Il giudizio di Goethe su Ferdinando IV
Nel 1787 Goethe è alla corte di Ferdinando IV. Il suo giudizio sul re di Napoli è piuttosto lusinghiero. Ne loda la sensibilità artistica e l’abilità nella caccia e nella pesca. Goethe si dilunga sul rapporto tra del sovrano con Hackert, sull’amore di Ferdinando IV per San Leucio ed ammette: “se l’avessero fatto studiare seriamente sarebbe stato uno dei migliori regnanti d’Europa”.
Il Re era un appassionato cacciatore fin da giovane, perché così era stato educato. Si diche che in gioventù avesse una salute malferma e che proprio per la caccia si sia irrobustito e sia diventato forte e sano. L’Hackert ebbe un giorno l’onore di essere invitato a caccia insieme con lui e con sopresa vide che su cento colpi, ne mancava solo uno. Non era solo la caccia, ma anche la vita all’aria aperta che lo manteneva in buona salte. Ciò che il Re ha imparato lo fa bene e con esattezza. Hackert è andato spesso con lui a Capri e a Ischia. Il Comandante governava la corvetta solo di notte, mentre di giorno lo faceva il Re, con la capacità di un provetto ufficiale di marina. Conosceva bene anche la tecnica della pesca e lo dimostrava nel lago del Fusaro, il quale dai tempi antichi è collegato col mare mediante un canale, il che rende salate le sue acque. Il Re aveva fatto venire le ostriche da Taranto e le aveva messe qui in un vivaio. In pochi anni ebbe un successo strepitoso. Normalmente la pesca al lago di Averno era aperta prima di Natale e in quel periodo il Re vendeva lì parecchie migliaia di chili di pesce. Le ostriche si vendevano a buon mercato nei mesi con l’r. Nei mesi senza r, cioè da maggio ad agosto, era vietato toccare le ostriche, perché ne mesi caldi avveniva la riproduzione. Il Re sapeva remare come il più bravo dei marinai e si arrabbiava molto se i suoi compagni di remo non andavano al giusto ritmo. Tutto quello che sa, lo fa esattamente e se vuole apprendere qualcosa, non si dà pace fino a quando non l’ha imparato. scrive abbastanza bene, velocemente; si fa capire, con buone espressioni. Hackert ha visto le leggi per S. Leucio, prima che fossero stampate. Il Re le aveva date ad un amico per farle correggere se ci fossero stati degli errori di ortograia. C’erano da cambiare pochissime cose e di scarsa importanza. Se lo avessero fatto studiare seriamente, invece di fargli perdere tempo con la caccia, sarebbe diventato uno dei migliori regnanti d’Europa.
Al ritorno dal viaggio, Hackert si presentò alla Regina che gli disse che il Re era a San Leucio per un periodo di cura. Lo pregò di andare a fargli compagnia al più presto, perchè durante la cura egli non vedeva nessuno, Hackert partì lo stesso giorno. La sera dell’arrio a Caserta, ricevette un biglietto scritto a nome del Re, col quale lo si invitava per il giorno dopo, alle 16. Fu ricevuto molto gentilmente e il Re lo trattenne fino a notte. Mentre si ritirava, il Re gli disse che avrebbe avuto piacere di vederlo ogni giorno alla stessa ora, se fosse rimasto a Caserta.
Il re aveva deciso di ingrandire San Leucio, sia a causa della fabbrica di seta che vi aveva installata e per la quale aveva fatto venire molti fiorentini, sia per il vecchio palazzo del belvedere, compresa la Chiesa, che era un palazzo per modo di dire. Fu incaricato dei lavori Francesco Collecini, un allievo del vecchio Vanvitelli, ben preparato, ma che purtroppo risentiva del gusto del Borromini.
Il Re era stato spesso a casa dell’Hackert a Napoli. Gli piaceva molto il gusto col quale le stanze erano mobiliate e arredate. Diceva che erano semplici e tuttavia sembravano lussuose. Un giorno lo chiamò e chiese il suo consiglio sulla pittura del soffitto del suo gabinetto privato che era stata affidata a Mariano Rossi. Il Re, che era di un temperamento impulsivo e passionale, chiese a bruciapelo la sua opinione. Hackert rispose che a suo parere, al soffitto andava bene un affresco rappresentante l’Autorare e sullo specchio del camino si poteva raffigurare il Genio del Sonno. Tutto il resto doveva essere di una estrema semplicità, in modo da nnon guastare la veduta sulla Campania felix. Può darsi che più tardi mi venga un’idea migliore, aggiunse. Ma il re dichiarò che meglio non poteva farsi. E così il lavoro fu eseguito come aveva consigliato Hackert.