La capitolazione di Messina del 1718
Riproduciamo la comunicazione della capitolazione della fortezza di Messina inviata dal Comandante generale della Marina del Regno di Sicilia, Ottavio Scarampi del Cairo, al re Vittorio Amedeo II di Savoia tratta da “Il regno di Vittorio Amedeo II di Savoia nell’isola di Sicilia”.
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Sagra Real Maestà,
Dal signor Marchese d’Andorno V. M. avrà inteso la resa della Cittadella di Messina, avendo fatto la difesa di due mesi e più giorni; e dopo di avere avuto la breccia praticabile alla mezzaluna ed alle due contraguardie, si conobbe che li aggressori non volevamo risigare un assalto alle medesime: avendo essi scoperto molti trinceramenti che avevam fatto nel fosso dei due bastioni San Francesco e San Carlo per opponersi al detto assalto, si risolsero li inimici la notte delli 29 del scorso mese di forzare, come loro riuscì, due de’nostri trincieramenti che avevamo fatto dal mare sino alla muraglia del fosso de’fianchi delle contraguardie e bastione di San Francesco per impedire che non ci togliessero la comunicazione con il forte del Salvatore e Fanale, dalla quale noi tiravamo tutte le assistenze necessarie di Calabria, ed incontinente ci fecero una batteria che averebbe distrutto tutti li nostri fianchi, avendone fatta un’altra di sei pezzi di cannone, che di già aveva principiato a far breccia nel bastione San Diego, volendo lasciare tutti li esteriori a parte, ed il bon attacco era al detto bastione per essere del corpo della Piazza, non essendo difficile stante la vacuezza del medesimo e la mala qualità delle muraglie. Il signor Marchese di Andorno vedendo la risoluzione delli inimici, che era la molto più facile per espugnare detta Piazza, di seguitare per il fronte che avevano principiato a far le breccie, domandò il parere delli due Generali Alemanni che erano in detta guarnigione, li quali erano il signor Schober e il signor Roor, con il signor Marchese di Entraives, li quali unitamente convennero che per il servizio di V. M. (con il parere pure del signor Generale Wetzel e del signor Wallis, che ancora loro si portarono parecchie volte sopra il luogo) la detta Piazza non era più in stato di aspettare maggiormente per poter avere una buona capitulazione, volendo salvare la guarnigione, come abbiamo fatto, di uscire con arme e bagagli e tutti li altri onori soliti a concedersi, e due giorni di tempo per poter passar le truppe in Calabria, dove avanti ieri sera siamo gionti tutti. Pendente detto assedio ho chiesto al signor Conte Borghe in Napoli che cosa avere i dovuto fare delli due vascelli di V. M., essendo forzati di cedere detta Piazza alli inimici; mi rispose che in quel caso dovevo abbruciarli per non lasciarli in profitto di essi; io feci vedere detto ordine al signor Marchese di Andorno, il quale ne passò notizia al Generale Wetzel ed al Ammiraglio Bings, li quali risposero, che non era bene di abbruciarli, perchè quello averebbe potuto essere la causa che li inimici non ci averebbero accordato la detta capitulazione; e veramente essendo stati maltrattati da due baterie, una di dodeci cannoni e l’altra di quatro mortari a bomba, che avevano fatto espresso per batterli, non potranno essere in stato di navigare almeno per sei mesi, mancando, nel paese, dove sono, di tutto per il radobbo del medesimi, avendoli di più spogliati di tutti li atrazzi et arme che ho potuto far trasportare qui con il restante delli equipaggi de’marinari e soldati del battaglione, quasi tutti sudditi di V. M., de’quali mi do l’honore di presentare li annessi stati, e ne starò qui attendendo le ultime determinationi di V. M. di quello ne dovrò fare. In quanto alli medesimi devo assicurare a V. M. che l’hanno servito con tutta fedeltà e bravura ed in particolare tutti li officiali maggiori, li quali destinai in detto assedio per far servire l’artiglieria, ed in altre occasioni dove facevano di bisogno, come suppongo che il signor Marchese di Andorno ne avrà informata la M. V. Nell’ultima mia partenza che feci con li vascelli di V. M. da Palermo lasciai tutta la mia casa mobiliata con il megliore che avevo in questo mondo, e fra l’altro la mia vasella d’argento con qualche somma di denaro, il quale tutto è stato confiscato dal Tribunale del Patrimonio, senza speranza di poterne riavere nulla. Supplico a V. M. venendogli occasione di qualche diritto di ripresaglia volersi ricordare di me, avendo perso tutto quello avevo. E qui per fine fo a V. M. umilissimo inchino.
Di Vostra Real Maestà
Reggio li 3 ottobre 1718
Umilissimo, devotissimo ed obbligatissimo servo e suddito
IL CAVALIERE SCARAMPI DEL CAIRO