Feste religiose del Sud Italia

L’Italia è terra ricca di storia e folklore, ha conservato celebrazioni antiche e colorate, da sempre unite ai momenti più importanti del mondo contadino e pastorale. Ne indaghiamo alcune caratteristiche delle regioni del Sud.

 

  • Feste religiose in Abruzzo

Le feste religiose in Abruzzo riflettono tutta la ricchezza di storia e tradizioni di questa terra.

In rassegna non possono tacersi le antiche feste di Pasqua, la processione del Cireneo Scalzo nel Giovedì Santo a Lanciano, quella della Sacra Spina a Vasto, la “La Madonna che scappa” di Sulmona, la festa dei Talami di Orsogna, dove palchetti posti su carri con dipinti ed attori girano per le strade cittadine, e la processione della Desolata a Teramo con le donne che portano in spalla la statua lignea della Madonna alla ricerca del figlio condannato a morte. Tuttavia la più originale festa appare Lu Bbonjorne di Pianella. Le sue origini nell’omaggio che i signorotti longobardi esigevano dai loro vassalli e se ne trova traccia nello Statuto di Pianella del 1549. Nel giorno di Pasqua e nella notte precedente al lunedì un gruppo di cantori gira per le vie del paese portando, ai cittadini comuni e alle autorità, un saluto di buongiorno dal contenuto provocatorio ed ironico che a volte ha dato persino luogo a strascichi giudiziari.

L’assunzione di un santo come protettore da parte delle singole comunità è figlia di un processo durato secoli. I santi patroni sono testimoni di una esperienza religiosa antica e collettiva. La loro immagine non è mai inattuale per chi vive un sentimento di devozione poiché viene costantemente riproposta con simboli tradizionali ma ancora leggibili ai giorni nostri. In Abruzzo è il caso del culto di San Domenico a Cocullo, nell’aquilano, e della Festa dei serpari. Il primo maggio la statua del santo,  protettore dal morso dei serpenti, viene portata in processione addobbata con serpentelli variamente aggrovigliati. I rettili sono innocui e vengono raccolti dai serpari nella stagione fredda, durante il letargo. Sono protagonisti gli  antichi serpari. Per l’occasione la statua del santo viene portata in processione addobbata con serpentelli variamente aggrovigliati. I rettili sono innocui e vengono raccolti dai serpari nella stagione fredda, durante il letargo.

In tutto l’Abruzzo ci sono cerimonie rituali che sono state generate dalla mirabile fusione del cristianesimo con elementi del paganesimo pastorale come la Panarda di Villavallelonga, la festa di Sant’Antonio Abate. Un grandioso banchetto dedicato al santo si apre la sera del 16 gennaio e si protrae tutta la notte in una stanza in cui troneggia un altare dedicato al Santo. Quando tutti gli invitati hanno preso posto alla mensa il panardere recita le preghiere e poi dà l’ordine di servire gli ospiti. Nel frattempo nelle piazze ardono alti falò di legna e gruppi di cantori prendono a visitare le case. Tutto si conclude all’alba quando si mette a cuocere nelle cottore l’ultima pietanza tradizionale della festa: le fave da distribuire con la panetta di Sant’Antonio. Al mattino ha inizio la processione che prosegue poi nel pomeriggio con la sfilata di maschere di brutt’ e bell’, i brutti indossano abiti scuri, ricoperti di campanacci e i belli sono vestiti di bianco e portano cappelli ornati di fiori e nastri.

 

  • Feste religiose a Campobasso

Tra le più pittoresche processioni di Campobasso c’è quella del Corpus Domini. La celebrazione di questa solennità è antichissima, ma acquistò una ben precisa identità a partire dal 1740 grazie all’opera di un giovane artigiano di nome Paolo Saverio di Zinno. Egli ideò diciotto “macchine” in grado di sostenere gruppi di persone così da farle apparire come sospese in aria. Queste persone si disponevano in modo da rappresentare scene ispirate alla Bibbia ed alle vite dei santi assicurando un effetto scenico carico di drammaticità e realismo. Da allora la festa va avanti ancora oggi rinnovandosi ogni anno tra l’attenzione di fedeli e turisti di Campobasso.

