Ezzelino, il “terror Italiae”
“E quella fronte che ha il pel così nero, / E’ Azzolino”, scrisse il Sommo Poeta d’una delle figure più interessamti e spietate del Duecento, così feroce ed impietosa da affiancarsi come “terror Italiae” allo “stupor mundi”. Ezzelino III da Romano, conquistò la Marca Trevigiana con undici anni di sangue, il sacco di Vicenza, l’assassinio di Vado e Jacopo di Carrara, di Battista della Porta, di oppositori e loro familiari. Sostenne Federico II e ne sposò la figlia, poi, isolato e senza vie di fuga fu inseguito e sconfitto da Martino della Torre, capo dei guelfi di Milano.
Le sue origini erano germaniche. Nel 1026, Corrado il Salico valicò le Alpi e venne a farsi ungere imperatore. Al suo seguito, un signore svevo di nome Etzel fu così colpito dal clima italiano dal voler restarvi come vassallo dell’Imperatore, ottenne allora Onara, poi Romano, nella Marca Trevigiana, e, infine, fu investito dal Vescovo di Vicenza anche di Bassano. Suo nipote Ezzelino il Balbo seguì Corrado III e Luigi VII alla seconda crociata ed al ritorno continuo a combattere, prima con Federico Barbarossa, poi contro, capeggiando con Anselmo da Dovara la Lega Lombarda. Ezzelino II, figlio del Balbo, col terzo matrimonio assunse la contea di Baone inimicandosi i Camposampieri. Scacciato dai guelfi di Vicenza, riammesso sotto Ottone IV ed eletto podestà di quella città, quando il pontefice Innocenzo III si fece sostenitore di Federico II, Ezzelino non se la sentì di affrontare la nuova guerra che divampò nella Marca trevigiana e si fece monaco benedettino. La spada la impugnarono i suoi figli Ezzelino III ed Alberico.
Ricchi, temuti, abili nella guerra e ghibellini, i due si scagliarono contro i nemici paterni ed il partito guelfo. Ezzelino III ebbe l’appoggio dei Salinguerri di Ferrara, a loro volta sostenitori dei Montecchi di Verona contro i San Bonifacio, guelfi sostenuti dai marchesi d’Este. Nel 1227, Ezzelino III vi si presentò con un imponente esercito. L’aveva convocato a Bassano, aveva poi risalito il Brenta, attraversato la Valle d’Adige e disceso la Val Camonica piombando inaspettatamente su Verona, scacciandone i guelfi e facendosene podestà. Soccorse poi suo fratello Alberico facendone il podestà di Vicenza e voltò poi le sue ambizioni su Padova, le si avvicinò nel 1228 occupando Feltre e Belluno, mentre i padovani si univano al patriarca d’Aquileia ed Azzo VII, marchese d’Este, portandosi, con la loro armata, sino sotto le mura di Treviso. La guerra non ci fu, s’interpose la Lega Lombarda e due anni dopo Verona era ritornata guelfa. La guerra tornò presto. Ezzelino e Salinguerra ordirono coi Montecchi una sollevazione, il conte di San Bonifacio fu preso, i guelfi espulsi, il Salinguerra ne divenne podestà mentre padovani e estensi s’affrettarono a riarmarsi. Intervennero ancora i rettori della Lega Lombarda per far rilasciare il conte e concludere una tregua tra lui e i Montecchi. Fu l’Imperatore Federico II a ridare manforte ai ghibellini della Marca Trevigiana.
Gli imperiali si impadronirono di Vicenza, Ezzelino di Padova e Treviso, mentre Salinguerra rientrava a Ferrara e Mantova, atterrita, s’assoggettava a Federico II. Lo Svevo, vittorioso a Cortenuova contro la Lega Lombarda, puntò su Brescia ma non riuscìa prenderla, nel mentre Azzo VII provò a liberare Padova ma Ezzelino uscì dalla città mettendolo in fuga e, senza dargli tregua, lo inseguì e mise a ferro e fuoco i suoi territori sino a togliergli Este e a costringerlo a ritirarsi a Rovigo.
Nel 1239 Gregorio IX scomunicò Federico II. Questi s’incattivì contro i sostenitori del pontefice e esigette dal marchese d’Este suo figlio Rinaldo con la moglie, come ostaggi. La donna, era Adelasia, nipote di Ezzelino perchè figlia di Alberico e quando questi lo seppe si prese Treviso. Azzo VII ne approfittò per riprendersi Este e, coi suoi alleati guelfi, assediò Ferrara spedendo poi Salinguerra prigioniero a Venezia.
Una scomunica arrivò anche per Ezzelino III, per volere di papa Innocenzo IV. Ezzelino, che aveva sposato Selvaggia, una figlia illegittima di Federico II, riprese la sua guerra contro gli Este, tolse loro Montagnana, poi Feltre e Belluno ai da Camino, mentre Federico II, dopo il fallito assedio di Brescia, conosceva un nuovo disastro all’assedio di Parma, salvandosi a stento dalla furia degli assediati, usciti ad aggredirlo.
L’improvvisa scomparsa di Federico II, avvenuta nel 1250, indebolì politicamente Ezzelino III, che finì isolato. Padova fu persa, catturata da un’armata crociata radunata a Venezia da Alessandro IV, nel 1256. Ezzelino allora occupò Brescia e tentò pure l’assedio di Milano. Sarebbe stato un gran colpo ma non riuscì ad aver ragione delle difese ambrosiane. Il tempo speso in quella fallita impresa gli costò caro: si ritrovò accerchiato e retrocedè sino a Vimercate per poi tentare la fuga su Cassano d’Adda. Guidò il disperato cammino ma, preceduto dal nemico, una freccia gli si conficcò nel piede. Ferito, riuscì a trovar scampo passando l’Adda a Vaprio, il giorno dopo, avviandosi poi verso Bergamo.
Le forze nemiche l’incalzarono e finì preso. Era il 30 settembre del 1259. Fu portato a Soncino in catene. Dopo unidici giorni morì quello che l’epitaffio avrebbe poi indicato come “Terror Italiae”. L’ultimo degli Ezzelini, quell’Alberico che s’era ribellato a Federico II, era talmente odiato che dovette fuggire. I trevigiani, con l’aiuto di veneziani, padovani e vicentini, lo assediarono nel castello di San Zenone, tra Asolo e Bassano, con sua moglie ed i loro sei figli. Furono tutti presi e fatti a pezzi.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: C. Cantù, Ezzelino da Romano; F. Grossi, Istoria di Ezzelino