Cesare d’Este, duca di Modena

Il 28 gennaio del 1598, Cesare d’Este lasciò l’antica capitale dei domini estensi. Raggiunse gli stati di Reggio e Modena, senza mai più rimettere piede a Ferrara. Trent’anni prima, la bolla Prohibitio Alienandi et Infeudandi di Pio V aveva negato ai figli illegittimi l’investitura dei feudi ecclesiastici. L’atto sembrava fatto apposta per recuperare allo Stato Pontificio la splendida Ferrara, vecchio feudo papale, governata da Alfonso II d’Este che, senza figli, aveva nominato come suo erede Cesare, un cugino del duca in quanto figlio di Alfonso, marchese di Montecchio, nato nel 1527 dalla relazione tra il duca Alfonso I e l’amante Laura Eustochia.

Due giorni dopo la morte di Alfonso II, il 29 ottobre del 1597, il trentacinquenne Cesare fu proclamato nuovo duca mentre Papa Clemente VIII s’apprestava a convocare la congregazione dei cardinali che avrebbe dichiarato Ferrara di pertinenza della Chiesa. Il pontefice armò un esercito sotto la guida del cardinale Pietro Aldobrandini, suo nipote, e scomunicò l’Este che voleva tenere per sé il ducato.

Il Duca poteva ben poco, i denari del tesoro erano andati dilapidati nella guerra contro i turchi in cambio della quale Alfonso II aveva tentato di ottenere il ritiro della bolla da Papa Gregorio XIV. Rivolte a favore del pontefice si ebbero a Cento, Bondeno e Comacchio ed il vecchio amico, Vincenzo Gonzaga, ora Duca di Mantova, lo tradiva insidiandogli Brescello. Nella stessa Ferrara si accrebbe di sostenitori un partito papalino capeggiato niente di meno che da Lucrezia d’Este, sorella di Alfonso II, che per ragioni di stato era stata costretta a sposare il Duca di Urbino, Francesco Maria della Rovere, da cui fu poi ripudiata. Lucrezia, tornata a Ferrara, s’era vista assassinare il suo amante, Ercole Contrari, capitano dei cavalleggeri della Guardia Ducale, da emissari del fratello. La donna, dunque, nutriva grande astio verso l’erede designato che invece, ignaro di tutto, affidò proprio a lei le trattative con Pietro Aldobrandini, nipote del papa alla guida dei venticinquemila uomini dell’esercito pontificio.

Al principio del 1598, le milizie si raccolsero a Faenza ed intrapresero la loro marcia nei territori ferraresi, ma non ci fu bisogno di dar battaglia perché Cesare, vistosi isolato, abbandonò presto i suoi propositi. L’ex Duchessa di Urbino si vendicò così della sua famiglia firmando la Convenzione Faentina già il 12 gennaio 1598, una cessione di Ferrara al Papa aggiungendovi, senza imposizioni, altre località romagnole e togliendo a Cesare lo sbocco sul mare e metà delle artiglierie estensi. Pure i beni privati, le opere d’arte, i palazzi e le ville finirono all’Aldobrandini che fu persino nominato erede di Lucrezia. Il cardinale ottenne anche Palazzo Estense sul Canal Grande a Venezia. Perduta Ferrara e impoverito nei suoi possessi, a Cesare d’Este non restò che spostare la sua residenza a Modena, che con Reggio fu confermata suo possedimento dall’imperatore Rodolfo. Alloggiò nel locale castello, vecchio ed angusto, accompagnato da una corte fedele ma riluttante a trasferirsi, mentre suo figlio Alfonso fu consegnato come ostaggio al legato pontificio. Con la bolla Sanctissimus del 19 gennaio 1598 Clemente VIII dichiarò formalmente che il ducato di Ferrara era tornato alla Santa Sede: “Partitosi adunque Cesare da Ferrara, il Cardinale Pietro Aldobrandini vi faceva, il 21 gennaio, solenne ingresso, e ne pigliava pacifica possessione, ricevendo dai cittadini il giuramento di fedeltà, vassallaggio e ligio omaggio alla S. Sede; e nel seguente maggio, lo stesso Clemente VIII, recatosi a visitare la recente conquista, ed ivi soffermatosi fino al cadere del novembre, colla sua magnificenza e liberalità, e coi privilegi ed onori conceduti ai Ferraresi, conciliavasi l’amore de’ nuovi sudditi. Che se tra questi vi fu chi rimpiangesse il perduto lustro della Capitale e gli splendori famosi della Corte Estense (troppo celebrata del resto dall’adulazione dei poeti); la maggioranza non dimeno del popolo e ancor della nobiltà trovarono a tal perdita largo compenso nella paterna mitezza del nuovo governo; sopratutto paragonandola al duro reggimento, onde per quasi 40 anni aveali oppressi l’ultimo Duca Alfonso II, nel quale correva una larga vena degli antichi tiranni. Laonde i Ferraresi, siccome si furono allora con pronta devozione soggettati al l’immediata signoria di Clemente, cosi durarono poscia fedelissimi a’ suoi successori” (G. Brunengo, I destini di Roma).

Intanto all’ingresso del Duca a Modena le cronache registrarono una città festante. Seguivano Cesare cinquemila fanti e  mille cavalieri che la folla salutava orgogliosa. In carrozza con lui c’era pure sua moglie, Virginia de’ Medici, figlia di Cosimo I, da tempo afflitta da una grave malattia. Fu una giornata perfetta ma fu evidente pure quante Modena fosse assolutamente impreparata ad ospitare quella corte: la sistemazione logistica della famiglia ducale e del suo seguito fu difficoltosa e tutti dovettero adattarsi e gran parte della corte occupò i palazzi della nobiltà. Cesare capì subito che Modena necessitava di un più elegante aspetto.

Della presenza della corte la città ne ricevette un enorme impulso e conobbe un immediato rinnovamento delle sue architetture civili e religiose. Durante i suoi trent’anni di governo fece costruire la Chiesa di San Vincenzo dei Teatini, i monasteri delle “Monache della Madonna” e quello di Sant’Orsola. Diverse chiese furono edificate grazie alla benevolenza del Duca che altre ne restaurò e non meno importante fu il suo avvallo al decoro dell’edilizia civile con l’erezione del Palazzo delle Finanze e del Palazzo del Comune. Tutto questo, nonostante le ristrettezze finanziarie.

Il Duca però si mostrò anche scaltro in politica sino alla spregiudicatezza. Un riottoso signore di provincia, Marco Pio di Savoia, Signore di Sassuolo, provò a sottrarsi al dominio estense agognando la costituzione di un suo ducato autonomo, ma, stranamente, il 19 novembre del 1609, rientrando dal banchetto al Castello di Modena, giunto nei pressi della Chiesa di San Giorgio, qualcuno gli sparò contro diversi colpi d’archibugio. Marco Pio morì al Castello di Modena e l’identità dei sicari non si seppe mai… Cesare tentò pure di creare equilibri politici che potessero tutelare il piccolo ducato e così fece sposare suo figlio Alfonso III d’Este con Isabella, figlia di Carlo Emanuele di Savoia e dell’Infanta Caterina d’Austria. Fu scrupoloso fondatore del nuovo Ducato di Modena.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: M. Pirondini, Cesare d’Este: da Ferrara a Modena; E. Barbalini Ferrari, I Duchi di Modena Capitale

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