La Battaglia del Casino dei Quattro Venti
Il pittore Nino Costa fu consigliere municipale della Repubblica romana del 1849 e qui di seguito racconta le vicende concitate della nota Battaglia del casino dei Quattro Venti, il 3 giugno 1849.
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Nella notte del tre giugno i Francesi, prima ancora che il termine dell’armistizio fosse spirato, si impadronirono di Villa Pamphili, facendovi prigioniero in gran parte il corpo di Mellara.
Alle due e mezo di notte, sentii crepitare i fucili, correndo salii a porta San Pancrazio. I Francesi già occupavano tutte le ville e case là dinnanzi fin sotto il Vascello, compreso il casino dei Quattro Venti. Era questo una vera fortezza.
Trovai che i nostri stavano sulla porta San Pancrazio a disfarne il ponte levatoio e, su una piattaforma dove era un cannone, v’era Garibaldi col colonnello Galletti ed il maggiore Romiti. Egli era molto calmo; ordinò si cessasse la demolizione del ponte, mandò un aiutante di campo in città per raccogliere garibaldini. Frattanto impartiva altri ordini; e me volea mandare ad ordinare ai medici che raggiungessero i loro posti negli ospedali. Io, però, lo pregai di farmi rimanere per il primo assalto, non essendoci ancora feriti.
Frattanto arrivarono i garibaldini ed alcune compagnie della legione di Manara. Sortirono dalla porta e si schierarono sotto il Vascello, in attesa delle munizioni che vennero portate su di un muletto. Distribuite queste, subito di corsa si lanciarono all’assalto del casino dei Quattro Venti. Cominciò un fuoco d’inferno; si sentivano grida di tripudio, di scherno, di dolore. I nostrei presero il casino.
Portai la lieta notizia dentro Roma, mentre facevo il giro per assicurar il servizio di medici e chirurghi negli ospedali. Più presto che mi fu possibile tornai a San Pancrazio. Purtroppo il casino dei Quattro Venti era stato ripreso dai Francesi.
Essendo io molto amico di Alessandro Calandrelli, il quale comandava una batteria alla destra della porta San Pancrazio, egli mi domandò di rimaner con lui per aiutarlo. Intanto arrivava fra noi don Michelangelo Gaetano che en amateur veniva a godersi la battaglia. Questo accadeva sotto il sole di giungo tanto sensibilmente bruciante…
Nel frattempo i nostri avean ripreso il casino dei Quattro venti. Poco dopo, mi recai sulla sinistra della porta, donde scorgevo le mura del casino. Di là, così, mi fu dato di accorgermi che quatti quatti i Francesi erano per riprenderselo dal fianco. Fui dei primi ad avvedermene ed a sparare addosso ai francesi assalitori.
Ecco che sopraggiunse l’Annibali, quello stesso di Vicenza, e quasi forsennato mi taccia di traditore, ché tirato sui nostri. Io vivamente gli risposi: “Miserabile!… Apri gli occhi, se la paura te lo permette…”. Egli rispose vibrandomi una baionetta, che io parai gridandogli: “Fermo!… Ho un’idea!… Andiamo assieme al casino dei Quattro Venti a trovare il vero nemico”.
Prima di far la nostra sortita, presso la porta vidi Garibaldi e gli comunicai il nostro proposito. Ed egli a me: “Tutti si battono. Ma, se voglio tre uomini per dirigere un’azione, non li trovo!”.
Usciti dalla porta, Annibali ed io infilammo uno dei cancelli di Villa Pamphili. Impossibile però ci era di andar diretti per il viale tanto era battuto dalle palle che venivano dal casino. Attraversando le mortelle, voltando a destra, trovammo che il muro lungo la strada mestra era tenuto dai nostri.
Ad un tratto sentimmo un gran scalpitio per il viale. Era lo stesso Stato Maggiore di Garibaldi, che caricava facendo da cavalleria. I cavalieri erano fiancheggiati da molti fanti di diversi corpi: garibaldini, guardia civica e molti militi della legione Manara, che si distinguevano bene per il cappello piumato alla bersagliera.
Noi ci unimmo a quelli che erano in testa e con costoro andammo all’assalto della baionetta.
ho letto libri divulgativi sul risorgimento Italiano. questo scritto è molto interessante, spiega i fatti: sembra esserci ! grazie per il lavoro di archivio.