E il telegrafo ottico arrivò in Italia
In pieno periodo napoleonico, il telegrafo ottico conquista l’Italia da Nord a Sud.
Sul finire del Settecento, nella Francia rivoluzionaria, un’invenzione è destinata a cambiare le comunicazioni: un sistema ottico incentrato su strumenti comuni e linguaggio cifrato, il telegrafo ottico.
Chissà se il giovane seminarista francese Claude Chappe ebbe consapevolezza della grandezza della sua trovata. Forse non dall’inizio.
Chappe, volendo corrispondere giornalmente con i suoi due fratelli, ideò un sistema di segnali fatti con le differenti posizioni di una riga oscillante in una pertica verticale. Grazie ad un cannocchiale, i tre fratelli, posti in posizioni sopraelevate, riuscivano a corrispondere fra loro nonostante fossero distanti più di una lega l’uno dall’altro. Batava loro osservare le differenti posizioni che assumeva la riga, ciascuna aveva un significato.
Questo sorprendente sistema, chiamato dapprima tachigrafo, fu codificato nel 1791 in una serie di esperimenti e già nel 1793 fu adottato dalla Convenzione come mezzo di trasmissione nazionale.
L’ingegno di Napoleone ripensò il suo uso, sperimentato sulle due linee telegrafiche Parigi-Lilla e Parigi-Landau, in funzione militare ed ordinò l’istallazione di una serie di stazioni telegrafiche mobili sui campi di battaglia che vedevano protagonisti i francesi.
Fu così che il telegrafo ottico arrivò anche in Italia.
I lavori del genio militare francese, inaugurati nel marzo del 1807, portarono alla realizzazione di una prima tratta da Parigi a Torino, estesa poi sino a Milano e alla Liguria.
Provenendo dalla capitale francese, attraverso Lione, il collegamento si attestava a Termignon e a Lansleburg, raggiungeva dieci stazioni, fra le quali si annoverano Mompantero, Frassinere, San Michele, Buttigliera, Rivoli e Grugliasco, e si fermava a Torino. Da qui la linea telegrafica saliva a Superga per proseguire attraverso il Monferrato, scendere verso il Po e continuare sino a Milano con successive diramazioni verso Parma, Piacenza, Genova, dove si battezzava Punta Chiappa in onore dell’inventore, e La Spezia. A distanza di due anni un nuovo tracciato da Milano, attraverso le alture del Bergamasco e del Bresciano, portava il telegrafo sino a Mantova e Venezia.
Successivamente, fra il 1810 e il 1812, da Venezia la linea venne diramata lungo la costa adriatica verso Trieste e nelle Romagne e le Marche. L’utilità di simili telegrafi per proteggere le proprie coste fu inoltre avvertita nel Regno di Napoli dove Gioacchino Murat adeguò alla telegrafia ottica le circa 400 torri semaforiche di guardia costiere risalenti al Cinquecento. Tuttavia, passata la ventata napoleonica, gran parte delle postazioni italiane fu di fatti demolita.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia:
U. Cavina, L’arma segreta di Napoleone: la “telegrafia” di Chappe
Frasca, Il telegrafo ottico dalla Rivoluzione Francese alla Guerra di Crimea
Buongiorno, vorrei suggerire di correggere l’articolo a proposito della rete ottica napoleonica in Italia, in particolare per ciò che attiene le Due Sicilie. IL telegrafo Chappe non scese mai a Sud di Venezia, la parte continentale del regno delle Due Sicilie, occupata dai francesi, vide l’installazione della rete ottica costiera degli apparecchi semaforici tipo Depillon-Jacob. Tale rete si estese dal mare del Nord sino all’Albania, passando per le coste italiane con lo scopo di controllare il traffico marittimo a seguito del blocco continentale imposto da Napoleone alle merci inglesi. Nelle Due Sicilie tale rete ottica costiera ebbe anche lo scopo di sorvegliare i litorali per le continue incursioni delle unità navali anglo-borboniche, e lungo la costa calabra fu utilizzata per la preparazione del fallito tentativo di sbarco in Sicilia del 1810. Con la fine di Napoleone e dell’occupazione francese dell’Italia, la rete ottica costiera nella Due Sicilie fu conservata ed, anzi, incrementata. Con l’unità d’Italia, la rete meridionale fu prima smantellata e poi ricostituita dopo la sconfitta navale di Lissa. La rete semaforica italiana, come quella inglese, ha continuato, con gli ovvi aggiornamenti, il proprio servizio sino al termine della seconda guerra mondiale.