Caravaggio in Sicilia
Caravaggio in Sicilia vive una stagione brevissima ma splendida. Lontano da Roma, fuggiasco dalle campagne laziali dopo l’uccisione di Ranuccio Tommasoni, capitano della guardia pontificia, Michelangelo Merisi da Caravaggio approdò prima a Napoli, poi a Malta, infine in Sicilia, trovando sull’isola una realtà anche più traica e contrastata di quella romana, una realtà dove brutalità e pietà infinite, miserie e dolori si misurano in una lotta insanabile.
Il “Seppellimento di Santa Lucia”, che si conserva a Siracusa, ne è la prova più evidente. E’ qui che Caravaggio si lascia andare a lunghe passeggiate archeologiche. Durante una di esse battezzò la Latomia col nome di “Orecchio di Dioniso”. Lo stile caravaggesco ora evolve verso figure più piccole in rapporto ad un ambiente ampio che acquisisce larghe profondità con tonalità scure. Il punto di vista dell’osservatore sembra renderlo partecipe dell’avvenimento da lontano. Spettatori di una tragedia, percepiamo forse l’incubo della morte che iniziava ad attanagliare Caravaggio? Ansia e accorata speranza, l’oscuro senso dell’esistenza, è questo che si trova nella tela, frutto forse dell’immersione entro la realtà quotidiana mimica e disperatamente popolare della Sicilia spagnola.
Tra il 1608 ed il 1609, è l’isola la sua dimora. Qui approda dopo una repentina fuga da Malta in seguito ad una grave contesa con un cavaliere di giustizia. La sua condizione continua ad essere quella di fuggiasco, motivo per cui lo troviamo in un continuo peregrinare tra le varie città sicule alla ricerca di un sicuro rifugio. Cosa rappresentasse per lui il colore di miseria e gioia della vecchia Trinacria non è semplice immaginarlo. Tuttavia Caravaggio è profondamente influenzato dall’ambiente che lo circonda, ne respira la cultura e l’attitudine ed i suoi quadri ne risentono divenendo una sorta di rielaborazione della realtà dell’Isola.
Messina accoglie le urla e le gesticolazioni de “La Resurrezione di Lazzaro” ed una “Natività” che è niente altro che un presepio popolare. La prima opera fu commissionata dal genovese Giovan Battista de’ Lazzari per la propria cappella, e si può ammirare nella Chiesa dei Padri Crociferi, ora nel Museo Regionale, che ospita anche la seconda, meglio nota col titolo di “Adorazione dei Pastori”.
“La moltitudine degli uomini mi fa da modello”, aveva detto egli stesso… La tela rappresenta un presepio secondo la tradizione classica, completo di bue e asinello, ma segnato dalla presenza di personaggi vissute in epoche diverse: San Lorenzo, San Francesco, San Giacomo stanno forse ad indicare che l’Incarnazione avviene al di fuori di ogni tempo? Il dipinto mirabile si accende di tinte mistiche e rinnova il respiro di un fastoso mondo d’evangelica umiltà. L’atmosfera calda, lampeggiante di luci, è tutta umana, tutta siciliana.
Ritorna alla sua tradizione naturalistico-realistica come una nostalgia capricciosa della gioventù con la “Natività” di Palermo. Questa è la grandezza di Caravaggio, l’aver sentito la realtà come palpitante verità presente nel cuore dell’uomo come scintilla d’amore di Dio.
Le commissioni non gli mancano, ma il suo sogno resta tornare a Roma. Salpa così ancora per Napoli dove i nemici lo sorvegliano, lo minacciano, l’aggrediscono all’Osteria del Ceriglio ferendolo gravemente. Quando Papa Paolo V, sollecitato dal Cardinale Gonzaga, sta per concedergli la grazia, giunge la notizia della sua morte.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete. In copertina c’è un particolare del “Seppellimento di Santa Lucia”.