Storia del Cristianesimo: il lascito del Vivarium di Cassiodoro Senatore
In poco tempo la biblioteca del monasterium Vivariense sive Castellense eretto da Cassiodoro Senatore divenne un prezioso scrigno d’opere classiche pagane, cristiane, latine e greche destinate a disperdersi in tutta Europa alla morte del fondatore.
Il Vivarium “rappresentò un unicum in Italia, nella misura in cui non si limitava ad accogliere al suo interno, fra tante strutture, anche uno scriptorium, ma faceva della biblioteca il proprio centro nevralgico: in altri termini, l’attività di trascrizione dei testi e di trasmissione della cultura rappresentava il cuore della vita di Vivarium e non un suo corollario” (in A. Zumbo, La letteratura della Calabria romana: Cassiodoro, in AA.VV. Lezioni di letteratura calabrese).
Nelle Institutiones divinarum et saecularum litterarum, opera composta fra il 551 e il 562 per i propri monaci, Cassiodoro Senatore mostrò di avere un orientamento dissimile da quello tracciato dalle prescrizioni benedettine, non a caso si ritiene che egli non conobbe Benedetto da Norcia (A. Piromalli, Lezioni di letteratura calabrese). Alcuni storici avanzano l’ipotesi che la Regula magistri, su cui si basa la Regola benedettina, sia addirittura opera dello stesso Cassiodoro Senatore.
Il primo libro delle Institutiones è diviso in 33 capitoli, come gli anni terreni di Cristo e tratta della Bibbia, il secondo libro è, invece, di sette capitoli, tanti quanto sono le arti liberali, la grammatica, la retorica, la dialettica, l’aritmetica, la musica, la geometria e l’astronomia, intese come strumenti imprescindibili per un’approfondita comprensione della Bibbia.
Nell’opera leggiamo che “l’ozio è nemico dell’anima; e quindi in determinate ore i monaci devono attendere al lavoro manuale e in altre ore alla lettura dei libri sacri”. Così si disponeva che “da Pasqua fino al I ottobre, all’alba, incominciando dall’ora prima fino quasi all’ora quarta, lavorino quanto è necessario; dall’ora quarta fino all’ora sesta studino. Dopo l’ora sesta, terminato il pranzo, si riposino nel più assoluto silenzio, o se qualcuno vorrà studiare, lo faccia in modo tale da non disturbare gli altri. Si reciti la nona un po’ in anticipo, dimezzando l’ora ottava; e di nuovo compiano fino ai vesperi quello che devono fare. Se poi la necessità o la povertà esigeranno che si occupino essi stessi della raccolta dei frutti della terra, non si rammarichino perché proprio allora saranno veri monaci, se vivranno del lavoro delle mani, come i nostri padri e gli apostoli”.
A partire da ottobre, invece, i monaci “si dedichino alla lettura fino a tutta l’ora seconda; all’ora seconda si reciti terza e fino alla nona tutti attendano al lavoro fissato. Al primo tocco dell’ora nona, ciascuno interrompa la propria occupazione, e si preparino per il secondo segno. Dopo pranzo studino o si diano alla recita dei salmi. Nel tempo della quaresima, poi, studino dall’alba fino a tutto l’ora terza e poi, fino all’ora decima, compiano il lavoro loro assegnato”.
Nel periodo della quaresima ciascuno era poi tenuto a prendere “un libo alla volta dalla biblioteca” ed a leggerlo completamente.
