La conferenza di Genova del 1922
Il Consiglio Supremo dei Paesi dell’Intesa, il 6 gennaio 1922, convocò una conferenza a Genova per i primi di marzo, invitando la Russia sovietica alla partecipazione. Contavano così di costringere il governo bolscevico a delle concessioni politiche ed economiche facendosi guidare dal principio della coesistenza pacifica.
I russi si presentarono alla conferenza con una delegazione capeggiata da Cicerin. Avrebbe dovuto esserci anche Lenin, ma fu impossibilitato a lasciare la Russia per problemi di salute. Diresse, tuttavia, il lavoro di preparazione della delegazione chearrivò in Italia. Fu, in buona sostanza, lui l’artefice di quelle proposte che avanzarono i russi a Genova.
La conferenza si svolse dal 10 aprile al 19 maggio. La cerimonia di apertura ebbe luogo alle ore 15.00 del 10 aprile, presso il Palazzo di San Giorgio, uno dei palazzi più antichi della città. Cicerin presentò un vasto programma di iniziative, anche commerciali.
Un importante punto di discussione fu la sua proposta di un disarmo generale. Cicerin lamentò, però, che il vero interesse delle forze dell’Intesa era quello di sfruttare le difficoltà politiche ed economiche della Russia per imporle condizioni capestro. Questi Paesi chiesero che Mosca pagasse tutti i debiti zaristi, compresi quelli prebellici, e che fosse stabilita una politica di resistuzione delle terre e delle aziende nazionalizzate ai proprietari stranieri.
C’erano il primo ministro inglese Lloyd George e il ministro agli esteri della Repubblica di Weimar, Walther Rathenau, che sarebbe stato ucciso il 24 giugno diquell’anno da settori militari della destra tedesca. Seguendo le direttive di Lenin, la delegazione sovietica respinse tutto. La Russia negava ogni contiguità con l’impero zarista caduto. In quella sede la Russia ottenne solo la riapertura dei traffici commerciali con la Germania che poi si configurò nel Trattato di Rapallo. La conferenza fu così interrotta.
Uno dei punti che si rivelò essere più ostici riguardò la questione delle riparazioni di guerra tedesche. I tedeschi speravano che le altre potenze vi avrebbero rinunciato, almento a quelle per le perdite civili, in modo da avviare una necessaria ripresa economica, ma tanto gli inglesi quanto i francesi, prima col ministro Raymond Poincaré, si opposero.
In verità, l’Inghilterra avrebbe pure tenuto una linea più morbida sia verso i tedeschi che verso i russi. Fu la Francia a pretendere una rigorosa applicazione delle sanzioni verso la Germania e ad esigere, senza discussioni, la compensazione delle proprietà confiscate dal governo sovietico agli europei.
Le trattative si conclusero con un sostanziale fallimento. Il documento conclusivo si concentrava sull’esigenza di creare stabilità nelle valute europee, dopo la crisi economica conseguente al primo conflitto mondiale, regolando le attività bancarie e collegando la moneta all’oro.
Nell’ultima riunione, quella del 19 maggio, fu decisa la costituzione di due commissioni di esperti, una sovietica e una dell’Intesa, che avrebbero dovuto discutere dei problemi insoluti a giugno, all’Aia e soprattutto affrontare la questione dei debiti contratti dallo zar. Quest’ulteriore confronto non si verificò mai per l’atteggiamento fermo di ambedue le parti.
La Neue Zurcher Zeitung dedicò queste parole alla condotta italiana a Genova: “L’Italia raccoglie il più sicuro successo dalla Conferenza di Genova, sebbene l’amicizia con l’Inghilterra non porti dei risultati tanto concreti come sperano qui. Nè il Presidente dei ministri nè il ministro degli esteri sono grandi figure da paragonarsi a Cavour, a Crispi od a Giolitti. Ma il ministro ignoranza delle condizioni generali e particolari Facta, il quale incorpora le tradizioni della saldezza piemontese ed il quale in 30 anni di pubblica attività è rimasto povero, si è imposto una riservatezza enorme. Invece il ministro Schanzer fece degli sforzi eroici per assicurare il successo della Conferenza. In che cosa dovesse con questo trattato gli italiani non ci vedevano certamente chiaro; riguardo alla Russia p. e. essi non hanno quasi interessi prebellici, ma anche scarse sono le speranze in un prossimo avvenire. Molto più che successi diplomatici, l’Italia può vantare un notevole successo morale per avere superato immense difficoltà tecniche e saputo mantenere un ordine esemplare durante questo periodo di tempo, malgrado la sfacciata e pericolosa propaganda bolscevica. L’esemplare disciplina del popolo italiano ha creato, in questo paese tormentatissimo dalle passioni di parte, spontaneamente una calma tale, che nessun Governo avrebbe potuto imporla. Questo fatto ha sorpreso in sommo grado gli ospiti di Genova e ciò gioverà ad aumentare il prestigio ed il credito del paese di fronte all’estero”.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete
Bibliografia: J. Saxon Mills, The Genoa Conference; Rassegna della stampa estera, maggio 1922