La difesa di Civitella del Tronto del 1557
Quando le truppe franco-pontificie, comandate dal Duca di Guisa e forti di diecimila uomini, varcarono il Tronto nel 1557, poterono occupare Campli, Teramo e Giulianova, ma non Civitella dove l’assedio, iniziato il 22 aprile, si concluse il mese seguente con un nulla di fatto e la ritirata degli invasori. I cittadini resistettero eroicamente sotto il comando del Conte di Santa Fiora e di Carlo Loffredo. Era la guerra di Papa Paolo IV contro la Spagna ed il Duca d’Alba, vicerè di Napoli.
L’assedio fallì grazie alle opere di ristrutturazione che avevano reso la rocca di Civitella del Tronto. All’epoca il castello era cinto su tre lati da una muraglia con cinque torri; sul lato orientale c’erano un torrione ed un bastione a protezione dell’ingresso. Nonostante la situazione topografica della piazza fosse ottima, le mura erano basse, le difese scarse e l’artiglieria era costituita da due soli cannoni con pochissime munizioni.
Il governatore Carlo Loffredo, approfittando del tempo impiegato dall’assediante per ricevere l’artiglieria pesante, fece costruire barricate e trincee dietro le mura, nei presunti punti di attacco, con l’obbiettivo di prolungare la difesa quanto più possibile. Cinquecento veterani spagnoli componevano il presidio, insieme ad una compagnia di giovani abruzzesi, entusiasti della causa.
Tremila erano gli uomini del Guisa. Piantate diverse batterie, principiarono un furioso cannoneggiamento delle mura, e dopo sette giorni il terrapieno crollò e coprì il fossato, mentre una profonda apertura si aprì nelle mura. Gli assedianti però furono respinti dai cittadini, con l’eroico intervento delle donne di Civitella.
Un nuovo cannoneggiamento apri altre brecce, ma fu allora che un terribile acquazzone costrinse i francesi a fermarsi. Vedendo che anche gli elementi favorivano i loro avversari, il duca di Guisa esclamò fuori di sé “che sembrava che Dio fosse diventato spagnolo”. Il temporale causò gran danno alle trincee nemiche e gli spagnoli approfittarono di quella tregua per ripristinare le mura in diversi punti, così che pure un secondo assalto nemico fu respinto.
Il duca di Guisa volle ancora tentare la fortuna in un terzo assalto. Individuò un punto delle mura inaccessibile, e quindi mal difeso, e simulò l’attacco sul lato opposto, ma gli stessi abitanti si incaricarono di contenerli, respingendoli ancora. Molti dei civitellesi precipitarono da quelle mura, davando la vita per salvare la città.
Guisa non ebbe altra scelta che togliere. Il 16 maggio 1557 le truppe francesi si ritirarono.
Filippo II premiò la città con 40 anni di esenzione del pagamento delle tasse, il titolo di “Civitas Fidelissima” e la costruzione di un vero e proprio forte al posto della vecchia rocca aragonese, probabile sorta su una di età medievale. Da quel giorno i civitellesi festeggiano ogni 16 maggio il loro protettore Sant’Ubaldo.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: Vincenzo D’Amico