Altra festa pittoresca è quella che si tiene a Larino tra il 25 ed il 27 maggio di ogni anno. In questi giorni la popolazione è in festa per la celebrazione della Carrese, una festa in onore del patrono San Pardo. Un centinaio di carri agricoli trainati da buoi e riccamente adornati di coperte, drappi, seta e fiori percorrono la città ricordando la tradizione che vuole proprio a Larino fermarsi i buoi del carro con le reliquie di San Pardo nell’842 dopo Cristo.

Ancora vicino a Campobasso, a Jelsi, il 26 luglio di ogni anno, si festeggia Sant’Anna in un modo singolare. La popolazione ricorda come in quel giorno del lontano 1805, uno spaventoso terremoto colpì la cittadina senza provocare danni. Il miracolo fu attribuito alla santa e da allora i fedeli offrono in questa giornata spighe di grano con coloratissime processioni di carri a slitta, le traglie, trainati da imponenti buoi addobbati a festa.

Si tratta di tradizioni spesso dalle lontane origini ma parte straordinaria di un presente vivo che merita di essere conosciuto.

 

  • Feste religiose in Basilicata

La Basilicata, terra ricca di storia e tradizioni, ha saputo trasportare l’antica cultura contadina nel nuovo secolo in feste religiose in cui si ritorna alle radici, ad una umanizzazione della vita comunitaria.

Ci sono riti pagani agresti, singolarissimi, come i “matrimoni fra alberi” che si celebrano nel comune di Accettura, in provincia di Matera, un vero rito propiziatorio che si tiene in onore di San Giuliano il 27 gennaio quando il Maggio, un albero di alto fusto, si unisce ad un agrifoglio, la Cima. E’ un unicum tra le feste della Basilicata.

Ci sono anche spettacolari celebrazioni della Pasqua come la Processione dei Misteri di Salandra, in provincia di Matera. A Barile, in provincia di Potenza, dove la Via Crucis è vissuta con l’organizzazione di quadri viventi che rappresentano episodi della Passione di Cristo. La peculiarità di questa manifestazione è la compresenza di elementi cristiani e profani. Insieme a Maria e Veronica, per esempio partecipa alla processione una zingara che secondo la leggenda procurò i chiodi per la croce di Gesù. Altre presenze singolari sono quella di Malco, l’uomo che avrebbe schiaffeggiato Gesù, e di un Moro, personaggio pagano in contrasto col resto del gruppo di raffiguranti. Si suppone che questi elementi siano stati introdotti dalla comunità albanese insediatasi nella zona verso la fine del XIV secolo.

Religione e storia si uniscono invece a Melfi in un corteo in costume ed una processione in onore dello Spirito Santo, con statue religiose trasportate su carri trainati da buoi, che rievocano la Pasqua del 1528, quando Melfi fu conquistata dai francesi di Lautrec patendo saccheggi e violenze. I melfitani fuggirono sul Monte Vulture e vi restarono fino al giorno della pentecoste quando ottennero la libertà grazie all’esercito di Carlo V.

Queste feste in tutta la Basilicata sono un punto di riferimento imperdibile per chi ha l’opportunità di viverle come momento di forte identificazione per la propria comunità. La loro spettacolarità e la loro unicità esercitano una forte attrazione, il loro fascino è nei colori, nelle musiche, nei canti, nell’evocazione di tempi a noi lontani.

A Matera il carro di cartapesta con la statua di Maria Santissima della Bruna, prima percorre le vie centrali della città, effettuando un tragitto inverso rispetto alla processione della mattina, poi compie tre giri della piazza dove sorge la cattedrale in segno di presa di possesso della città da parte della Protettrice, infine, dopo che la statua è stata posta in Cattedrale, il carro viene lanciato a folle velocità verso Piazza Vittorio Veneto dove è preso poi d’assalto e distrutto dalla folla. Questa festa che si celebra il 2 luglio di ogni anno da più di 600 anni, rispetta un tracciato che ha precise logiche, vengono uniti o separati punti diversi che segnano una geografia spaziale ed assieme mentale.

 

  • La Festa di San Valentino a Vico del Gargano

Sin dal 14 febbraio del 1618 a Vico del Gargano si ripete una particolare processione in onore di San Valentino, patrono del paese.

