La fabula togata

La fabula togata era una rappresentazione teatrale comica di argomento e ambientazione romana a differenza della fabula palliata, che invece proponeva ambientazioni greche e personaggi dai nomi greci. Ce ne parla Guardì in Fabula Togata.

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Uno dei probelmi più discussi concernenti la togata è quello della sua origine… In anni recenti, sulla base dell’ipotesi del Przchocki che Titinio fu contemporaneo di Plauto, è stato sostenuto che la togata fu un genere minore formatosi durante la fioritura della palliata e non in sostituzione di essa. In realtà, non ci sono testimonianze antiche che possano suffragare l’una o l’altra ipotesi. Tutti i tentativi di datare gl’inizi della togata in fondo si basano sulla cronologia di Titino che, come vedremo, non è sicura. Tuttavia difficilmente si potrà porre l’origine della togata prima degl’inizi del II secolo a.C. quando, dopo la fine della seconda guerra punica, più stretti divennero i contatti di Roma con la Grecia e l’Oriente. Il lusso e la ricchezza allora si diffusero fra i Romani e i costumi cominciarono a corrompersi.

L’inizio di questa corruzione per Tito Livio si ebbe nel 186 a.C., quando in Roma celebrò il trionfo sui Galati Geno Manlio Vulsone. Ma già un primo colpo l’aveva dato nel 195 a. C., l’abrogazione della lex Oppia, una legge che frenava il lusso femminile. In quegli anni Roma fu teatro di aspre polemiche fra i tradizionalisti, fra cui si distinguevano i vecchi proprietari terrieri, che più avevano sofferto durante la seconda guerra punica, e gl’innovatori, in gran parte rappresentanti del nuovo ceto mercantile emergente, che si era arricchito dopo la fine vittoriosa della guerra. Echi di queste polemiche si colgono in Plauto, come pure in Plauto si notano riferimenti a cose e costumi romani e italici. In quegli stessi anni a Roma venivano rappresentate certe forme del teatro popolare iltaico, come la fabula Atellana, la farsa popolare osca che, diffusasi a Roma fin dalla metà del III secolo a.C., a poco a poco si era ridotta ad essere rappresentata come farsa finale dei ludi (exodium Atellanicum). I soggetti di queste farse erano spesso desunti dalle vicende della vita quotidiana che si svolgeva nei villaggi campani. Intanto la palliata dopo Plauto era tornata con Cecilio Stazio ad una maggiore fedeltà agli originali greci, con il momentaneo abbandono anche della pratica della contaminatio, che ritornerà però di nuovo in uso con Terenzio. In questo clima nacque probabilmente la togata che, come l’Atellana, portava sulla scena scorci della vita delle cittadine italiche e della stessa Roma, ma conservando la forma, gl’intrighi e il linguaggio della palliata.

Essa nacque perciò come una forma, per così dire, di commedia ibrida, che voleva da un lato soddisfare il gusto della popolazione urbana di Roma, più raffinata, e dall’altro anche il gusto della popolazione delle campagne, che se era meno sensibile alle raffinatezze grecizzanti dei cittadini, vedeva però elevati ad una maggiore dignità i temi della vita quotidiana rappresentati nelle farse popolari. Il successo di questa nuova forma non dovette per essere strepitoso, se è vero che con Afranio la togata si avvicinò molto alla palliata di Terenzio e, dopo circa un secolo di vita, poco dopo la fine della palliata, si esaurì anch’essa.

La togata dunque, con un’innovazione importante, presenta i personaggi negli abiti nazionali romani: la toga per gli uomini liberi (gli schiavi conservano la corta tunica) e la stola per le matrone (le meretrici portano invece la toga sopra una corta tunica). Anche i loro nomi sono latini, come Cesone, Lucio, Sesto, Numerio, Paola etc. I luoghi in cui si svolgono le vicende non sono più lontani e magici paesi della Grecia, estranei al pubblico, ma le cittadine italiche vicine a Roma, come Velletri, Ferentino, Sezze ed altre. La stessa Roma è con ogni probabilità la scena preferita dai commediografi per l’ambientazione delle vicende. La disposizione scenica tuttavia sembra quella tradizionale della palliata: una via o una piazza in cui sorgono alcune case, che hanno a loro volta un’uscita posteriore su una viuzza. Anche in altri particolari strutturali e tecnici la togata è simile alla palliata. In essa non mancano i cantica, con accompagnamento di musica e danze, come non mancano anche molti personaggi convenzionali: il giovane innamorato, il parassita, la meretrice, il lenone, il soldato, il vecchio severo e il vecchio bonario, l’invertito, il cuoco, l’uxor dotata etc. Quanto al servo scaltro, il suo ruolo è ridimensionato, con la conseguente perdita di uno dei principali motivi di comicità, a causa della dignità dei personaggi romani, che non poteva essere diminuita… Orazio lascia intendere che gli argomenti delle togate (come delle pretese) dovevano essere di attualità, dovevano cioè riflettere i problemi dibatutti in quel momento, influenzando in qualche modo il pubblico. La togata veniva così ad assumere un ruolo politico, che si riesce appena ad intravedere nei miseri resti.

Si possono cogliere riferimenti alla polemica suscitata dall’abrogazione della lex Oppia e al conseguente dilagare del lusso femminile (Barbatus di Titino) e alla proposta del censore C. Cecilio Metello Macedonico di obbligare per legge i coniugi ad avere figli, per frenare lo spopolamento dell’Italia (Vopiscus di Afranio). I riferimenti più numerosi sono ai problemi della famiglia, con richiami al rispeto dei costumi degli antenati, all’autorità del padre di famiglia, all’onestà della matrona, segno che tutti questi valori tradizionali erano in crisi e venivano sempre più disattesi dai giovani, La togata quindi veniva ad assumere (soprattutto con Afranio) un tono di sentenziosità che la distaccava dalla comicità popolana, come rileverà più tardi Seneca, che vi troverà tragicità di toni e severità di pensiero. Questo fu uno dei motivi insieme con l’angustia di rappresentazione momentanea e occasionale e con il mutare dei bisogni spirituali a Roma nella seconda metà del II secolo a.C., a causare la fine della togata nei primi decenni del I secolo a.C. Essa fu soppiantata dapprima dall’Atellana letteraria di Pomponio e di Novio e poi dal mimo e dal pantomimo. Tuttavia togate continuarono ad essere rappresentate, malgrado il gusto del pubblico preferisse le rappresentazioni drammatiche spettacolose, fatte solo per abbagliare gli occhi, come testimoniano Cicerone (Ad fam. VII, 1, 2) e Orazio (Epist. II, 1, 182 ss.). Cicerone attesta anche (pro Sest. 118) che la togata Simulans di Afranio fu rappresentata a Roma durante i ludi Apollinares del 57 a.C., mentre Orazio (Epist. II, 1, 79) riprova che ai suoi tempi le togate di Atta erano rappresentate con scenari sontuosi. Più tardi, Svetonio (Ner. 11, 4) tramand che Nerone, in occasione dei ludi Maximi del 66 d.C., fece rappresentare l’Incendium di Afrancio on il reale incendio di una casa sulla scena. Un tentativodi rinnovare la togata in età augustea fu fatto da Gaio Melisso, liberto di Mecenate, il quale inventò la trabeata, una commedia i cui personaggi erano dei cavalieri. Di lui e della sua opera non abbiamo alcun’altra notizia. Infine, in età flavia, Giovenale (1, 3) ricorda con fastidio che ai suoi tempi venivano composte togate destinate ad essere soltanto recitate.

 

 

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