Cassiodoro Senatore

Cassiodoro Senatore nacque attorno al 490 d.C. a Scolacium nel Brutium, l’odierna Squillace in Calabria, da famiglia aristocratica e stabilmente inserita nella corte di Ravenna.

Suo padre alla corte di Odoacre fu comes rerum privatarum, incarico destinato all’amministrazione del tesoro regio, poi comes sacrarum elargitionum, ministro delle finanze, fino a rivestire nel 489 l’importante carica di consularis in Sicilia. In quegli anni i goti di Teoderico si affacciavano nella penisola italiana. Essi, sconfitto Odoacre sull’Isonzo una prima volta nell’agosto del 489 ed una seconda nel settembre dello stesso anno, presero buona parte della penisola. Odoacre non demorse, tenne testa ai nemici e si illuse di poter dividere il suo potere con Teoderico, aprì allora le porte di Ravenna, assediata dall’agosto del 490, e, in una disputa accesasi durante un banchetto, fu ammazzato da Teoderico. Era il 493 d. C. e si inaugurava una tremenda rivalsa sui fedeli del defunto re. Al contrario chi come Cassiodoro padre aveva favorito l’avvento di Teoderico fu premiato con grandi elargizioni. Cassiodoro padre, infatti, fu nominato corrector Bruttium et Lucania, poi proseguì la sua carriera come praefectus praetorio e, richiamato a Ravenna, fu addirittura insignito del titolo di patricius (V. A. Sirago, I Cassiodoro. Una famiglia calabrese alla direzione d’Italia nel V e VI secolo).

È nella capitale del regno goto che Cassiodoro figlio fu avviato agli affari di stato, studiò in compagnia dei giovani più accreditati della nobiltà regia, tra cui la principessa Amalasunta, e si guadagnò le attenzioni di Teoderico per i suoi graditi panegirici. Fu nominato consiliarius del padre e poté perfezionare le sue conoscenze di diritto romano e divenire quaestor sacri palatii, ovvero magistrato deputato a redigere i documenti di Stato. La sua carriera non conobbe momenti bui e nel 514 ottenne la nomina a magister officiorum, la più alta carica dello Stato.

Intorno al 527 scrisse la Historia Gothorum, opera in dodici libri in cui venivano illustrati i momenti cruciali della vita del popolo goto con l’obbiettivo di nobilitarne la storia e di accreditarne, dinanzi all’Impero bizantino, il ruolo di custode della civilitas, la civile convivenza tra romani e goti sulla base della tradizione giuridica imperiale. Purtroppo l’opera andò persa. La conosciamo solo dall’analisi dei Getica, la versione della storia dei goti propostaci circa venti anni dopo da Iordanes, monaco di Vivarium e futuro vescovo di Crotone.

In quegli anni si stava vivendo un momento di grande difficoltà perché Teoderico era morto l’anno prima, appena nove mesi dopo era scomparso anche l’imperatore Giustino e adesso la corte gota era turbata da lotte intestine e quella bizantina rilanciava i suoi progetti egemonici sulla Penisola.

Amalasunta, madre del giovane re Atalarico, si affidò a Cassiodoro Senatore, divenuto praefectus praetorio, per curare la promulgazione di editti e decreti, emanare sentenze e gestire le imposte regie, ma la confusione e la violenza trasalirono: alla morte di Atalarico, nel 534, sua madre sposò in seconde nozze suo cugino Teodado, il quale la rese prigioniera nell’isola di Bolsena e la fece assassinare. L’anno dopo anche Teodado fu ucciso, Vitige venne proclamato re e restò in carica sino al 540. Nel 550, in piena guerra greco-gota, Cassiodoro Senatore seguì papa Virgilio a Costantinopoli, città da cui rientrò nel 554 per restare fino alla morte, probabilmente giunta nel 580, a Squillace.

