La Battaglia del Ponte di Arcole
Traiamo dalle Memorie del maresciallo Marmont una interessante ricostruzione della Battaglia del Ponte di Arcole, celebre episodio della Campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte.
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La divisione Augereau, arrestata nel suo movimento, battette in ritirata; Augereau, per eccitarla, avea pigliata una bandiera e camminato alcuni passi sull’argine, ma senza essere seguito. Tale è la storia di quella bandiera della quale si è tanto parlato, e colla quale si suppone che abbia passato il ponte d’Arcole rovesciando il nemico: tutto fu ridotto ad una semplice dimostrazione senza alcun risultato; ed ecco come si scrive la storia! Il generale Bonaparte, edotto di quello scacco, si portò presso quella divisione col suo stato maggiore, e venne a rinnovare il tentativo di Augereau, ponendosi alla testa della colonna per incoraggirla: prese egli pure una bandiera, e, questa volta, la colonna si mosse dietro di lui ; giunti a dugento passi dal ponte, noi stavamo probabilmente per valicarlo, ad onta del micidiale fuoco del nemico, quando un ufficiale di fanteria pigliando il generale in capo pel corpo, gli disse: « Mio generale, voi andate a farvi uccidere, e, se voi siete ucciso, noi siamo perduti; voi non andrete più oltre, questo posto non è il vostro. » Io ero davanti del generale Bonaparte, avendo alla mia destra uno de’ miei camerati, altro aiutante di campo del generale Bonaparte, distinto ufficiale che era giunto da poco all’armata; il suo nome di Muiron è stato dato alla fregata sulla quale Bonaparte è ritornato dall’Egitto; io mi volgevo per vedere se ero seguito, quando scorsi il generale Bonaparte nelle braccia dell’ufficiale di cui ho parlato, ed io lo credetti ferito; in un momento fu formato un gruppo stazionario. Quando la testa d’ una colonna è si vicina al nemico e non marcia innanzi, indietreggia ben presto; bisogna assolutamente che ella sia in movimento: onde ella retrocesse, si gettò sul rovescio della diga per essere guarentita dal fuoco nemico, e si ripiegò in disordine. Quel disordine fu tale che il generale Bonaparte, rovesciato, cadde sul piede esterno dell’argine, in un canale pieno d’acqua, canale scavato anticamente per fornire la terra necessaria alla costruzione dell’argine, ma strettissimo. Luigi Bonaparte ed io cavammo il generale in capo da quella pericolosa situazione; un aiutante del generale Dammartin, chiamato Faure di Giers, avendogli dato il proprio cavallo, il generale in capo ritornò a Ronco per mutarsi d’abiti ed asciugarsi; ecco ancora la storia di quest’altra bandiera che le incisioni hanno rappresentata come portata da Bonaparte sul ponte d’Arcole. Quella carica, semplice scontro, non riusci a nulla. E questa la sola volta, durante la campagna d’Italia, che io abbia veduto il generale Bonaparte esposto ad un vero e grande pericolo personale. Muiron scomparve in quel garbuglio; è probabile che nel momento del mezzo giro abbia ricevuta una palla e sia caduto nell’Alpone. Io restai tutta la giornata Presso la divisione Augereau; noi facemmo tutti gli sforzi immagibili per dare qualche slancio alle truppe, ma invano. Il nemico sboccò allora, e ci fece piegare.
Il generale Massena, che occupava l’argine sinistro, fece testa di colonna a destra con una parte delle sue truppe, marciò per uno degli argini traversali di cui ho parlato, tagliò fuori e prese tutti quelli che il nemico avea lanciato contro di noi, e che aveano già passato il punto di congiunzione dei due argini. La giornata trascorse in questo modo, e fu empiuta da un’ alternativa di successi e di rovesci, fino al momento che il nemico evacuò Arcole e si ritirò sopra San Bonifacio.
