Innocenzo III ed Ottone IV

Nel 1210, l’Imperatore scomunicato Ottone IV invase il Regno di Sicilia occuopando Sora e Capua ed ottenendo i giuramenti di Puglia, Terra di Lavoro e Calabria contro Innocenzo III e Federico II.

Quasi all’unanimità, l’8 gennaio del 1198 i cardinali riunito nel Septizonio ai piedi del colle Palatino, a Roma, elessero Lotario dei Conti di Segni, nuovo pontefice. Il successore di Celestino III assunse il nome di Innocenzo III.

Uomo rigido, d’indole severa ed ascetico, Innocenzo III aveva redatto in gioventù un saggio intitolato “De Contemptu mundi” in cui aveva manifestato un vivo disprezzo per il mondo ed i suoi vizi. “L’uomo è putredine e il verme è figlio dell’uomo”, vi si legge con un po’ di sbigottimento. “L’uomo viene concepito dal sangue putrefatto per l’ardore della libidine, e si può dire che gà stanno accanto al suo cadavere i vermi funesti”, ribadisce nel suo scritto. Tuttavia, eletto pontefice, manifestò concentrò con forza il potere amministrativo della città di Roma nelle sue mani, poi volse il suo sguardo ai domini pontifici recuperando sovranità su Ancona, Sinigaglia, Fermo, Fano, Pesaro, Spoleto, Rieti, Assisi, Foligno, Gubbio, Perugia… e, proiettato verso un impegno politico evidentemente in continuità con le vedute di Gregorio VII e del Dictatus papae del 1075, si impegnò ad impedire l’unificazione del Regno di Sicilia e del Sacro Romano Impero.

Fece anzitutto valere i suoi diritti di tutore di Federico II, figlio di Costanza d’Altavilla ed erede altrono imperiale, poi, caduto in una imboscata Filippo di Svevia, fratello del defunto Enrico VI, sostenne la candidatura di Ottone di Brunswick.

Ottone fu incoronato il 21 ottobre del 1209, a Roma, nella Basilica di San Pietro, Imperatore del Sacro Romano Impero. In cambio rinunciava ad ogni pretesa sui territori pontifici in Italia, promettendo di riportare allo Stato Pontificio la Marca di Ancona, il Ducato di Spoleto, l’ex Esarcato di Ravenna e la Pentapoli, che già s’erano ribellati al nuovo pontefice, e convenendo poi con Innocenzo III di lasciar perdere il Regno di Sicilia. Ottone IV si impegnò persino a rispettare le prerogative papali nelle elezioni dei vescovi tedeschi e a riconsegnare alla Chiesa tutti i redditi di sedi vacanti che erano confluiti nel tesoro imperiale. Dopo aver lasciato Roma, però, Ottone IV ricusò ogni sua promessa e, prima occupò i territori che aveva promesso al Papa, poi tornò nell’Urbe minacciando il pontefice nel tentativo di farsi riconoscere il diritto alla corona imperiale per la nomina di tutti i benefici vacanti. Innocenzo III lo scomunicò ed allora Ottone IV invase il Regno di Sicilia.

Quanto avvenne è ben descritto nella Cronaca di Fossa Nova, nella versione redatta da Scipione Volpicella: “1210 Ottone detto Imperatore, com’ebbe passato in Toscana la state, nel mese di Novembre, represso dal Signor Papa scomunicato, col consiglio di Pietro Conte di Celano e col consiglio di Diopoldo entrò nel Regno di Puglia. Celebrato ch’ebbe la fesa di San Martino a Sora, vide tutta la terra sino a Capua venuta in suo potere. E con quella celerità che potette maggiore si dirizzò contro Aversa, e la tenne assediata fino alla Natività del Signore. Non riuscendogli d’occupar questa terra, tornò in Capua, e quivi svernò, facendo macchine atte ad espugnar le Città, che non volevano condiscendere a sottomettersi a lui.
1211. Sopraggiungengo la state, tutta la Puglia e Terra di Lavoro e grandissima parte della Calabria condiscesero a giurar fedeltà ad Ottone detto Imperatore. Vennero in questo mezzo ad Ottone detto Imperatore i Messi della Germania, i quali gli dissero tutta Germania essere ribellata. E tutti gli Arcivescovi, Vescovi, Abati, Duchi, Principi, Conti, e tutti i Baroni della Germania elessero Federigo re di Sicilia ad Imperatore, e mandarono Nunzi in Sicilia, acciocchè sano e salvo menassero il detto Federigo in Germania a pigliare la possessione dell’Impero. Il che com’ebbe udito l’Imperatore Ottone detto di sopra, congregò i Conti di Puglia e di Terra di Lavoro, e con questi confermò la pace ed il suo buon volere. Con l’animo dentro di se addolorato tornò in Germania, macchinando in qual modo possa pigliare il sopraddetto Federigo Re di Sicilia, se questi s’ardisse di mettersi in via o per mare o per terra”.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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