Nella piccola cittadina in provincia di Foggia, una statua lignea del santo umbro, decapitato nell’anno 273 d.C. per ordine del prefetto romano Placido Furio, viene posta su uno spettacolare trono di arance e portata in corteo.

Nel 1618 arrivò in paese la reliquia del braccio del Santo e i vichesi chiesero protezione per i loro agrumeti dalle tramontane e dalle gelate. Proprio sulle arance infatti si basava l’economia della comunità, orientata alle esportazioni sulle coste dell’Adriatico, ed il maltempo poteva davvero compromettere il raccolto e portare miseria per tante famiglie.

In effetti la coltivazione delle arance ha a Vico del Gargano una storia lunga ed il più antico riferimento storico risale al 1003 quando il normanno Melo, volendo dare dimostrazione al suo popolo della ricchezza produttiva dell’Apulia, inviò in Normandia proprio le arance del Gargano.

Vico del Gargano però aveva un altro patrono. Si trattava di San Norberto, la cui ricorrenza cadeva a giugno. Invocarlo ad aprile sembrava non dare risultati, così i vichesi inviarono una delegazione a Roma per scegliere un nuovo patrono. Si racconta che presso la catacomba dedicata al Santo, uno di loro andò ad urtare proprio il corpo di San Valentino staccandone il braccio, altrove invece si racconta che fu il Santo stesso a fermarli con il braccio. Fatto sta che ritornarono in Puglia con la reliquia, accolti in un tripudio di arance.

Da allora, ogni anno il 14 febbraio, festa degli innamorati, Vico del Gargano si veste a festa con degli ornamenti originali a base di arance. Questi addobbi naturali ed artistici abbelliscono la Collegiata, i vicoli e le piazzette del centro storico. Balconi, finestre, portoni, tutto l’abitato risplende e profuma degli agrumi del Gargano.

In questa circostanza vengono benedette piante e frutti di aranci e limoni. Dopo la processione per le strade del paese, la statua di San Valentino viene condotta fino al poggio del Carmine, sul colle, per benedire i trecento ettari di aranceti circostanti; la tradizione racconta pure che mangiando le arance di Vico del Gargano o bevendone il succo, ci sia la possibilità di coronare il proprio sogno d’amore.

 

  • La desolata di Canosa di Puglia

Il Sabato Santo le vie di Canosa di Puglia sono percorse da centinaia di donne di nero vestite. Il capo coperto da un velo, cantano disperate, urlano di tristezza, piangono come la Madonna per la morte di Gesù: è la Processione della Desolata.

“Desolata” è questo il nome della manifestazione religiosa più sentita a Canosa di Puglia durante la Settimana Santa.

Le donne partono dalla Chiesa dei Santi Francesco e Biagio; la processione si apre con la sfilata di bambini che stringono tra le mani i segni della Passione di Cristo, aprono la strada alla statua della Vergine Desolata ed un antico inno si alza lugubre e maestoso sulle note d’una marcia funebre.

Il testo è tratto dal settecentesco “Inno della Desolata” di Antonio Lotti musicato per banda dal clarinettista Domenico Jannuzzi.

Quello a cui si assiste è una manifestazione di religiosità popolare dai tratti seicenteschi e pregni di carattere controriformistico, costruita con linguaggio, gestualità e forme dirette a trascinare lo spettatore in un coinvolgimento emotivo straziante. La pietà popolare nella religione cristiana ha avuto nei secoli una importanza notevole in quanto è stata l’essenza principale per il rafforzamento della fede. Essa non è altro che la vera espressione dell’anima di un popolo e conduce alla umanizzazione della figura divina.

Questo corteo in passato veniva organizzato e animato dalla Confraternita della Madonna del Rosario ma in seguito al bombardamento del 6 novembre 1943, che distrusse le Chiese di S. Francesco e S. Biagio, la statua della Desolata, di fattura ottocentesca, andò persa e si dovette ricostruire in cartapesta.