Erasi stabilito il ponte a Ronco nel luogo dove era situata la chiatta, cosa naturale a motivo della strada di cui indicava l’esistenza; per altro si fece male. Se fosse stato stabilito dapprima nel villaggio di Albaredo, al disotto del confluente dell’Alpone nell’Adige, l’armata non avrebbe incontrato alcun ostacolo, poichè l’Alpone non dovea più essere passato, e forse i risultati sarebbono stati tali quali Bonaparte gli avea sperati; ma la necessità di valicare il ponte d’Arcole, l’occupazione di questo posto, fatta a tempo dal nemico, l’energia della sua prima difesa, cambiareno tutto. Il generale in capo ricevette nella notte il rapporto dell’occupazione d’Arcole, e dette ordine d’evacuarlo e di pigliar posizione indietro. Quell’ordine sorprese, e si nulla era meglio calcolato, la situazione delle cose essendo interamente cangiata ; sboccare in un paese aperto, davanti ad un’armata prevenuta, e con forze tanto inferiori, sarebbe stato funesto; poichè noi non avevamo potuto sorprendere il nemico, era d’uopo costringerlo a combattere sopra un terreno ristrettissimo, e un combattimento di testa di colonna, sopra argini e nelle paludi, ci conveniva meravigliosamente; coll’ evacuare Arcole, impegnavasi il nemico a ritornarvi, e per conseguenza veniva esso posto nelle circostanze che a noi erano le più favorevoli. Il generale Bonaparte è sempre stato ammirabile per mutare sull’istante tutto un sistema, quando le circostanze gliene avessero dimostrati gl’inconvenienti.
Provera colle brigate Brabek e Gavazini, forti di sei battaglioni e di due squadroni, e Mittrowsky, colle brigate Stiker e Schuhitz, forti di quattordici battaglioni e di due squadroni, ricevettero l’ ordine da Alvinzi di rigettare l’armata francese sulla riva destra dell’Adige. Per conseguenza la domane il combattimento si rinnovò, e Massena battette le truppe nemiche sopra i due argini, cui era stato incaricato d’occupare e di difendere; la giornata passò su quei siti come la precedente, in alternativa di successi e di rovesci.
Il generale in capo volle far passare l’Alpone alla divisione Augereau, alla foce di questo nell’Adige, e siccome mancavano barche e cavaletti, si pretese di colmare l’Alpone con fascine sovra cui sarebbesi passato. Allo scopo di facilitare tale operazione, io fui incaricato d’andare sulla riva destra dell’Adige, di stabilire una batteria di quindici pezzi, il cui fuoco dovesse infilare e pigliare a rovescio la riva sinistra dell’Alpone, che serviva di trincieramento al nemico, e fui obbligato a fare sparare di rimbalzo con mezza carica. Dopo mezz’ora di fuoco sostenuto , una colonna carica di fascine si mosse a venne a gettarle nel punto di passaggio; ma la corrente dell’Alpone, benchè poco sensibile, pure esisteva, e tutte le fascine furono trascinate nell’Adige. Fu per tal modo dimostrata l’assurdità di quel mezzo di passaggio. Il giovine Eliot, aiutante di Bonaparte e nipote di Clarke, diventato poi duca di Feltre, vi fu crudamente ucciso d’una palla nel capo. Le due armate restarono cosi ognuna sul campo di battaglia, avendo il nemico perduto anche buon numero di prigionieri fatti da Massena nell’inseguire Provera fino a Caldiero, intanto che Mittrowsky avea respinto tutti gli attacchi d’Augereau. Durante la notte seguente, fur costrutto un ponte ad Albaredo, e andò a passarvi la divisione Augereau. Il nemico avea adunato molta gente ad Arcole; siccome quella parte della riva sinistra dell’Alpone è più elevata, le truppe vi erano più spiegate; e non era un combattimento di posto, ma un combattimento in linea; il nemico ci fece piegare per un momento, ma la faccenda fu prontamente ristabilita ; egli piegò alla sua volta; una carica di venticinque cavalli delle guide, fatta in momento opportuno sull’argine che accompagna il ruscello, e comandata da un ufficiale negro, chiamato Ercole, servi a fare dei prigionieri. D’altra parte, il nemico avea cacciato davanti a sè una brigata di Massena; ma la 32° posta in imboscata, essendosi levata in proposito, gli prese circa mille nomini. Provera si ritirò a Villanova, e Mittrowsky a San Bonifacio. Per questa sequela di combattimenti, di cui si può soltanto far conoscere lo spirito e indicare la direzione, il nemico avea avuto molti morti e molti feriti, da cinque o seimila prigionieri, e perduta tutta la fiducia in sè stesso; onde si ritirò nella notte, dopo il terzo di di combattimento, portandosi sopra Vicenza. Io n ebbi la gradita certezza quando, la mattina, essendo andato in ricognizione fino a Villanova, alcuni feriti e soldati rimasti addietro, e gli abitanti me ne ebbero reso conto. Il generale in capo accorse, e noi rientrammo in Verona per la riva sinistra dell’Adige. Era un portare la prova irrecusabile dell’ ottenuto successo; da quel momento nessuno non credette più mai nella possibilità d’un durevole rovescio. Questa campagna sì breve è tanto più notevole in quanto che le truppe erano, sotto la ragione del numero, molto inferiori a quelle del nemico, e, d’altra parte, si battevano male e sembravano d’aver perduto tutta la loro energia.