Cassiodoro Senatore invitava i suoi monaci anche allo studio della medicina: “…a voi mi rivolgo, o fratelli illustri, che con assidua cura attendete alla salute del corpo e dispensate a coloro ,che riparano in luoghi santi, i buoni uffici della pietà beata, a voi che vi rattristate per le sofferenze degli altri, che siete mesti per chi si trova in pericolo, gravati dei dolori di tutti quelli che ricevete, che siete sempre afflitti da una vostra propria tristezza nelle disgrazie degli altri, affinché vi dedichiate con dedizione sincera ai sofferenti, come conviene alla perizia della vostra arte, pronti a ricevere la ricompensa da colui che può ripagare i beni terreni con premi celesti. E così indagate la natura delle erbe, manipolate con intelletto vivace le mescolanze delle specie, ma non riponete la speranza nelle erbe e la salute nelle ricette umane. Infatti, sebbene si legga che la medicina è stata costituita da Dio, tuttavia è lui che risana, lui che concede la vita senza parsimonia, poiché sta scritto: Tutto quello che fate, in parole o in opere, fatelo nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo suo. Che se poi ignorerete la lingua greca, avete dapprima a vostra disposizione l’erbario di Dioscoride, il quale con meravigliosa esattezza innanzi tutto ha trattato e descritto le erbe dei campi. In secondo luogo leggete Ippocrate e Galeno, tradotti in latino, cioè la Terapeutica di Galeno, destinata al filosofo Glauco, e l’Anonimo, il quale è un centone di principi desunti da diversi autori. E poi il De medicina di Aurelio Celio e il De herbis et curis di Ippocrate e numerose altre opere che trattano dell’arte della medicina e che io, con l’aiuto di Dio, ho riposto per voi negli scaffali della nostra biblioteca”.
In quella che può considerarsi a tutti gli effetti la Regola di Squillace emergono quindi con nitidezza gli obiettivi singolari di un monastero preoccupato di mantenere viva la tradizione della cultura classica. Per aiutare i copisti a correggere gli errori dei codici da cui trascrivevano, Cassiodoro Senatore compose il De Orthographia.
Dopo la morte di Cassiodoro Senatore, del Vivarium non restò che poco, probabilmente la struttura fu donata al monastero basiliano di Sancta Maria de Veteri Squillatio, ma notevole fu l’influenza che il cenobio esercitò nei secoli seguenti.
L’apporto di Cassiodoro fu determinante ai fini della nascita del monachesimo in una Calabria disseminata di grotte, spelonche ed antri adatti alla vita monastica; “al X secolo la Calabria appariva come una nuova Tebaide e la sua reputazione giungeva attraverso il mondo bizantino fino a Costantinopoli e a Gerusalemme” (C. Diehl, Chiese bizantine e normanne in Calabria, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania). Tuttavia “non si può in alcun modo fornire alcun dato quantitativo né sul numero dei monasteri bizantini in Calabria, né sulle loro dimensioni (numero dei monaci ed estensione del patrimonio fondiario), e nemmeno sulla durata media della loro esistenza (…). La forte fluttuazione di monaci fra un monastero e l’altro e la brevità della vita di molti monasteri rendono impossibile qualsiasi valutazione dell’entità numerica dei singoli centri monastici” (V. Von Falkenhausen, Aspetti economici dei monasteri bizantini in Calabria, in Calabria bizantina).
Le Institutiones delinearono un preciso orientamento di base per la formazione dei monaci di tutti gli ordini; il modello convenutale ivi proposto si presentava non solo come luogo topico per la fuga mundi di uomini votati a Dio, ma soprattutto come riparo da ogni invadenza mondana per quanti erano dediti allo studio. Il Vivarium sancì la continuità della tradizione classica nella spiritualità monastica perché gli autori latini e greci, oltre a costituire l’oggetto delle attenzioni degli amanuensi, fornivano materia di apprendimento costante. L’intero mondo monastico, da San Gregorio a San Paolino da Nola, ne fece tesoro ed, oltre al lungo ed estenuante lavoro di copiatura, riconobbe l’utilità anche delle scienze profane.
Giustamente, con queste parole Giovanni Paolo II ricordò Cassiodoro Senatore: “Quando le ondate barbariche posero fine all’impero romano, portando distruzione e morte, un uomo della vostra terra, il dotto Cassiodoro, fondò qui, a pochi chilometri da Catanzaro, il suo celebre Vivarium, nome auspicale, perché fosse un centro di alta spiritualità e insieme di cultura viva, rivolto a salvare il patrimonio greco-romano e a trasformare pagani e barbari in un nuovo popolo di uomini credenti e liberi: tutta la vostra cultura è il risultato di una fusione di civiltà lievitata dal cristianesimo”.
Autore articolo: Angelo D’Ambra