Storia del Cristianesimo: i santuari dei patriarchi
Sono numerosi i santuari eretti dai patriarchi nella Genesi.
Abramo, in una visione mistica, strinse un patto con Dio abbandonando il culto idolatrico degli antenati. Con questa alleanza Dio scelse per sé Abramo e strinse legami con tutta la famiglia abramitica, con Isacco e Giacobbe. Da quel momento in poi Dio manifestò loro la sua volontà con parole, ma soprattutto misticamente, con visioni e sogni (Numeri 12, 6-8) portando spesso i suoi prescelti a fondare santuari.
Parliamo del Santuario della quercia di Moreh a Sichem (Genesi 12, 6-7), del Santuario di Bethel (Genesi 12,8-9), del Santuario delle querce di Mamre a Hebron (Genesi 13, 14-18), del Santuario di Moriah (Genesi 22, 1-9) e del Santuario di Betel (Genesi 28, 10-22).
In questi santuari prenderanno il via i racconti orali delle teofanie che ebbero per protagonista i patriarchi. Qui ebbero inizio i cicli patriarcali premosaici. Al tempo di Mosè questi santuari non erano più conosciuti, appartenevano al culto di un dio familiare e tribale ormai superato dal culto di un dio nazionale.
Tre su quattro di questi santuari furono eretti da Abramo, il quarto fu costruito da Giacobbe.
Del Santuario della quercia di Moreh a Sichem leggiamo in Genesi 12, 6-7: “E Abramo traversò il paese fino al luogo di Sichem, fino alla quercia di Moreh. Or in quel tempo i Cananei erano nel paese. / E l’Eterno apparve ad Abramo e disse: «Io darò questo paese alla tua progenie». Ed egli edificò quivi un altare all’Eterno che gli era apparso“. E’ l’altare della promessa, la promessa di dare alla discendenza di Abramo quella terra.
In Genesi 12,8-9 leggiamo: “E di là si trasportò verso la montagna a oriente di Bethel, e piantò le sue tende, avendo Bethel a occidente e Ai ad oriente; e quivi edificò un altare all’Eterno e invocò il nome dell’Eterno. Poi Abramo si partì…”. E’ questo l’altare dove Abramo continuò qui ad invocare il nome di Dio finché, a causa di una carestia, decise di andare in Egitto dove cominciò a non interpellare più il Signore. In Egitto, temendo che l’avvenenza della moglie Sara potesse costargli la vita, decise di presentarla come sorella; poi comprò la schiava Agar che portò con sé e con cui successivamente, senza chiedere consiglio a Dio, decise di realizzare la paternità che il Signore gli aveva promesso e che non arrivava per la sterilità di Sara; in definitiva Abramo si allontanò da Dio.
In Genesi 13,3 Abramo torna a Bethel e riprende a pregare ma presto migra e costruisce un nuovo santuario. Del Santuario delle querce di Mamre a Hebron leggiamo in Genesi 13, 14-18: “Allora il Signore disse ad Abram, dopo che Lot si era separato da lui: «Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo sguardo verso il settentrione e il mezzogiorno, verso l’oriente e l’occidente. / Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza per sempre. / Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. / Alzati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te». / Poi Abram si spostò con le sue tende e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre, che sono ad Ebron, e vi costruì un altare al Signore”. Qui furono sepolti Sara, Abramo, Isacco, Rebecca, Giacobbe e Lia, dove sorge appunto la Tomba dei Patriarchi.
In Genesi 22, 1-9 Abramo erige un terzo altare, il Santuario di Moriah, per il sacrificio di suo figlio Isacco.
Del Santuario di Betel, eretto da Giacobbe, leggiamo invece in Genesi 28, 10-22: “Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. / Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. / Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. / Ecco il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. / La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. / Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t’ho detto». / Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». / Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». / Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. / E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz. / Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, / se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. / Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai io ti offrirò la decima»”.
Anche Isacco costruì un altare, a Beer-Sceba, e, a tal proposito, in Genesi 26,23-25, leggiamo: “Poi di là Isacco salì a Beer-Sceba. / E l’Eterno gli apparve quella stessa notte, e gli disse: «Io sono il Dio di Abramo tuo padre; non temere, perché io sono con te; ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abramo mio servo». / Allora egli costruì in quel luogo un altare e invocò il nome dell’Eterno, e vi piantò la sua tenda. Là i servi di Isacco scavarono un pozzo”.
Da ciò che leggiamo i santuari erano piuttosto degli scarni altari, dei simulacri, forse lignei, nel testo indicati col termine bet (letteralmente casa) o bet ’elohím (casa di Dio). Non è curioso che si dica che sorsero presso degli alberi. Queste querce erano totem, centro di culti cananei ed è dunque lecito pensare che, attraverso riti consuetudinari, Abramo e la sua discendenza abbiano in qualche modo ereditato tradizioni passate. Morè addirittura sarebbe la “Moreh” dei maghi di Giudici 9,37: “Gaal riprese a parlare e disse: «Ecco gente che scende dall’Ombelico della terra e una schiera che giunge per la via della Quercia dei Maghi»”.
Autore articolo: Angelo D’Ambra