Caterina II di Valois e il Principato d’Acaia
L’insediamento a Napoli di Baldovino di Courtenay, imperatore latino spodestato nel 1261, e dei suoi eredi, legò indissolubilmente i principi di Taranto della casa d’Angiò, alle sorti dei principati greci. Figura chiave nelle vicende che si svilupparono fu Caterina II di Valois.
La riconquista di Costantinopoli da parte delle truppe di Alessio Melisseno Strategopulo nel 1261 significò la fine dell’impero latino, instaurato dopo la Quarta Crociata. L’imperatore Baldovino II fuggì e cercò riparo in Europa. Nel 1267 si recò in sud Italia, presso la corte di Carlo d’Angiò, re di Sicilia. Qui firmò il trattato di Viterbo con cui Carlo si sarebbe impegnato ad armare un esercito e una marina allo scopo di riportarlo sul trono, in cambio dei diritti su tutta la Grecia, ma la riconciliazione del basileus Michele VIII con Roma fece fallire il progetto. In seguito a ciò Baldovino II e il figlio Filippo vissero stabilmente presso la corte di Napoli. Filippo a Foggia prese poi in moglie Beatrice, figlia di Carlo d’Angiò, e dal loro matrimonio nacque Caterina, riconosciuta dai restanti stati della Grecia libera, ovvero il Principato di Acaia, Ducato di Atene e la Contea Palatina di Cefalonia, come imperatrice titolare di Costantinopoli.
Il 28 febbraio 1301, presso il Priorato di St. Cloud, vicino a Parigi, Caterina si congiunse in matrimonio con Carlo, conte di Valois, fratello minore del re Filippo IV di Francia. Divenuto imperatore titolare, Carlo non riuscì nelle sue manovre per detronizzare l’imperatore Andronico II Paleologo e insediare sua moglie a Costantinopoli e quando la donna morì, nel 1307, fu la sua primogenita, Caterina II, ad ereditare il titolo.
Carlo l’aveva promessa al re titolare di Tessalonica, Ugo V di Borgogna, con l’obiettivo di creare alleanze tra i pretendenti di terre detenute dai latini dopo la quarta crociata e ora perse, tuttavia, con la complicità del pontefice, residente ad Avignone sotto la forte influenza degli angioini di Francia, sciolse la promessa e consegnò sua figlia a Filippo I di Taranto, vedovo di Tamara Angela Comnena Ducena, nipote di Carlo d’Angiò e fratello minore di Roberto, re di Napoli.
La coppia si sposò il 29 luglio del 1313 vicino a Parigi, a Fontainebleau. Con questo matrimonio tutti i pretendenti occidentali dell’Impero Latino, tanto la Casa d’Angiò del Regno di Napoli quanto quella di Courtenay dell’imperatore Baldovino, furono uniti in un’unica rivendicazione dell’impero finito nel 1204.
Forti di tanti appoggi, i coniugi misero in piedi una vera e propria crociata contro i “greci scismatici”, benedetta con tutte le giuste formalità dal Concilio di Vienne il 29 dicembre 1312, ma le prediche del pontefice furono ignorate e nessuna armata navigò contro i Paleologi. Filippo II di Taranto, più vecchio di Caterina di venticinque anni, spirò nel 1332. I titoli in suo possesso di principe di Taranto e re d’Albania finirono al suo primogenito Roberto, mentre come principe di Acaia gli successe suo fratello, Giovanni di Gravina.
Caterina abbandonò l’idea di guidare una crociata contro Costantinopoli e si dedicò invece all’ascesa di suo figlio al trono d’Acaia. I diritti sul principato furono assunti da Roberto col pagamento a Giovanni di Gravina di 5000 once d’oro che Caterina ottenne da Niccolò Acciajuoli e dalle banche fiorentine. Giovanni ottenne pure il titolo di duca di Durazzo e la titolarità del Regno d’Albania.
Caterina, reggente per conto del figlio, affidò il controllo dell’Acaia ad una serie di suoi emissari, ma quella regione era in balia di molteplici signori locali, anzitutto del genovese Martino Zaccaria, che controllava la città di Argolide, Chalandritsa e disparate baronie, battendo anche moneta. Egualmente la baronia di Patrasso, sotto la guida dell’Arcivescovo Guglielmo Frangipani, si considerava indipendente.
