Il fiume giovane. Intervista a Carlos Solito
Un gruppo di ragazzi, riuniti d’estate sulle rive del Sele, incontra un vecchio pescatore che insegna loro i segreti della valle ed il percorso del fiume in una una metafora della vita che è al centro del film “Il fiume Giovane” di Carlos Solito. Abbiamo posto al regista qualche domanda sul suo lavoro, sul rapporto tra generazioni, su ciò che ha da dire il Meridione.
Hai girato il mondo con i tuoi lavori e, fermatoti qui tra Campania e Puglia, un fiume ha attirato l’attenzione della tua camera.
Come è maturata l’idea di “Il fiume giovane” ? Che sensazioni ti ha trasmesso quel vivace incedere del Sele? Ti ha condotto dove immaginavi di arrivare?
L’idea nasce dall’incontro, in pieno Appennino campano a Oliveto Citra (provincia di Salerno), del sottoscritto con Carmine Pignata, fondatore del Sele d’Oro, il premio ormai giunto alla 31^ edizione nato subito dopo il terribile sisma dell’Ottanta. Mi fu chiesto di raccontare il territorio, la valle, attraverso un cortometraggio. Conoscevo la valle del Sele, l’avevo fotografata, descritta e percorsa lungo sentieri assurdi già diverse volte e la richiesta è stata quella di una mia personale interpretazione in chiave video. È nato così Il fiume giovane, un viaggio, una transumanza creativa tra borghi medievali, paesaggi unici, panorami mozzafiato e le acque di un fiume generoso che tributa anche l’Acquedotto Pugliese. Ma soprattutto attraverso incontri umani, dai quali abbiamo scelto anche i quattro giovani protagonisti: Antonia Lullo, Vincenzo Nigro, Francesco Russo e Giovanni Salsano, tutti di Oliveto Citra.
Nel tuo film, un pò come nei lontani paesi d’Asia, un saggio nei pressi di un fiume conosce la natura e diventa maestro. Non sono forse più i giorni in cui i ragazzi stanno seduti ai piedi degli anziani ad ascoltare storie ed insegnamenti. C’è una gioventù non divorata dalle mode e dalla superficialità a cui hai lanciato un messaggio?
Certo che si. In vita mia ho sentito infinite volte l’incipit “ai miei tempi”, una frase fatta. Dipende in quale “bacini umani” si cercano storie con queste nuance. Ti assicuro che l’Appennino, l’Italia interiore, ha un sacco di luoghi dove ho visto, ascoltato, anziani raccontare ai giovani. Osserviamo ciò che ci circonda in base ai nostri alfabeti emozionali ed è normale carpire ciò che meglio comprendiamo o quello che ci riporta ai ricordi. Citando Longanesi i ricordi, come i sogni, s’interpretano e con Il fiume giovane ho tradotto i miei ricordi d’infanzia misti alla magia umana della valle del Sele. Dovreste andarci per credere, magari fatelo dal 3 al 12 settembre prossimi: va in scena la 31^ edizione del Premio Sele d’Oro Mezzogirono.
Questa realizzazione ti rende un pò cantore del Meridione, una terra che spesso ha rinunciato a narrarsi, abbandonandosi alle rappresentazioni di una intellettualità ad essa estranea.
Il Meridione ha molto da dire? E cosa ha da dire per te?
Un serbatoio pieno di storie umane, geografiche, urbane, più vasto del nostro Meridione non lo conosco o, meglio, non riesco a immaginarlo: è amore, lo ammetto! Anni fa, poco più che ventenne, la storica direttrice della rivista Airone della Giorgio Mondadori, Nicoletta Salvatori, mi disse che viaggiare è importante, la forma più nobile per arricchirsi. Ma specializzarsi, conoscere un luogo, nelle sue latitudini più viscerali, nei dialetti, nella cultura e nell’arte del paesaggio e della natura è IL percorso che ogni reporter deve mettere in conto per acquisire una specializzazione. Ecco, ho narrato il Sud in molte declinazioni, luoghi e storie e, credimi, c’è tanto da raccontare ancora, tantissimo.
Autore: Angelo D’Ambra