una linea chiara, purché ben argomentata, degli insopportabili, diffusissimi farisaismi di quei docenti che suggeriscono la propria esegesi dei fatti, mentre spergiurano di non avere affatto questa intenzione.
Il solito commento di chi ha paura della storia e vive temendo che gli spettri del passato riprendano vita.
Quel che è stato è stato e non si può tacere per preservare la vostra incolumità o per paura che succeda chissà cosa.
È storia, la si respira in quei luoghi, probabilmente dovremmo censurare anche un politico autorevole come De Gasperi.
Non si può copiare, non mi piace, a me serviva per una ricerca di geografia ma non mi è stato utile perchè senza copiare ho dovuto copiare a mano 100 righe se non di più. Toglietela questa funzione del non far copiare, è INUTILE