Il riconoscimento della Via Francigena nel Sud
Una sorprendente notizia è rimbalzata sui giornali di settore. Il recente riconoscimento del tratto da Roma a Brindisi della Via Francigena sopperisce all’iniziale dimenticanza da parte del Consiglio d’Europa che aveva escluso le regioni meridionali dal progetto. Sul tema abbiamo posto qualche domanda all’architetto Paolo Walter Di Paola ideatore di “Via Francigena nel Sud”.
Perché questo ritardo e quali prospettive apre ora il riconoscimento?
Sono stati necessari 12 anni per ottenere l’implementazione del tratto sud della Via Francigena fino a Brindisi perché gli “esperti”, scelti dall’Italia, avevano indicato solo il cammino che fece il vescovo Sigerico da Canterbury a Roma. Senza entrare in merito al perché e al per come sia stata esclusa “l’altra” Italia: quella del sud, si può dire che il risultato ottenuto è il frutto della testardaggine di alcuni che non hanno mollato, come il sottoscritto, i quali hanno creduto fino in fondo che gli ostacoli burocratici e politici, e le barriere culturali, sarebbero state superate con la forza della volontà e della ragione. Per la prima volta è stato modificato un progetto comunitario, cosa che ha richiesto lo studio di una procedura inedita che farà legislatura.
Davanti a noi c’è una grande occasione ma serve la convinzione che il più grande progetto italiano che coinvolge la penisola dalla Valle d’Aosta alla Puglia possa portare sviluppo, occupazione e quindi economia per i territori attraversati, soprattutto per quelli delle aree interne. Per trasformare questa opportunità in realtà concreta, istituzioni pubbliche e privati devono lavorare insieme seguendo le indicazioni e i processi che si stanno elaborando con le Regioni Lazio, Molise, Campania, Basilicata e Puglia, abbandonando logiche utilitaristiche e di ritorno d’immagine immediata. Non si tratta di un progetto che si può chiudere nell’arco di una legislatura di un sindaco, di una giunta regionale, di un governo nazionale, è un piano che richiederà altrettanta costanza e impegno per ricostituire il percorso, ma, cosa più difficile, bisognerà creare la rete di servizi e assistenza ai pellegrini, ai turisti di tutto il mondo che non desiderano altro. Per questo serve la partecipazione e la convinzione della comunità intera.
Quali sono i percorsi tra Lazio, Molise, Campania, Basilicata e Puglia e soprattutto si tratta di quelli originali, accertati storicamente?
Il lavoro di ricerca storica è alla base del dossier d’implementazione della Via Francigena nel sud che ha ottenuto l’approvazione da parte dell’Istituto Europeo degli Itinerari Culturali e del valutatore, il Prof. Frustier. Da Roma sono state individuate due direttrici fondamentali che dopo Benevento si biforcano in tre.
La prima è quella litoranea, l’Appia, che attraversa la zona Pontina con l’abbazia di Fossanova, poi verso Capua per raggiungere Benevento.
La seconda è interna, segue le Vie Prenestina, Casilina e Latina, attraversa la valle del Sacco e del Liri, incontrando le abbazie di Casamari, Trisulti, Monte Cassino, San Vincenzo al Volturno, solo per citarne alcune, e si riunisce con l’altra.
Da Benevento si può prendere la Micaelica per San Michele Arcangelo e raggiungere il Gargano, poi proseguire seguendo la costa sino a Santa Maria di Leuca, oppure seguire l’Appia Traiana, interna, sino a Brindisi. Infine c’è la variante per Matera che costituisce un percorso affascinante quanto gli altri. Rotte storicamente riconosciute che oggi devono essere riportate in luce dall’oblio che richiedono capacità d’adeguamento e un’attenta analisi in funzione dell’antropizzazione dei luoghi, della viabilità e, non ultima, dell’esistenza di percorsi come i tratturi, che possono risolvere passaggi altrimenti complicati e difficilmente risolvibili.
Più che di via, però, è meglio parlare di una rete, di un territorio strada che da molti secoli prima dell’anno zero è percorso in entrambe i sensi di marcia. Un “andare verso” che conduce oltre l’Adriatico, verso il medio oriente, seguendo la Via Egnazia che attraversa l’Albania, la Macedonia, la Grecia, la Turchia con Istanbul (Costantinopoli) per raggiungere l’altro polo di riferimento della cristianità: Gerusalemme.
Natura, spiritualità, tradizioni.. a che tipo di domanda turistica risponde la Via Francigena nelle regioni del Sud, possiamo individuare dei punti di forza dell’itinerario?