Mentre che Bonaparte lottava con ostinatezza contro il nemico ad Arcole, Vaubois continuava ad esser battuto ed avea fatta la propria ritirata fino a Castel Nuovo; un altro passo, un altro giorno, e la nostra situazione diventava estremamente critica; ma la ritirata d’Alvinzi sopra di Vicenza decideva di tutto. Bonaparte non perdette un momento per profittare della lontananza di lui, e, dopo avere lasciato un piccolo corpo a Caldiero per coprire Verona, diresse Augereau per le montagne di Lugo sopra Dolcè, nella valle dell’Adige, mentre Massena avendo raggiunto Vaubois, che era già arrivato a Castel Nuovo, marciò verso il nemico, lo sbaragliò e riportò sovra di lui un completo successo a Rivoli; in sei di l’armata usci d’uno de maggiori pericoli che abbia mai provati durante quelle immortali campagne.
Questa serie d’operazioni non darà luogo che a poche osservazioni; lo scopo de’movimenti viene da sè compreso; per arditi che sembrino, puossi notare quanto studio abbia posto il generale Bonaparte a non compromettere la sua linea d’operazione, vedesi chiaro che la sorte dell’armata austriaca non era attaccata a nulla; ma d’altra parte quella dell’armata francese fu molto compromessa. Viene domandato che costrinse Alvinzi a un movimento retrogrado il quarto di quando la marcia della sua divisione del Tirolo stava per costringerci a lasciare le rive dell’Adige, e quando era evidente che noi non avevamo ardito di sboccare nella pianura di Villanova, dopo gli ottenuti successi. Domandasi ancora come Wurmser non abbia fatto alcun tentativo colla massa delle truppe onde disponeva. Da che dipende la sorte delle battaglie e il destino degli imperi, e quanti brillanti successi sono dovuti, nella guerra, ai falli del nemico! L’evacuazione d’Arcole la sera del primo di fu per l’armata un grande oggetto di stupore, e poi, occasione di grandi controversie, ma a torto; quella disposizione è degna d’ammirazione. Occorreva essere un generale superiore per riunciare così ad apparenti successi, per ottenerne più tardi di reali.
Il generale Vaubois, del quale il generale Bonaparte non aveva avuto motivo d’essere contento, ricevette altra destinazione, ritornò a Livorno, e Joubert, elevato al grado di generale di divisione, fu incaricato della difesa della Corona, di Montebaldo e di Rivoli. Massena venne a Verona colla propria divisione. Augereau fu a Legnago, ed una nuova divisione, agli ordini del genera e Rey, fu posta in riserva a Desenzano. Il generale Kilmaine continuava ad osservare ed a bloccare Mantova. Murat avea perduta quasi tutta la sua riputazione di bravura, dopo il suo ritorno da Parigi per la sua maniera di servire; onde Bonaparte gli avea ritirate le sue bontà; volendo uscire da quello stato d’abbassamento, chiese di comandare una brigata di fanteria sotto gli ordini di Joubert ; allora ritrovò il suo primiero slancio; la sua riputazione si ristabili, e poi non ha subito alcuna alterazione.
Il generale Bonaparte avea perduto due aiutanti nei fatti d’Arcole: uno di essi, Muiron, distintissimo ufficiale d’artiglieria, che lo avea allora allora raggiunto. Muiron era stato l’amico della mia giovinezza e compagno d’armi del generale in capo.
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