Cassiodoro Senatore ci ha lasciato almeno altre quattro opere di grande pregio che si aggiungono alla già citata Historia Gothorum: l’autobiografico Ordo generis Cassiodorum, il De Anima, il Chronica ed il Variae, fondamentale testimonianza dell’Italia dei goti. Fu anche il primo ad utilizzare il sistema di datazione “a.D.” annus Domini in un’operetta composta a Vivarium nel 562, il Computus paschalis, una manuale per calcolare di anno in anno il giorno esatto in cui cadeva la Pasqua.

Per noi però resta il grande fondatore del Vivarium di Scolacium. A Squillace, città che non conobbe mai neppure l’invasione longobarda, Cassiodoro Senatore trovò la quiete imperturbabile necessaria alla coltivazione dei suoi interessi culturali e spirituali e fondò, da semplice conversus, il complesso monastico di Vivarium.

Il monastero, che studi successivi hanno individuato nella contrada San Martino di Copanello nei pressi del fiume oggi chiamato Alessi, era collegato ad un castellum ed univa nei due abitati la vita monastica e quella anacoretica. Esso prendeva il nome dai vivai di pesci che proprio Cassiodoro Senatore aveva fatto disporre per garantire abbondanza di cibo. Nell’Alto Medioevo, rispetto alla pesca in mare aperto, sembra preferirsi l’utilizzo di pescherie o piscine dove allevare pesci, mezzo sicuro per assicurarsene il rifornimento le peschiere potevano essere costituite da uno spazio circoscritto di un fiume per ospitare pesci d’acqua dolce, ma anche pesci marini che si adattavano ad essere allevati in acque non salmastre, come spigole e orate. (Si consulti l’opera Pesci, Brache, Pescatori nell’Area Mediterranea dal medioevo all’Età Contemporanea di V. D’Arienzo e B. Di Salvia). E’ però innegabile che la presenza dei vivai aveva un valore simbolico: la parola greca Ichthys, pesce, era usata dalle prime comunità cristiane come acrostico di “Iesous Christos Theou Yios Soter”, ovvero “Gesù Cristo figlio di Dio salvatore”, dunque a Vivarium si sarebbero allevati uomini nell’esempio della vita di Gesù (F. Cardini, Cassiodoro il Grande. Roma, i barbari e il monachesimo).

L’intenso impegno prestato nell’opera di servizio al prossimo, nell’apprendimento del sapere classico e nello studio della Bibbia fecero del monastero di Squillace un faro di cultura, un gioiello della sapienza del tempo volto alla trascrizione, alla conservazione ed allo studio delle opere della cultura greca e latina, dai testi classici a quelli della patristica occidentale.

Tra le opere, preparate in quaternioni o senioni, che con certezza possono essere annoverate tra quelle studiate e trascritte a Vivarium ci sono le Antichità giudaiche e La guerra giudaica di Giuseppe Flavio, la Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, le Storie ecclesiastiche di Socrate Scolastico, Sozomeno e Teodoreto di Ciro, riunite nel volume Historia ecclesiastica tripartita.

Cassiodoro Senatore scrisse al riguardo: ”Confesso che tra i lavori fisici da voi svolti, preferisco, non senza giusta causa, quello dei copisti, quando essi ovviamente scrivono senza errori, poiché, leggendo le divine Scritture, istruiscono in maniera benefica la loro mente e scrivendo seminano in lungo e in largo gli insegnamenti divini. Santa attività, lodevole occupazione quella di chi predica agli uomini con la mano, parla con le dita, elargisce salvezza ai mortali senza parlare e combattere contro le insidie diaboliche con penna e inchiostro. Satana, infatti, riceve tante ferite quante sono le parole del Signore Scritte dal copista”.

In poco tempo la biblioteca del monasterium Vivariense sive Castellense divenne un prezioso scrigno d’opere classiche pagane, cristiane, latine e greche destinate a disperdersi in tutta Europa alla morte del fondatore.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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