La Battaglia di Myeongnyang

Nel giugno del 1597, il Giappone attaccò la Corea. Le truppe dello Shogun riuscirono a schiacciare la flotta coreana. Solo tredici navi trovarono scampo fuggendo. Sconvolto, re Seonjo si rivolse a un ex eroe di guerra, Yi Sun-Sin, mai sconfitto, che però marciva nelle segrete vittima di un intrigo politico. Il re lo liberò e gli ridiede il grado di ammiraglio chiedendogli una missione impossibile: sconfiggere la flotta dell’imperatore Go-Yozei composta da 333 navi, di cui 133 da guerra, con le sole 13 tredici rimase nei porti coreani.

Approfittando del dissenso politico all’interno della dinastia Joseon, i giapponesi ordirono una fitta rete di intrighi che condusse l’ammiraglio Yi Sun-sin davanti al tribunale militare con accuse di disobbedienza e tradimenti. Yi Sun-sin aveva portato la flotta coreana da 63 navi da guerra a 166. Solo il suo passato gli permise di fuggire alla condanna a morte e di venire solo imprigionato e degradato al rango di semplice soldato. Won Gyun, rivale di Yi, prese il comando della flotta coreana spingendosi in una serie di campagne mal preparate contro la base navale giapponese di Pusan. Una settimana dopo, l’armata navale nipponica, comandata da Todo Takatora, sbaragliò la flotta nemica nella Battaglia di Chilchonryang, dove morì lo stesso Gyun, e invasero la costa sudcoreana.

Yi Sun-Sin non si sottrasse al dovere ed accettò l’incarico. Radunò tutti i marinai sopravvissuti a Chilchonryang e, con una forza di 1.500 uomini, tornò a solcare i mari. Il 25 ottobre 1597, portò le sue tredici panokseon nello Stretto di Myeongnyang e qui si compì il destino della Corea.

Quello stretto era percorso da forti correnti fino a 10 nodi con rapidi mutamenti di direzione, vortici e frequenti mulinelli. Yi Sun-Sin si servì di quelle particolarissime condizioni per compensare parzialmente lo squilibrio delle forze in gioco. In attesa dei giapponesi, l’ammiraglio coreano dispose la sua flotta dall’altra parte dello stretto, nella nebbia che scendeva dalle colline circostanti, in ​​fila, come una colonna pronta a sparare.

Il nemico giunse al mattino presto, con correnti favorevoli, fiducioso che l’alta disparità delle forze in campo gli garantisse una sicura vittoria. La sconfitta della flotta coreana avrebbe permesso lo spostamento senza restrizioni di truppe e rifornimenti.  La sua tattica fu quella di spedire contro Yi Sun-Sin diverse ondate di navi, però, come previsto dall’ammiraglio coreano, le correnti oceaniche ne rallentavano la navigazione. Il fuoco di sbarramento era continuo, non lasciava tregue. Le navi coreane, col loro fondo piatto, erano immobili sulla superfice, le correnti ne impedivano ogni spostamento, mentre quelle giapponesi, col fondo tondo, venivano scosse da terribili balzi. Così lente e difficili da manovrare, esse risultarono facili bersagli per la piccola flotta coreana. Tutte finirono a piccò senza che neppure un marinaio coreano fosse colpito a morte.

Si scatenò poi una enorme confusione perchè i resti delle navi giapponesi affondate ostacolarono i movimenti del resto della flotta. Tra i primi ad attaccare ci fu Kurushima Michifusa, fratello del defunto Kurushima Michiyuki, ucciso e decapitato nel 1592 da Yi nella Battaglia di Dangpo. Michifusa trovò la stessa sorte di Michiyuki, fu catturato e decapitato. La sua testa fu piantata sulla cima dell’albero della nave ammiraglia. Il terrore allora vinse i nipponici che, quando la marea si invertì, videro avanzare i nemici contro di loro. La fitta formazione di navi giapponesi finì con l’essere un bersaglio perfetto per l’artiglieria coreana.

Il contrattacco di Yi Sun-Sin fu devastante. Le tredici navi coreane si fecero strada attraverso lo stretto, i cannoni tuonarono e la flotta giapponese, inerme, fu pesantemente danneggiata. Spinte dalle violenti correnti marine, le navi coreane costrinsero i giapponesi a ritirarsi. Oltretutto, incapaci di manovrare, le navi giapponesi iniziarono a schiantarsi l’una contro l’altra. Il bilancio per il Giappone fu catrastofico: 8000 morti e 123 navi affondate contro appena 2 morti tra i coreani che non avevano persa nessuna nave.

Yi Sun-Sin divenne  il salvatore del regno. Il risultato della battaglia fu un terribile shock per l’intero comando giapponese e determinò anche la fine della campagna terrestre. La vittoria permise anche alla flotta cinese di unirsi all’ammiraglio Yi all’inizio del 1598 a protezione dei principali porti dell’area in caso di un nuovo attacco giapponese nel Mar Giallo. I giapponesi si rinchiusero a Pusan per riparare le loro navi e ciò diede ai coreani il tempo di ricostruire un più ampio naviglio da guerra.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

historiaregni

Historia Regni è un portale telematico dedicato alla storia, anzitutto quella italiana. Nasce su iniziativa di Angelo D’Ambra, è senza scopo di lucro e si avvale di collaborazioni gratuite. Le foto presenti sono state, in parte, prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo al nostro indirizzo email info@historiaregni.it e si provvederà alla rimozione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *