Il giornale nell’antica Roma

“Una volta entrato in carica, Cesare fu il primo a disporre che venissero redatti per iscritto e esposti pubblicamente, giorno per giorno, gli atti del Senato e del popolo”, così Svetonio racconta che nel 59 a.C., a Roma, nacque quello che a tutti gli effetti potremmo definire l’antenato del nostro giornale. Sul tema si sofferma E. Cattaneo Lovatelli in un articolo di Nuova Mischelanea Archeologica.

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I giornali, che molti forse pensano essere un’invenzione del tutto moderna, ebbero invece corso anche presso i Romani. Sappiamo, per esempio, che Cicerone durante il tempo che fu proconsole in Cilicia (Asia Minore), riceveva dal suo amico Celio Rufo le notizie di Roma in una cronaca che egli chiamava “Commentario delle cose urbane”. In questa cronaca Celio, otlre gli editti dei magistrati, i decreti del Senato, i discorsi che si tenevano nel Foro, ed ogni fatto di una certa importanza, riportava anche le chiacchiere e i pettegolezzi del giorno. Ma questi mezzi privati di informazione dovettero sembrare insufficienti a mole persone, e allora Giulio Cesare fede dar vita ad una pubblicazione ufficiale e regolare, che riportava tanto gli atti del Senato quanto i fatti che succedevano in Roma.

Questa pubblicazione, che aveva il nome di acta diurna, cioè “fatti del giorno”, era una specie dei giornali odierni, in cui erano annotati non soltanto tutti gli avvenimenti importanti della città di Roma, come per esempio le elezioni, le deliberazioni del Senato, gli affari relativi alle province, ecc. ma anche molte notizie di assai minore importanza, che riguardavano per la maggior parte le novità del giorno, come i giochi, i sacrifici, gli incendi, o i processi, i matrimoni, i decessi, ecc.

Quanto allo stile e al modo come erano compilati questi giornali, ne abbiamo un modello in una parodia, cioè in una imitazione comica, tramandataci dallo scrittore Petronio: “Oggi, 7 luglio, nel territorio di Cuma sono nati trenta maschi e quaranta femmine, si sono trasportati dall’aia nei granai cinquecentomila moggi di frumento; si sono appaiati cinquecento buoi. Nello stesso giorno è scoppiato un incendio nei giardini pompeiani”, e così via.

Gli acta venivano spediti da Roma in tutte le parti dell’impero, e noi sappiamo che Cicerone, stanto in Asia, leggeva i discorsi tenuti in Roma dal tribuno della plebe Curione. Per quanto riguarda la durata, possiamo dire che gli Acta esistevano ancora negli ultimi anni dell’Impero.

 

 

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