Garibaldi conquista Reggio Calabria

Appena sbarcato in Calabria, Garibaldi si mise in cammino coi suoi volontari per agirare le posizioni borboniche. Come sua abitudine, impiegò due intere giornate, quella del 19 e del 20 agosto 1860, in marce e contromarce per indurre l’avversario in errore. Alla fine si diresse verso Reggio, dove attese gli uomini del generale Missori e concertò l’attacco.

Circa dodicimila soldati regi erano concentrati nell’area e avrebbero dovuto avere gioco facile a ricacciarne le camicie rosse, sprovviste di cannoni e cavalli. Non fu così.

Le colonne si misero in marcia e, protette dal silenzio della notte, sorpresero le truppe regie. Le avanguardie di Nino Bixio s’imbatterono nelle vedette del 14° reggimento del colonnello Antonio Dusmet, marchese di Beaullieux, cinquantacinquenne messinese di antiche origini fiamminghe, ed aprirono il fuoco. I comandanti dell’esercito delle Due Sicilie, credendo di avere davanti i soli quattro battaglioni di Bixio, concentrarono le loro forze in un fuoco energico che, da un lato, costrinse Bixio ad una dura prova per tenere il nemico imbrigliato, dall’altro scoprì il fianco al grosso delle camicie rosse guidate da Missori e Garibaldi. Quando infine Bixio ordinò la carica alla baionetta, i borbonici ne furono travolti e ripiegarono in massa nella cittadella, dove erano già arrivati Garibaldi e Missori.

Nella sua avanzata Bixio riuscì a rinchiudere una compagnia nemica nel carcere di San Francesco sottraendole cavalli e due cannoni. Fu una preziosa conquista perchè Garibaldi non ne aveva e con quei pezzi di artiglieria rispose ai cannoni del forte, tenuto dalla guarnigione agli ordini del settantatunenne generale Carlo Gallotti.

I primi scontri si ebbero in piazza San Filippo, solo allora si destò Dusmet che dormiva a Palazzo Ramirez. Scese in strada e fu ferito al ventre, spirando qualche giorno dopo col figlio Francesco, 2° sergente. Anche Nino Bixio fu ferito due volte al braccio e perse il cavallo a baionettate mentre i borbonici, ora guidati dal tenente colonnello Carlo Zattara, si ritirarono tutti nel forte, lasciando sul terreno 50 tra morti. Nel frattempo i rinforzi borbonici del generale Fileno Briganti, abruzzese di 58 anni che nel maggio, durante i combattimenti di Palermo, aveva bombardato la città dal forte di Castellammare, venivano bloccati dal fuoco dei garibaldi, ormai padroni della città.

Briganti commise l’errore di rinunciare alle artiglierie ed inoltre divise le sue forze in tre colonne – le otto compagnie di fucilieri del 1° reggimento di linea le affidò al colonnello Tobia Micheroux, le quattro compagnie scelte del 1° reggimento al maggiore Filippo Ross e le quattro compagnie scelte del 14° di linea al maggiore Gaetano Guccione – assistendo dalla sua carrozza ad un indecoroso fiasco che costò la vita a 200 dei suoi uomini. Tutti i rinforzi si ritirarono, ad esclusione dei soldati di Guccione che sfondarono le linee e si rifugiarono nel forte, mentre Briganti ordinava la ritirata verso Villa San Giovanni.

Le truppe regie nel forte, dopo due ore di accanita lotta e cannoneggiamenti diretti dal capitano Antonio Carrascosa, videro le loro navi – i 7 legni al comando dell’ammiraglio Salazar – non intervenire ma restare al largo. Si scoraggiarono e poco dopo si arresero. Alle ore 16, Gallotti, resosi conto che Briganti l’aveva abbandonato, firmò la resa con l’onore delle armi. Si consegnò coi suoi uomini, le armi, gli animali e le artiglierie ai garibaldini, poi i soldati borbonici furono lasciati liberi di andarsene. Era il 22 agosto, Reggio Calabria era presa.

Il cappellano militare dell’esercito borbonico Giuseppe Buttà fu inclemente con gli alti comandi borbonici. Salvò solo Dusmet, che rifiutò del denaro offertogli dai comitati insurrezionali reggini e volle morire circondato da garibaldini, senza arrendersi, dopo aver visto suo figlio ferito a morte. Descrisse Gallotti come colluso, Briganti come un pavido. Il primo fu messo agli arresti da Francesco II, il secondo fu ucciso dai suoi stessi soldati tre giorni dopo. Quel combattimento costò circa 147 caduti tra i garibaldini e perdite non calcolate tra i borbonici.

Nel frattempo il generale Cosenz, sbarcato anch’egli in Calabria, prendeva il forte di Scilla, imponevano la resa alle forze del Briganti e si congiungeva alle forze di Bixio e Garibaldi mentre i borbonici si ritiravano, cadevano prigionieri, disertavano o passavano al nemico.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: C. Agrati, Da Palermo al Volturno

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