Il punto di forza da cui partire è lo spirito di accoglienza proprio delle popolazioni campane, molisane, pugliesi, lucane. Il resto viene da se perché non scopro certamente io la bellezza del sud Italia. La “cura” del pellegrino che a piedi percorre queste strade, costituisce la migliore pubblicità per la Francigena. Se tornerà a casa con in mente il sorriso di questa gente, la loro disponibilità ad aiutare l’altro; con gli occhi colmi delle straordinarie testimonianze storiche immerse in una natura in larghissima parte incontaminata, vissuta scoprendo usi e costumi locali che connotano di folclore i singoli paesi, sarà il migliore testimonial possibile e manderà tante persone che verranno con i mezzi più disparati. Santiago de Compostela ha quasi raggiunto i 300.000 pellegrini all’anno, ma circa 6 milioni sono quelli che vi giungono da ogni parte del mondo in bici, a cavallo, con l’auto privata, il pullman, …! La risposta turistica sarà tanto forte, quanto maggiore sarà la capacità di organizzarsi e accogliere i pellegrini, senza chiedere quasi nulla. Grave sarebbe l’errore di considerarli turisti da spennare “perché tanto poi non torneranno più”. Loro saranno i rappresentanti della comunità locale, perché non bisogna mai dimenticare che chi cammina è alla ricerca di esperienze, di momenti di vita nuovi e scriverà libri, diari di viaggio, posterà sui social l’avventura, racconterà e farà vedere le foto a tutte le persone che vivono nel luogo di provenienza.
Che consigli darebbe a chi desidera sperimentare questa proposta? Quali accortezze prendere per affrontare un tracciato così lungo?
Attualmente chi percorre la Francigena nel sud Italia, se si escludono alcuni tratti nel Lazio e nelle provincie di Benevento e Foggia, deve essere cosciente che lo fa a proprio rischio e pericolo, perché, come ho già spiegato, siamo all’inizio e ci vorrà tempo, investimenti e volontà per ricreare le infrastrutture e i servizi.
Il consiglio è quello di pianificare il viaggio prima della partenza, fissare dei punti tappa in funzione delle proprie capacità fisiche (che cambiano da persona a persona) e comunicare il proprio arrivo prendendo contatti nei luoghi deputati con le strutture ricettive esistenti, ovviamente a seconda delle proprie tasche. In pratica quello che farebbe chiunque abbia intenzione di partire per un viaggio a piedi in zone che non conosce.
Come per il Cammino di Santiago de Compostela, crede che la Via Francigena possa rappresentare anche al Sud una occasione di sviluppo lavorativo, economico e turistico?
La Francigena è un riferimento per i tanti itinerari che ormai spuntano come funghi ogni anno, è un progetto che include e traina gli altri, perché sta velocemente entrando nell’immaginario collettivo assumendo un ruolo pari, se non superiore a quello svolto sino ad ora dal Cammino di Santiago, di cui al momento rivive la fase degli anni novanta. Sempre più persone da tutto il mondo, dopo aver raggiunto Santiago chiedono di fare e/o fanno la Francigena verso Roma da nord e/o da sud, la quale è indubbiamente più bella, accattivante e ricca sotto tutti i punti di vista.
Il lavoro di messa in sicurezza che abbiamo fatto in questi anni non è certamente sufficiente e tanto bisognerà fare per raggiungere i livelli della Galizia, ma aumenta la consapevolezza nelle persone che vivono lungo la Francigena che si stanno attrezzando per dare accoglienza e renderla più sicura. Ne danno testimonianza gli operatori privati e le imprese di turismo sostenibile che per prime hanno creduto in questo progetto, sono ancora poche, ma partecipano attivamente, fornendo accoglienza e ristoro, di cui abbiamo riscontro attraverso le email dei viandanti, dei contatti al nostro sito: www.viafrancigenasud.it e per la richiesta di credenziali, traendone già i primi frutti.
La crescita d’interesse dimostra come il progetto di riscoperta e valorizzazione della Via Francigena sia entrato in una fase matura.
In un futuro prossimo l’Italia sarà un grande giardino da percorre in lungo e largo seguendo la rete dei cammini?
Io credo proprio di si, anzi sono certo che questo tipo di turismo avrà un impatto e una capacità attrattiva forse pari a quella che attualmente hanno le nostre più famose città storiche come Roma, Firenze, Napoli e Venezia.
L’obiettivo è dietro l’angolo … basta soltanto svoltarlo. Per farlo bisogna attivare processi virtuosi per unire in rete le strutture ricettive, i luoghi di accoglienza e ristoro, le realtà di volontariato e l’associazionismo attivo. Un piano di sviluppo capace di dare voce e risalto al patrimonio culturale diffuso senza far perdere identità ai luoghi, alle popolazioni, alle loro tradizioni popolari, ai prodotti tipici, all’enogastronomia, agli usi e costumi di ognuno, che costituiscono la vera grande ricchezza del nostro paese, perché distingue e afferma l’Italia nel mondo. Un piano capace d’invertire la tendenza dello spopolamento dei centri storici, dei paesi, dei borghi dell’entroterra che costituiscono un tesoro inestimabile ancora tutto da scoprire.
Perseguo questo obiettivo dal 2003 con passione e impegno praticamente quotidiano proponendo a tutti coloro che pensano di poter concentrare un certo numero di imprese, associazioni, appassionati e altro, di organizzare incontri in cui poter formare e informare sulla Via Francigena per attivare dal basso questo processo. Gran parte delle istituzioni locali (soprattutto i comuni) prenderanno atto di questa realtà quasi certamente quando il fenomeno non potrà più essere nascosto: ovvero quando sarà cresciuto inesorabilmente perché ormai non è più possibile fermarlo!
IO ho una struttura in un piccolo aese salentino posto lungo l’antica strada che da Lecce portava a Leuca conosciuta come ‘finibus terrae’. Sono molto contento di accogliere i pellegrini.