Federico II, siciliano o tedesco?
Il 25 dicembre del 1194, Enrico VI di Svevia cinse la corona di Sicilia. Il giorno dopo nacque suo figlio Federico II. L’imperatore festeggiò l’evento con un bagno di sangue. Nel giro di tre anni scatenò una feroce repressione contro gli oppositori che portò alla scomparsa di gran parte della nobiltà normanna. Quanto Federico ereditò del temperamento paterno? Diversi commentatori sino ai giorni nostri si son chiesti se fu più siciliano o più tedesco, più normanno o più svevo.
Indubbiamente con gli svevi si riaprì il conflitto tra imperium e sacerdotium in Sicilia. L’equilibrio raggiunto era chiaro: la Chiesa, data la spada materiale ai principi, impegnava questi ultimi a vibrarla ad nutum sacerdotum, al solo cenno dei sacerdoti. La sovranità normanna trovava quindi la sua legittimità nella qualità di traduzione temporale di un ordinamento trascendente che faceva del re un legis lator (portatore di leggi), la cui azione era concepita come strumento necessario allo stesso senso escatologico della creazione e alla concezione della storia come storia salvifica.
Questo rapporto di equilibrio tra regnum e sacerdotium consolidatosi con Ruggero II e i suoi successori, si incrinò solo con gli svevi, in particolare quando Federico II rispose con durezza alle scomuniche di Roma: “Si lascia dir la messa; solo per non provocare scandali, e per mostrare che la potestà sovrana venga da Dio direttamente, in Gerusalemme s’incorona re di Terra Santa senza funzioni religiose e da sé stesso; obbliga il clero ad officiare, sotto pena di privazione dei benefici ed anco di perdita dei loro beni patrimoniali a favore degli eredi, espelle e punisce i più zelanti; intima ai sudditi di tornare nel regno, massime a quelli che si trovino in Roma; scrive ai superiori esteri che richiamino al dovere i sudditi, i monaci e i frati dei suoi dominii; espelle i francescani e i domenicani siccome riottosi; cura che non s’introducano carte estere né se ne mandino a Roma, punendo con morte crudele i trasgressori” (F. Scaduto, Stato e Chiesa nelle Due Sicilie). Ma nelle consolidate accezioni giuridiche della monarchia siciliana, qualsiasi rivolta politica non poteva che divenire al contempo eresia. L’aspirazione a sovvertire l’ordine rimetteva, infatti, il postulato dell’autorità entro i confini della dialettica storica.
Federico II ruppe con le tradizioni siciliane e in questo fu assolutamente tedesco e svevo. Tuttavia ciò non esaurì la sua personalità.
Antonio De Stefano in L’idea imperiale di Federico II così commenta: “Mi sembra ozioso ricercar sino a che punto Federico si dimostrasse, nello spirito e nell’azione, siciliano o italiano o tedesco… Certo è che Federico portava nelle vene il sangue di due razze diverse e magnifiche e che le qualità dell’una e dell’altra vennero in qualche modo a confluire, a fondersi e ad equilibrarsi in lui. Non è azzardato dire che dalla “divina” sua madre Costanza, una normanna ormai completamente sicilianizzata, egli derivasse oltre che l’affetto per la Sicilia, ove egli trascorse i tristissimi ma indimenticabili anni della sua fanciullezza, l’amore per la poesia e per le arti, la passione per la cultura e per le scienze. Ma più che di sua madre Costanza e di suo padre Enrico, Federico II riproduce le qualità essenziali dei grandissimi suoi avi, paterno e materno, di Federico I e di Ruggiero II, i cui nomi egli ricevette insieme nel suo battesimo. I due nomi più gloriosi del XII secolo, nomi di guerrieri e statisti di grande stile, di due possenti creatori di storia. Noi osserviamo in Federico la sete inestinguibile di un dominio universale, la coscienza della dignità imperiale che caratterizzano il Barbarossa, e vi ritroviamo insieme quella prodigiosa capacità organizzatrice e amministrativa, quella avidità di sapere e di godere che fanno il genio di Ruggero II. Federico ci appare impetuoso, passionale, colmo di una sconfinata avidità di dominio, astuto e talvolta crudele come il suo avo germanico, e nello stesso tempo, prudente, misurato, accorto, calcolatore, tollerante come il suo avo normanno; dotato come il primo, e come lo stesso suo padre, di felici attitudini politiche, e come il secondo, di un meraviglioso talento scientifico. Tutte queste qualità, che portano l’impronta germanica o quella normanna, si amalgamano in lui e si compenetrano così da apparire originali e fare di Federico, se non il più grande, certo il più geniale, di tutti gli imperatori medievali e la individualità più ricca e versatile del suo tempo, pur così pieno di possenti e vaste personalità”.
Autore articolo: Anglelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete