Cesare Borgia, primo duca di Romagna
Fiumi di inchiostro sono stati versati per descrivere la vita e le gesta di Cesare Borgia, ragion per cui ci sembra pleonastico ripetere informazioni che possono essere facilmente reperite altrove.
Ciò che si tenterà di fare oggi è un mero ragionamento circa la situazione giuridica dell’Italia rinascimentale e del perché il progetto della famiglia Borgia, di unificare l’Italia settentrionale quanto meno, non andò in porto.
Il ducato del Valentino venne creato feudo dopo feudo sottomettendo i duchi di Romagna e delle altre province pontificie; la base legale di ciò si rinviene in un atto di donazione fatto dal padre, papa Alessandro VI, che trasmise in perpetuum le terre e i titoli, in sostanza una distrazione in piena regola dei possedimenti della Chiesa di Roma.
In quel preciso momento storico, siamo tra la fine del XV secolo e inizi del XVI, la situazione era la seguente: la Repubblica di Venezia era all’apice della sua potenza, la Francia oltre le Alpi che tentava di rivendicare la corona di Napoli che riteneva essere stata usurpata dagli Aragona di Spagna, la Spagna stessa che tentava di preservare la sua presenza nel Meridione della penisola italiana e concentrandosi al contempo nell’affermarsi con prepotenza nelle Americhe e, infine, tutti gli altri ducati e staterelli italiani, si pensi a Milano, Firenze e Ferrara.
Lo stato pontificio, nonché il Valentino, dovevano tenere a bada le pressioni provenienti da tutti questi soggetti. Era stata raggiunta un’alleanza con la Francia, dapprima con re Carlo VIII e, alla sua morte, con Luigi XII, il quale con l’appoggio della famiglia Borgia riuscì ad ottenere il divorzio dalla moglie Giovanna di Valois e poté sposare la regina Anna di Bretagna così mantenendo la Bretagna sotto l’influenza francese. Luigi ricompensò Cesare Borgia con il ducato del Valentinois, da qui l’appellativo di Valentino, e gli concesse in moglie sua cugina Charlotte d’Albret, sorella del re di Navarra; tutto ciò avvenne quando il Borgia non riuscì a sposare l’altra Carlotta, discendente degli Aragona, che gli avrebbe permesso di entrare in lizza per la successione nel Regno di Napoli.
La Spagna era stata placata da papa Alessandro VI con la bolla Inter Coetera, la quale assegnava gran parte dei territori delle americhe a quest’ultima. I rapporti con la patria natia erano un po’ altalenanti per via della inclinazione della famiglia Borgia di favorire i francesi, verso la fine del secolo. I rapporti con Firenze tutto sommato erano buoni, garantiti dalla mediazione di Niccolò Machiavelli, il quale, da come si evince dai suoi scritti, provava una forte ammirazione verso la capacità politica e militare del Borgia, soprattutto sul suo modo di governare.
A questo punto, avendo l’appoggio della potenza francese, il Valentino poteva pensare a costruire il proprio stato, forte dell’alleanza con re Luigi, che allora possedeva l’esercito più grande d’Europa. Questi rapporti con la Francia erano si un bene, perché evitavano che i ducati italiani si accanissero tutti contro il duca del Valentinois, ma allo stesso tempo facevano si che il Borgia fosse dipendente e sottomesso al re francese; quest’ultimo non aveva nessun interesse ad un Nord Italia unito, poiché sapeva benissimo che se fosse divenuto troppo potente sarebbe potuto essere un pericolo per la Francia stessa.
Il Valentino in pochissimo tempo, in soli quattro anni, sottomise l’intera Romagna di cui ne divenne primo duca. A questo punto è bene dire, come afferma una parte della storiografia, che nonostante gli intenti unificatori non si può dire se fosse interesse del Borgia formare l’Italia così come la conosciamo oggi. Noi proviamo a dire la nostra basata su un ragionamento logico, ben consci che potremmo destare le ilarità da parte dei più conservatori e di coloro che affermano che “non vi erano le condizioni; non era il momento; i tempi non erano maturi”, siamo pronti a tutti i vostri commenti purché abbiano una base e un fondamento logico.
Parte degli storici afferma che il concetto di Italia, agli inizi del XVI secolo, trovava spazio nella mente di pochi intellettuali; sicuramente un’affermazione vera, ma il Borgia era costantemente attorniato da intellettuali potrebbe aver ragionato sul concetto dell’Italia unita con qualcuno di essi. Altri sicuramente diranno che i ducati italiani e i loro popoli erano troppo diversi e mai e poi mai sarebbero potuti essere un’unica nazione, beh la domanda sorge spontanea ma ad oggi cosa è cambiato? Le cause di un’Italia unita solamente nel XIX secolo sono ravvisabili: nelle potenze straniere che a turno banchettavano in lungo e in largo nella nostra penisola; nella politica dello Stato pontificio che abilmente fomentava le divisioni tra i popoli e impedendo con la sua presenza geografica un reale congiungimento tra nord e sud.
Quindi se il progetto della famiglia Borgia di creare uno stato ereditario dai territori donati dallo Stato pontificio avesse preso corpo e se avesse questo stato raggiunto una potenza considerevole così da tenere lontane le potenze straniere, non vi era ragione alcuna per cui l’unificazione italiana non potesse essere portata a termine qualche secolo prima. Un’unificazione così remota nel tempo avrebbe permesso sicuramente un’integrazione tra i popoli italiani maggiore di quella che effettivamente si è vista durante l’ultimo secolo e mezzo.
Il sogno della famiglia Borgia di trasformare in temporale il potere spirituale non andò in porto, vuoi per la morte del papa Alessandro VI, vuoi per gli ostacoli delle potenze straniere e vuoi anche per la sorte avversa e le decisioni sbagliate che compromisero irrimediabilmente il progetto, che ebbe fine nelle campagne di Viana il 12 marzo del 1507 con la morte di Cesare Borgia, duca del Valentinois e primo duca di Romagna.
A chiunque replicherà a quanto scritto sopra dicendo che non si può pensare o non si può immaginare cosa sarebbe successo o che non poteva accadere ab origine, rispondiamo che il bello della storia è anche questo: immaginare ciò che sarebbe successo se si fossero verificate determinate condizioni e se certi eventi fossero accaduti in tempi e modi differenti. Un illustre personaggio, prima di noi, si è cimentato nella sua celebre opera nel ragionare sulle cause e sulle conseguenze di certi eventi se si fossero verificati o meno, stiamo parlando del principe di Machiavelli, precisamente del suo capitolo VII.
Autore articolo: Davide Alessandra
Davide Alessandra, laureando in giurisprudenza e studente di archivistica, paleografia e diplomatica presso la scuola dell’Archivio di Stato di Palermo.