Bitonto e l’Obelisco Carolino
Bitonto è una cittadina nella provincia di Bari dall’incantevole centro storico.Vi si entra oltrepassando Porta Baresana, lasciandosi a sinistra la Torre Angioina e proseguendo verso la Chiesa di San Gaetano, con le preziose tele di Carlo Rosa, Palazzo Sylos-Labini, col suo bel portale di tipo catalano ed un cortile a loggia con vistose decorazioni rinascimentali, la Chiesa del Purgatorio, con la facciata sovrastata da immagini del Purgatorio e teschi, ed infine la Cattedrale di San Valentino, edificata nel XIII secolo in tipico romanico pugliese.
Noi però puntiamo ad altro. Raggiungiamo la poco distante piazza “26 Maggio 1734“. Perché? La risposta sta tutta nell’intitolazione stessa della piazza. Qui a Bitonto avvenne l’unica vera battaglia tra le truppe di Filippo V, guidate da suo figlio Carlo, e quelle austriache, comandate dal principe di Belmonte, Antonio Pignatelli, e dal Conte di Traun. L’episodio bellico fu determinante per la conquista borbonica del Regno di Napoli.
Vi svetta infatti un alto obelisco di tufo, rivestito di marmi di Genova e di pietra di color mischio tratta nel territorio bitontino da una cava esistente presso la chiesa della Madonna delle Grazie. Raggiunge i diciannove metri e sulle quattro facciate presenta quattro differenti lapidi il cui testo fu dettato dal Ministro Tanucci.
La prima di esse è dedicata a Carlo. Vi si legge “CAROLO / HISPANIURUM INFANTI / NEAPOLITANORUM ET SICULORUM REGI / PARMENSIUM PLACENTINORUM CASTRENSIUM DUCI / MAGNO AETRUSCORUM PRINCIPI / QUOD HISPANICI EXERCITUS IMPERATOR / GERMANOS DELEVERIT / ITALICAM LIBERTATEM FUNDAVERIT / APPULI CALABRIQUE SIGNUM / EXTULERUNT” ovvero “A Carlo / Infante di Spagna / dei Napolitani e dei Siciliani Re / dei Parmensi dei Piacentini dei Castrensi Duce / degli Etruschi Gran Principe / perché dell’esercito spagnuolo Capo Supremo / i Tedeschi annientò / e l’italica libertà fondò / i Pugliesi e i Calabresi la bandiera / alzarono”.
Proseguendo verso sinistra si trova una lapide dedicata all’esercito imperiale con l’iscrizione “GERMANORUM MILITIUM / HIC / JUSTO NUMERO CERTANTIUM / HISPANICA VIRTUS / PARTEM MINIMAM TRUCIDAVIT / RELIQUOS FORTITER CAPTOS SERVAVIT / REI GESTAE NUNTIUM EX CAPTIVIS / AD GERMANIAE REGEM / HUMANITER ABLEGAVIT / ANNO SALUTIS MDCCXXXIV” ovvero “Dei soldati tedeschi / qui / in numero adeguato combattenti / il valore spagnuolo / una parte minima uccise / gli altri valorosamente fece prigionieri / il messaggero dell’accaduto dai prigionieri / al Re di Germania / umanamente lasciò andare / nell’anno della salute 1734”.
La terza lapide è dedicata a Filippo V e vi si legge “PHILIPPO V / HISPAN. INDIAR. SICILIAE UTRIUSQUE / REGI / POTENTISSIMO PIO FELICI / QUOD AFRIS DOMITIS / NEAPOLETANUM REGNUM / DEVICTIS JUSTO BELLO GERMANIS / RECEPERIT / ET CAROLO FILIO OPTIMO / ITALICIS PRIDEM DITIONIBUS AUCTO / ADSIGNAVERIT / MONUMENTUM VICTORIAE / PONI LAETANTES / POPULI VOLUERUNT” ovvero “A Filippo V / delle Spagne delle Indie dell’una e dell’altra Sicilia / Re / potentissimo pio felice / perchè assoggettati gli Africani / il Regno Napolitano / ai Tedeschi vinti con giusta guerra / ha ripreso / ed a Carlo figlio ottimo / da tempo più grande per gli aggiunti possedimenti italiani / ha assegnato / un monumento alla vittoria / si ponesse i giubilanti / popoli vollero”.
L’ultima è dedicata al generale Carrillo, conte di Montemar, comandante le truppe borboniche: “IOSEPHO CARRILLO / COMITI MONTEMAR / QUOD / EIUS OPERA DUCTU CONSILIO / HISPANI GERMANORUM CUNCTA SUBEGERINT / VIII KAL. JUNI A.S. MDCCXXXIV / REGIS JUSSU HONOS HABITUS” ovvero “A Giuseppe Carrillo / Conte di Montemar / perchè / per opera guida consiglio di Lui / gli Spagnoli tutte le cose dei Tedeschi sottomisero / il 25 maggio dell’anno della salute 1734 / Onore avuto per comando del Re”.
Fu progettato e fatto costruire tra gli ulivi del campo di battaglia dal generale Giuseppe Carrillo e vi lavorarono l’ingegnere del Genio Giuseppe Medrano, il tenente colonnello Francesco Rorro e l’ingegnere Gioacchin Magliano. Le decorazioni sono varie, vi compaiono maschere, scudi, elmi, corazze, bandiere, palle di cannone. L’obelisco è sormontato da un capitello modellato ad arme dei Borbone con una imponente corona reale.
Indubbiamente le moderne costruzioni che circondano il monumento ne condizionano l’immagine e l’eleganza. Come sovente avviene, lo stile moderno rompe l’unità architettonica creando stridenti contrasti.
Sovviene però una riflessione di natura storico-politica: Carlo di Borbone, battuti gli austriaci, sostiene di aver “riaffermato l’italica libertà”. Lo fa in quanto Re di Napoli e Sicilia, Duca di Parma, Piacenza e Castro e Principe di Toscana, lo fa in quanto Infante di Spagna, a capo di un esercito spagnolo e per conto di suo padre Filippo V, re “delle Spagne, delle Indie, dell’una e dell’altra Sicilia”, che gli affida i “possedimenti italiani”. L’Italia è libera dall’influenza alemanna e, protetta dalla Spagna borbonica, con i suoi antichi stati, può tornare a prosperare nel secolare rapporto con la Monarchia Cattolica.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Certo, libera dai Tedeschi e occupata dagli Spagnoli!
Che peccato averli persi entrambi: dopo abbiamo avuto i Savoia e le sangiusughe che ancor oggi ci dissanguono
Sorge un altro dubbio o riflessione di natura storico-politica:
1) che c’entrano “i tedeschi” se in guerra sono coinvolti gli austriaci?
Poi: “ Qui a Bitonto avvenne l’unica vera battaglia tra le truppe di Filippo V, guidate da suo figlio Carlo, e quelle austriache, comandate dal principe di Belmonte, Antonio Pignatelli, , e dal Conte di Traun”.
2) Se quella fu “l’unica vera”, le altre erano fasulle ?! Già a quei tempi guerre fake?
3) perchè le truppe austriache erano guidate da un italiano ?
Le battaglie susseguitesi fino a quel momento erano state scaramucce di ordine irrilevante. Non c’entrano le fake news di guerra.
Il concetto di nazionalità era ancora in divenire. Per “tedeschi” si intendevano all’epoca anche gli austriaci e comunque nell’esercito non c’erano solo “tedeschi”, di fatti, in entrambi gli schieramenti combatterono, per esempio, molti italiani.