Giuseppe Toniolo
Il cattolicesimo intransigente sventolava la bandiera dell’opposizione allo Stato uscito dal Risorgimento, reo di tener prigioniero il Papa in Vaticano. Pur partecipe di questo ambiente, Giuseppe Toniolo riusciva a dialogare anche coi conciliazionisti, coi cattolici di idee liberaleggianti, con chi guardava alla questione romana in termini meno apocalittici. Cresciuto in un ambiente patriottico, si tenne sempre subordinato alla più severa obbedienza al pontefice, ma fu pure sensibile ad aperture progressiste. Così aderì all’impostazione del pontificato di Leone XIII che si riprometteva di gettarsi alle spalle le rivendicazioni sterili rilanciando la presenza della Chiesa nella società per riconquistarla dal di dentro.
Nel 1885 Leone XIII, con l’enciclica Immortale Dei, aveva messo in evidenza il valore sociale del Vangelo, invitando i cattolici a farsi carico della vita pubblica. Toniolo ne fu entusiasta.
Docente d’economia all’Università di Modena e Reggio Emilia, poi a quella di Pisa, Toniolo era nato a Treviso, in una buona borghesia veneta, e sin da giovane era rimasto colpito dallo sviluppo industriale che pure in Italia si percepiva solo in minima parte. Al contempo però si era accorto da subito degli abusi della borghesia, dei ricchi, degli industriali, era sconfortato dallo stato penoso in cui erano ridotti donne e fanciulli nel mondo del lavoro. Fu sempre lontano dal socialismo e guardò con terrore alla Comune di Parigi che definì “convegno internazionale di tutte le forze distruttive della società per sfruttare la sventura dei vinti e sfidare l’ebbrezza dei vintiroi”. Tuttavia, sotto l’incalzare della questione sociale, si convinse della necessità di soluzioni più radicali: “L’odierna rivoluzione, che ora trapassò negli infimi strati sociali sotto forma di comunismo, non fu per avventura generata dalla scienza pervertita e pervertitrice? E il suo progresso spaventoso non fu incrementato da una borghesia razionalistica ed egoista, che facendo getto di ogni sentimento di cristiana carità, si servì del popolo come di un vile strumento delle proprie cupidigie?”. Si mosse all’interno del riformismo sociale ispirato dal Luzzatti, rivendicando un articolato intervento legislativo che limitasse lo sfruttamento degli adolescenti e incrementasse il sistema educativo, in più il cattolicesimo avrebbe dovuto proiettarsi concretamente sul terreno sociale, i fedeli avrebbero dovuto impegnarsi ad aprire cucine economiche, società di mutuo soccorso e istituti di beneficenza. Un appello cui gli intransigenti dell’Opera dei Congressi, in primis Giambattista Paganuzzi ed il conte Stanislao Medolago Albani, risposero timidamente.
Di propria iniziativa Toniolo istitutì l’Unione cattolica per gli studi sociali, il 29 dicembre 1889, nel Vescovado di Padova, con il patrocinio del vescovo mons. Callegari. Era l’anno in cui cadeva il centenario della Rivoluzione Francese.
L’Unione cattolica per gli studi sociali rispose all’avanzata socialista, culminata nella nascita della Internazionale e del Partito Socialista di Filippo Turati, con un cattolicesimo lontano dall’inutile protesta. Si tenne il primo congresso a Genova e fu fondata la Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliari. Toniolo seguiva Marx, era il capitalismo che aveva condotto alla nascita del proletariato e all’inumano sfurttamento degli operai, ma rovesciava la formula del filosofo tedesco asserendo che causa di ciò era il divorzio dell’economia moderna dall’etica cattolica. A suo parere, già il medioevo aveva una vera e propria economia capitalistica, ma si trattava di un assetto economico in cui i possidenti erano strettamente legati ai processi produttivi e non prevaricavano i lavoratori per tre misure poste dalla Chiesa, cioè la condanna del prestito ad interese, la condanna del monopolio e la limitazione del commercio di speculazione. L’economia moderna invece era la vittoria del capitale che si svincolava dall’etica cattolica. Il socialismo, per Toniolo, non avrebbe risolto il problema, anzi l’avrebbe accentuato distruggendo gli ultimi vincoli sociali, annullando la proprietà privata ed ogni ordine gerarchico. L’alternativa vera era invece la “legge del dovere cristiano”: la proprietà privata non doveva servire solo a soddisfare i bisogni dei possidenti, ma doveva “volgersi a beneficio comune in ispecie dei poveri e nullatenenti”. C’era dunque l’esigenza di una seria azione legislativa, bisognava diffondere la piccola proprietà e la partecipazione degli operai agli utili delle imprese, bisognava combattere speculatori ed usura, diffondere unioni di lavoratori volte alla cooperazione e non allo scontro.
Toniolo dovette fronteggiare tensioni nell’Opera dei Congressi che mal tollerava certe teorie e l’autonomismo delle sue iniziative, tuttavia in Vaticano la sua idea di democrazia cristiana era apertamente sostenuta come unico modo per frenare il socialismo e il capitalismo. Così, alla soppressione dell’Opera dei Congressi, papa Pio X promosse la nascita di un nuovo organismo unitario, l’Unione Popolare, e ne affidò la formazione a Toniolo.
Pio X, ovvero Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia, non reputava affatto troppo radicali le tesi dell’economista trevigiano. Il nuovo papa era intransigente e duro nella repressione del modernismo, ma tollerante sulla partecipazione dei cattolici italiani alla politica. Con l’enciclica Il Fermo Proposito dell’11 giugno 1905 il pontefice allentava le restrizioni del non expedit e invitò i fedeli a perseguire la serie di attività “già lodevolmente spiegata dai cattolici per prepararsi con una buona organizzazione elettorale alla vita amministrativa dei Comuni e dei Consigli provinciali”. Il papa si collegava strettamente alla Rerum novarum, il clero e il laicato dovevano dedicarsi allo studio delle questioni sociali e chiamava al vertice del cattolicesimo organizzato proprio Toniolo.
In verità non fu tutto così roseo. Pio X era ben distante dall’essenza dell’idea di democrazia cristiana, considerava inevitabile la disuguaglianza degli uomini e negava l’utilità dell’intervento statale in favore della carità privata. Toniolo, nel suo epistolario, non nega tutte le volte in cui restò deluso dagli interventi della Santa Sede. Fu molto se, grazie all’istituzione delle Settimane sociali riuscì a mantener vivi i suoi propositi. Nel 1909 si congedò dall’Unione popolare, dedicandosi ai suoi studi in un’Italia che correva verso la Prima Guerra Mondiale, lacerata dalle lotte anticlericali e sindacali e dall’immobilismo della vecchia questione romana.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: D. Sorrentino, Giuseppe Toniolo