Niccolò di Bojano, funzionario del tesoro napoletano che Caterina aveva mandato in Acaia per esaminare da vicino la situazione, approfittò dell’improvvisa morte del Frangipani, invadendo i territori di Patrasso. Fu l’intervento fu condannato da papa Benedetto XII che rivendicava alla Chiesa la baronia. Allora Caterina col figlio, scortata da trecento guardie, si trasferì in Acaia per affrontare di persona quelle sfide. L’aiutò Niccolò Acciajuoli che volle amministratore degli affari dei suoi figli e incaricato della loro educazione. È pure probabile che tra i due fosse nata una storia d’amore che valse all’Acciajuoli molte proprietà e importanti feudi moreani, come a Kalamata o Andravida.
Di lì a poco, però, proprio quando il Principato d’Acaia sembrava poter essere finalmente domato, il contesto generale mutò: gli aragonesi conquistarono il ducato di Atene, il despota della Morea si lanciava in incursioni in Acaia e navi turche iniziavano a devastare le coste greche. Per tentare di trovare appoggi Caterina si stabilì a Patrasso riconoscendovi però l’autorità della Santa Sede. Inoltre, continuando ad accumulare debiti, fece erigere un castello a Kalamata, assicurando così un baluardo in difesa della Messenia settentrionale contro le incursioni del despota di Morea. In più Caterina diede riparo al despota dell’Epiro, Nikephoros II Orsini, che era stato espulso da Andronico III Paleologo, finanziò una rivolta in suo nome. Alla fine del 1338, i ribelli presero Arta e il governatore bizantino, Teodoro Sinadeno. Tuttavia, Andronico recuperò i territori e assediò Nikephoros a Thomokastron. Fu allora che i due rivali s’accordarono contro Caterina. Abbandonando l’Epiro, Nikephoros accettò in sposa la principessa bizantina Maria Cantacuzeno, figlia del futuro imperatore Giovanni VI, e poi si portò sul suolo acheo per spodestare Caterina. Con somma sorpresa, trovarono però assenti sia la principessa reggente, sia suo figlio Roberto. Caterina, molto probabilmente, era stata informata dell’ammutinamento dei suoi soldati e aveva agito rapidamente. Era salpata per Corfù, verso la Contea Palatina di Cefalonia, dove la principessa esercitava altri suoi diritti imperiali. Qui Caterina agì come governatore, per cinque anni tra il 1341 e il 1346.
Tornata a Napoli, provò in tutti i modi a mettere sul trono il suo secondogenito Luigi di Taranto. Alla fine ci riuscì. Luigi sposò Giovanna d’Angiò dopo l’assassinio di Andrea d’Ungheria.
Caterina morì nell’ottobre del 1346, all’età di 43 anni e fu sepolta nel Santuario di Montevergine.
Diverse furono le fortune di Roberto. Sposò Maria di Borbone, vedova di Guido di Lusignano, ma si compromise nella difesa del trono di suo fratello Luigi. Fu arrestato ad Aversa da Ludovico d’Angiò e condotto prigioniero in Ungheria. Liberato nel 1352, raccolse un esercito e andò a combattere in Grecia, provando a far valere i titoli lasciatigli dalla madre. Prese Corfù, Cefalonia e Zante dal 1353 al 1354. Lasciò questi territori sotto l’amministrazione di Niccolò Acciaiuoli e tornò a Napoli dove si spense il 10 settembre del 1364. Il titolo imperiale finì al suo terzo fratello, Filippo, mentre la Morea andò al figlio di primo letto di Maria di Borbone, il principe Ugo di Lusignano. Questi vi condusse in Grecia un’armata che guerreggiò per quattro anni prima di arrendersi ad un accordo che gli lasciava solo il feudo di Kalamata, ma gli permetteva di correre a Cipro, dove era morto il re, suo zio Pietro I, e illudersi ancora di poter cingere il capo d’una corona.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: G. M. Monti, La espansione mediterranea del Mezzogiorno d’Italia e della Sicilia; M. Prevost, Catherine de Courtenay-Valois, in Dictionn. biograph. francais