Domenico Millelire e la difesa dell’Isola della Maddalena

Quella che segue è la storia poco nota del sottufficiale Domenico Millelire nella difesa dell’Isola della Maddalena. Millelire fu la prima medaglia d’oro al valor militare delle Forze Armate italiane. Testo tratto da Gaetano Polver, Marinai d’Italia.

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Il mattino del 3 febbraio 1793 i Franco-Corsi, occuparono la torre dell’isola di Santo Stefano, vicina alla Maddalena, dopo aver vinto con qualche difficoltà la resistenza dei difensori che, nel giorno precedente, avevano anche tentato di disturbare lo sbarco delle truppe. Buona parte si dava subito a montare nel luogo detto la Puntarella, di fronte all’abitato di Maddalena, una batteria costituita da un mortaio d’assedio e da alcuni cannoni, e, nella notte dal 23 al 24, cominciava il fuoco con bombe e palle arroventate contro i forti e l’abitato di Maddalena ed i legni sardi ancorati a Cala Gavetta. I quali, trovandosi troppo esposti e in pericolo di essere incendiati, venivano condotti in una insenatura sotto il forte di Sant’Andrea, e, il giorno dopo, al passo detto della Moneta. Sempre nella stessa notte il comando della difesa di Maddalena fece caricare il più grosso cannone da 15 della batteria Balbiaro su di un lancione al comando del nocchiero Domenico Millelire, il quale, subito, si trasferiva a Punta Tegge, col capo cannoniere Maurano e la forgia per arroventare le palle. Montatolo in batteria sotto quegli scogli, e durante la pioggia dirotta di quella notte, all’alba del 23 cominciava a bombardare a palle infuccate contro la fregata nemica, la quale si ebbe di primo tratto un uomo morto, uno ferito e molti danneggiamenti, e colpita da quattro tiri. Fu costretta, perciò, a salpare ben due volte per mutare ancoraggio ed a riparare in luogo meno rischioso verso la Sardegna. Donde si diede a cannoneggiare la Torre dell’Isola di Santo Stefano, che ancora resisteva, facilitandone l’occupazione alle truppe franco-corse ivi sbarcate il giorno precedente.
Ma, anche qui non potendo sostenersi, perchè bersagliato assieme al convoglio dal fuoco incessante del cannone di Domenico Millelire, abbandonate sul luogo tre ancore, richiamò tutte le navi, dando fondo assieme alle stesse, alle due del pomeriggio, nella Cala di Villa Marina a Santo Stefano, ciò che, come ha lasciato scritto Domenico Millelire, apprese ai sardi la resa di detta Torre nemica. Frattanto Buonaparte continuava a tirare senza posa sui forti e sull’abitato di Maddalena, puntando sovente egli stesso i suoi cannoni e dirigendo da sè il suo mortaio. Le condizioni della difesa della Maddalena si facevano sempre più difficili per l’attività nemica, per il fuoco incessante di Napoleone e per la penuria dei viveri. Alle Tegge Domenico Millelire non abbandonava la presa e proseguendo nell’intento di non dar tregua al nemico, che aveva unica base di operazione nel corpo sbarcato a Santo Stefano, concepì l’ardito disegno di montare una batteria sul litorale della Sardegna per battere il convoglio francese riparato a Cala Marina. Ottenuti due cannoni prelevati dai forti e caricatili col pezzo da 15 su suo lancione, durante la notte, scortato dalla galeotta « la Sultana » comandata dal timoniere Cesare Zonza, approdò con sei uomini e il capo cannoniere Mauran ed il marinaro Alibertini addetto alla forgia, al luogo detto « Lu Veciu Marina » presso il Palao, litorale della Sardegna, riuscendo, con l’aiuto di alcuni pastori sardi, non solo a mettere in batteria per l’alba, a Punta Nera, i suoi cannoni, ma anche di arroventare le palle, aprendo un fuoco infernale contro le navi nemiche, che furono costrette a sottrarsi, tentando invano uno sbarco nell’isola di Caprera, dove i legni francesi venivano sorpresi dai tiri di una nuova batteria di due cannoni, montata nella notte dal Millelire allo Stentinno di Capo d’Orso.
Impressionato da questo fuoco che provocò a bordo morti e feriti l’equipaggio nemico si ammutinò, chiedendo che si togliessero le navi dalla pericolosa situazione, e di veleggiare verso la Corsica.
Buonaparte, invece, nella speranza di una prossima resa, moltiplicava i suoi tiri contro la Maddalena, cui rispondevano i forti sardi.
Domenico Millelire col suo lancione, armato del cannone di Punta Tegge, che gli aveva ben servito anche a Punta Nera e allo Stentino, a guisa di cannoniera e quindici uomini d’equipaggio, s’instradava sotto la protezione delle sue batterie, affidate al capo cannoniere Mauran, verso l’isola di Santo Stefano cannoneggiando la fregata ed il convoglio nemico. Lo metteva in disordine, mentre il Mauran batteva da terra; e, lasciati avvicinare i due feluconi usciti dal porto di Santo Stefano per attaccarlo, al primo colpo di cannone troncava ad essi l’albero e l’antenna di maestra, obbligandoli a ripiegare verso la fregata senza più rientrare in porto, per unirsi al resto del convoglio. Continuando poi il suo cammino, sbarcava a Santo Stefano e con un rinforzo di sardi, e forse anche prima di esso, assaliva le posizioni dei Francesi obbligan doli a salvarsi colla fuga, ed a lasciare nelle sue mani, con alcuni prigionieri, il mortaio d’assedio ed i cannoni dei quali due già caricati su di un carro, i tre cannoni della Torre, e le tre ancore a mare, vari oggetti e un quadrante per la punteria dei cannoni ideato e adoperato da Napoleone, oggetto che si conserva ora nel museo navale di Spezia.
Nella notte Millelire s’imbarcò, nuovamente, sulla sua scialuppa cannoniera e inseguì nella notte le navi nemiche sparando ancora alcune cannonate. Con regio decreto 6 aprile 1793 gli fu concessa lame daglia d’oro al valor militare: « Per avere ripreso al nemico l’isola di Santo Stefano (Maddalena) e per la valorosa difesa dell’isola della Maddalena contro gli attacchi della squadra navale della Repubblica Francese ». Di venne, poi, luogotenente di vascello nella Reale Marina Sarda.

 

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