Composta nel suo silenzio, sfinita nel suo dolore, la Vergine è ritratta nel momento in cui non è più ritta presso la Croce, quindi addolorata, non è più seduta col Figlio tra le braccia come la ritrae la Pietà. La Desolata di Canosa è colta nell’istante in cui quei pochi che erano con lei sono andati via e si scopre sola. Nello stesso tempo, Ella non è sola perchè è l’unica sulla terra che tiene ancora accesa la fiaccola della fede nella Resurrezione che l’angelo poi comunicherà.

La nutrita folla che segue la processione partecipa profondamente al grande dolore della Madonna. Uno spettacolo imponente di forte impatto visivo ed emozionale che si ripete da secoli. La Desolata diventa così madre di speranza per tutti, vicina a noi, anche quando viviamo la desolazione, la tristezza e la solitudine.

 

  • Feste religiose in Sicilia

Sono numerose e spettacolari le feste religiose in Sicilia. Proviamo a scoprirle.

Leonardo Sciascia nella Corda pazza scriveva che sull’isola di Sicilia le feste erano “tutto”, una esplosione collettiva che sconfina dal perimetro religioso e si muove lungo ampie linee emozionali caratterizzate da una particolare spettacolarizzazione che ha origini pagane.

E’ il caso, per esempio, della Festa della Madonna della Lettera, patrona di Messina, che si celebra ad agosto. Essa è tra le feste più strane della Sicilia. In tale circostanza, infatti, i vastasi portano in giro, accanto alla Madonna, una coppia di giganti a cavallo abbigliati in foggia guerriera con scudi ed elmi, sono Mata e Grifono che si fanno sfilare per la città in una coreografia le cui origini rimangono oscure. Grande spettacolarizzazione si ha pure alla Festa di Santa Fortunata a Baucina ed a Modica, in provincia di Ragusa, in occasione della Festa di San Giorgio quando la statua del patrono della cittadina, normalmente custodita nella Cattedrale, viene portata in spalle dai sangiorgiari, vestiti di rosso, per le vie e le piazze del centro storico tra la folla in tripudio. Colorata e vivace è anche la Processione dei Misteri di Trapani con settantanove pregevoli statue realizzate tra Seicento e Settecento che sfilano sulle spalle di Maestranza cittadine secondo un preciso ordine corporativistico.

Come non citare poi le due feste più note di Sicilia, quella di Sant’Agata e quella di Santa Rosalia.

La Festa di Sant’Agata a Catania si svolge dal 3 al 5 febbraio ed il 17 agosto. Il fercolo della santa, la vara, portato in processione anche durante la notte, si muove su ruote in gomma piena e viene trainato tramite due cordoni, lunghi più di duecento metri, da migliaia di devoti che vestono un saio di cotone bianco. Undici pesanti candelore, in rappresentanza delle corporazioni di arti e mestieri, precedono la bara.

U Fistinu di Santa Rosalia si svolge nel mese di luglio a Palermo ed è sicuramente tra le feste più sentite della Sicilia. Le origini della devozione nei confronti della santa risalgono al lontano 1624 con la città colpita da una terribile pestilenza. Fu allora che Santa Rosalia apparve a un cacciatore smarritosi sul monte Pellegrino e gli indicò il luogo in cui si conservavano i suoi resti mortali, precisamente in una spelonca della serra Quisquina. Le reliquie furono trovate incastonate nella roccia della caverna dove la santa aveva trascorso in preghiera e in solitudine gli ultimi anni della sua vita, prima di morire il 4 settembre del 1160. Il suo corpo fu trasportato per le vie cittadine e, al suo passaggio, miracolosamente i mali dileguavano. Alcuni giorni dopo la scoperta del suo corpo venne trovata nella grotta un’iscrizione, attribuita alla santa sessa, nella quale si dice figlia del duca Sinibaldo, vissuto al tempo di Ruggero II. Nei giorni della festa Palermo assume le sembianze di un enorme teatro naturale, la processione del 15 luglio si snoda tra le vie cittadine, partendo dalla cattedrale, dove sono custodite le reliquie, per arrivare fino al Foro Italico e poi tornare in chiesa. Un carro enorme alto circa dodici metri con in cima la statua della santa viene condotto lungo il percorso. La festa culmina in un grande spettacolo di fuochi d’artificio.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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