Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica
Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica Italiana, nacque a Napoli il 9 novembre del 1877. Illustre penalista, visse e morì a Torre del Greco, cittadina a cui fu sempre molto legato. La piccola villa di Via Tironi, fu per lui una sorta di isola felice in cui riparare dal frastuono della politica nazionale.
Grande amico di Benedetto Croce, De Nicola si ritrovò a ricoprire la più importante carica dell’Italia repubblicana inaspettatamente. Il suo nome, sconosciuto ai suoi stessi concittadini, emerse dalla diatriba politica tra i democristiani, a caccia di un presidente moderato, i socialisti, ostili ad una figura monarchica, ed i comunisti, impegnati ad ostacolare gli uomini del vecchio regime. Perchè allora puntare su De Nicola? Deputato liberale dal 1909, Sottosegretario di Stato per le Colonie, Presidente della Camera nel 1920, unitosi ai fascisti e poi dimessosi alla vigilia delle elezioni e nuovamente da deputato, De Nicola non diede mai l’adesione al fascismo però era stato tollerato dal regime che lo aveva pure nominato senatore nel 1929 e gli aveva permesso di svolgere la sua professione di avvocato. Insomma, era un uomo fidato per i conservatori, pure sufficientemente distante dal regime passato, soprattutto monarchico moderato, ideale per gestire il passaggio alla Repubblica. Sul suo nome confluirono dunque i consensi dei tre partiti di massa.
Seguì personalmente i lavori della Costituente dando grandi prove di consumata esperienza giuridica, firmò la Costituzione e si distinse sempre per la rigorosa imparzialità che, associata ad un grande garbo, lo rendeva per tutti Don Nicola. Si ricordi il singolare aneddoto che apri gli occhi a molti bacchettoni dei suoi tempi quando accolse il comunista Terracini e la sua compagna, una donna già sposata, a Palazzo Giustiniani quando il Partito Comunista stesso maltollerava quella unione.
Palazzo Giustiniani sì e non il Quirinale perchè non vi si volle mai trasferire in quella che era stata la residenza ufficiale del Re . Si deve a De Nicola la proposta di affidare la luogotenenza del regno a Umberto di Savoia, fu proprio lui a comunicarlo a Vittorio Emanuele III già riparato a Ravello. La geniale idea di fatti assicuro all’Italia stabilità e dette ancora un nuovo volto, menco compromesso col fascismo, alla monarchia che evitava (ancora per poco) l’abdicazione.
Descrisse così l’incontro con il sovrano: “In una gelida e tempestosa mattina del febbraio 1944 mi avviai, solo, in automobile, a Ravello, attraverso strade e curve che non sono le attuali.… Io non lo vedevo [Il Re] dal 1924, cioè dall’anno in cui avevo lasciato prima per lo scioglimento della Camera – la carica di presidente dell’Assemblea e poi la vita politica. Fu cortesissimo : ci salutammo dopo vent’anni – come se ci fossimo lasciati il giorno precedente. In automobile durante il lungo e malagevole percorso – avevo meditato sul modo come affrontare la questione senza provocare reazioni o proteste. E subito dissi: “Maestà, noi studiosi di diritto penale sappiamo che vi è una particolare forma di responsabilità: la responsabilità obiettiva, cioè responsabilità anche senza atto e senza colpa; i sovrani hanno molte responsabilità obiettive, fra le quali questa: il sovrano che dichiara una guerra e la perde deve lasciare il trono: da Napoleone I a Napoleone III, dagli Asburgo agli Hohenzollern, per citare i più importanti precedenti storici”. Illustrai, dopo ciò, la proposta della luogotenenza. Il Re non rispondeva mai in modo preciso. Divagava. Era la sua prassi costante, giustificata dal suo posto dalle sue responsabilità, di fronte alle questioni più gravi: e gli riusciva facile attuarla, perché aveva una memoria ferrea: a lui si adattava l’insegnamento: “Scire est reminiscere”. Dopo quattro ore di fervente colloquio, il Re chiamò il duca Acquarone, ministro della Casa Reale, che si trovava in una camera attigua, e gli riferì la mia proposta, senza svelare il suo pensiero, che restava sempre inespresso”. Pietro d’Acquarone consigliò al sovrano di non esitare un istante ed il Re allora dichiarò di accettare la luogotenenza, indicando che essa sarebbe stata assunta dal figlio Umberto (A. Giacone, Enrico De Nicola e la transizione istituzionale).
Per mesi De Gasperi e Andreotti tenteranno di convincerlo a firmare il decreto che gli attribuisce l’appannaggio presidenziale, ma invano: De Nicola, quasi povero, rifiutò l’assegno dei capi di stato. Caparbio, di morale rigorosa ed austera, ancora lo si ricordava giungere alla cerimonia di insediamento con due ore di ritardo presentandosi davanti alla Guardia dei Corazzieri da solo al volante di una surriscaldata Fiat 1100 nera.
Niente affatto cedevole, non fu per i partiti un presidente di comodo, nè un uomo attaccato alla poltrona così la sua carriera fu costellata di rotture e dimissioni. Eletto Presidente della Repubblica il 1 gennaio del 1948, si dimise già il 12 maggio di quell’anno non condividendo la fine della collaborazione tra DC e sinistre; Senatore a vita in qualità di ex Presidente della Repubblica, fu eletto Presidente del Senato il 28 aprile del 1951 per dimettersi il 24 giugno del 1952 in polemica con il superamento del proporzionale della Legge Truffa; eletto Presidente della Corte Costituzionale il 23 gennaio 1956, si dimise il 26 marzo 1957 in seguito ad un conflitto concernente le attribuzioni in materia di giurisdizione costituzionale attribuita all’Alta Corte per la Sicilia (A. Jelardi, Enrico de Nicola. Il presidente galantuomo).
Si spense il 1 ottobre del 1959 nella sua villa a Torre del Greco ad 82 anni.
Autore articolo: Angelo D’Ambra