La Battaglia di Capo Passero

La Battaglia di Capo Passaro fu uno scontro navale tra la Spagna di Filippo V e l’Inghilterra per il controllo della Sicilia.

La guerra di successione spagnola durò fino al 1713. La firma del Trattato di Utrecht (1712-1714) pose fine alla guerra. Pochi anni dopo la firma del Trattato di Utrecht, Filippo V, influenzato dalla sua nuova moglie Isabella Farnese e dal Cardinale Alberoni, rimise in discussione gli equilibri internazionali e si lanciò nel recupero dei territori italiani ceduti all’Austria. L’idea era quella di creare una serie di stati satelliti della Spagna, governati dai suoi figli. Come prima mossa allora fece occupare la Sardegna. Era il 1717, erano trascorsi solo tre anni dalla ratifica della pace, e Inghilterra, Province Unite e Austria si ritrovarono ancora unite per combattere Filippo V, stavolta in un’alleanza che accolse anche la Francia. Intanto il re di Spagna, agguerritissimo già avviava l’occupazione della Sicilia.

Il 1 luglio del 1718, José Antonio de Gaztañeta, con 40 navi da guerra e 399 navi da trasporto, portò a Messina trentamila uomini comandati da Juan Francisco de Bette, Marchese di Leda. Gli spagnoli così riuscirono a prendere il controllo dell’isola. Allora intervenne una squadra inglese che entrò nel Mediterraneo e prelevò 3000 austriaci a Napoli portandoli alla fortezza di Messina. L’Alberoni a Gaztañeta raccomandò di star fermo, tuttavia il giovane ammiraglio valutò prudente riunire la sua armata e farla ancorare nello stretto.

L’ammiraglio Byng, da Capo Spartivento, seguì le navi spagnole che, partite da Capo Peloro, navigarono separatamente e senza ordine, destinate ad unirsi alle altre che intanto salpavano a Malta. Quando però ebbe chiaro che si sarebbero unite, le raggiunse.

Le prime navi furono avvistate da una felucca della costa calabrese la mattina del 10. Più tardi fu scoperta l’intera flotta spagnola che salutò le navi britanniche senza alcun segno di ostilià. La notte trascorse con bel tempo. La mattina seguente però la flotta spagnola si ritrovò dispersa e Gaztañeta tentò ricompattarla rimorchiando alcune navi con le galee, ma non ebbe tempo. Era l’alba dell’11 agosto e il gruppo di sei navi e quattro fregate che formavanolo squadrone dell’ammiraglio fu definitivamente separato da quello guidato dal Marchese de Mari, rimasto indietro. Il genovese, inseguito dalle navi del capitano George Walton dell’HMS Canterbury, arrivò sulla costa siciliana, sotto il fuoco inglese e vedendosi perso, sbarcò il suo equipaggio e bruciò le sue navi in ​​modo che non cadessero nelle mani del nemico. Una sola nave, la Sorpresa, sotto il capitano Miguel de Sada, continuava a dar battaglia, ma fu costretta ad arrendersi per evitare vittime e più gravi danni. Gaztañeta invece, a bordo del San Felipe el Real, continuò a veleggiare verso Capo Passaro fino a quando finì attaccato da cinque navi nemiche.

L’attacco britannico colse di sorpresa Gaztañeta e i suoi uomini, poiché non vi era stata alcuna precedente dichiarazione di guerra tra i due paesi, sebbene il primo colpo fu sparato proprio dagli spagnoli al sopraggiungere delle navi nemiche. L’ammiraglio spagnolo aveva con sé sei navi da guerra e quattro fregate, ma non era riuscito a formare una linea di battaglia. Aprì il fuoco sebbene non fosse riuscito a creare una linea.

La San Felipe fu attaccata da tutta la divisione da sette vascelli inglesi finì cannoneggiata per due ore, ritrovandosi disalberata e con le vele lacerate. Alle due del pomeriggio era tutto concluso, si piangevano duecento caduti e lo squadrone spagnolo che sosteneva l’esercito di occupazione dell’isola era andato quasi tutto distrutto. All’inizio del combattimento Gaztañeta era stato ferito da un proiettile di fucile, che gli trafisse una gamba, ma restò sempre al suo posto con un’ammirevole senso del dovere.

Gaztañeta fu presto rilasciato e tornò in Spagna, dove continuò a prestare servizio in Marina senza neppure un rimprovero. L’ammiraglio aveva compiuto degli errori di sottovalutazione, non aveva preso alcuna disposizione difensiva, si era limitato a lasciarsi alle spalle due fregate per guardare a distanza la flotta britannica. Tuttavia, sebbene in inferiorità numerica, senza la possibilità di dispore le proprie navi nel giusto ordine di battaglia e controvento, aveva combattuto coraggiosamente. Le navi spagnole di Baltasar de Guevara, partite da La Valette, giunsero troppo tardi per aiutarlo. Fu invece considerato disonorevole il comportamento di Byng che aveva attaccato senza alcuna dichiarazione di guerra. Gli inglesi lasciarono i prigionieri ad Augusta e si ritirarono in Sardegna. Solo quattro navi e alcune navi più piccole spagnole erano riuscite a fuggire. 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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