Avalanche 1943: Lo sbarco di Salerno

Lo sbarco di Salerno (Operation Avalanche) è stato uno degli avvenimenti più importanti della Seconda guerra mondiale. Per numero di navi e mezzi impiegati fu secondo soltanto allo sbarco di Normandia. Il 3 settembre 1943 era stato firmato l’armistizio e gli Alleati pensarono, ingenuamente, che lo sbarco sarebbe stato una passeggiata, che gli Italiani si sarebbero arresi senza combattere e che i tedeschi avrebbero abbozzato ritirandosi.

Probabilmente per questo a capo della spedizione alleata fu messo un giovane e brillante generale, Mark Wayne Clark, alto, allampanato e desideroso di fare carriera. Purtroppo il generale in questione non era un brillante stratega e decise di sbarcare dividendo le sue forze in due direttrici principali anziché colpire con forza in un unico punto e senza tenere conto della particolare disposizione del terreno, un’ampia pianura circondata da montagne. Non a caso il gen. Patton, visionato il piano d’attacca, si chiese in modo molto schietto chi fosse lo “stupido” che lo avesse ideato. Quelle stesse montagne furono definite da Kesserling (il maresciallo tedesco che tenne in scacco per quasi due anni gli alleati in Italia) un “dono di Dio ai difensori” e crearono al generale Clark non pochi grattacapi. La notte tra l’8 e il 9 settembre, quindi, inglesi e americani sbarcarono convinti che tutto si sarebbe risolto in breve tempo e fu grande la sorpresa quando dovettero fronteggiare la reazione tedesca, che li ricacciò quasi a mare. I combattimenti, durissimi, durarono quasi un mese e si risolsero, more solito, a favore degli attaccanti soltanto grazie alla superiorità in uomini, mezzi e approvvigionamenti.

A Salerno si insediò il primo governo italiano libero e la città fu proclamata capitale, seppur per un breve periodo. Oggi lo sbarco di Salerno è ancora oggetto di studio delle maggiori accademie militari inglesi e statunitensi e gli inglesi ancora ricordano l’accostamento Salerno-inferno che i fanti sbarcati sulle nostre spiagge dovettero affrontare. A Salerno esiste un cimitero inglese dove riposa ancora un membro della famiglia reale (Henry Welleslye, VI duca di Wellington) e solo a Salerno esistono ancora sepolte nella boscaglia le trincee scavate dai tedeschi a difesa delle colline, dove ogni tanto si rinvengono i resti mortali di qualche soldato.

Eppure Salerno non conserva dello sbarco alcun ricordo. Solo iniziative private e qualche sporadica manifestazione rammentano alla città il suo passato terribile e glorioso. Perché questo accade? Non è dato sapere. Eppure non mancherebbero gli spunti, gli episodi degni di menzione. Basterebbe ricordare il nome del salernitano Orfeo Mazzitelli, pilota da caccia che si battè valorosamente per difendere i cieli di Napoli e Salerno dalle fortezze volanti o quello del Gen. Ferrante Gonzaga del Vodice, comandante della 222^ divisione costiera di stanza nel golfo di Salerno, morto per mano dei tedeschi per aver rifiutato la resa l’8 settembre del 1943. Ma nemmeno possiamo trascurare la figura di Mario Marino, uno dei sei assaltatori che nel dicembre del 1941 affondarono due corazzate e una petroliera nel porto di Alessandria, un episodio che non ha eguali nella storia della marineria mondiale.

In città, poi, sono ancora tanti i salernitani che hanno l’età per ricordare i giorni dello sbarco. In molti raccontano delle incursioni di “Ciccio u ferroviere”, l’aereo che ogni sera nel 1943 accompagnava le ricognizioni sulla ferrovia con il lancio di qualche bomba e ancora oggi capita che durante lo scavo delle fondamenta di una casa o di una piazza, vengano ritrovate bombe inglesi o americane risalenti al periodo dello sbarco. Tuttavia mai nessuno sforzo organico è stato fatto per raccogliere le testimonianze di una memoria condivisa e questo ha determinato, ad esempio, l’esclusione della città di Salerno dalle recenti celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia. In questo quadro desolante si distinguono alcune iniziative meritevoli.

E’ il caso del Museo dello Sbarco curato dal prof. Oddati, che raccoglie numerosi cimeli donati dai salernitani e dall’Esercito, le mostre organizzate dall’associazione culturale “Salerno1943” presso l’Archivio di Stato di Salerno, nonché il Museum of Operation Avalanche di Eboli (M.O.A.). Nell’ultimo anno, fortunatamente, su iniziativa di privati cittadini, si è proceduto anche al restauro di alcuni avvisi lasciati dalle truppe alleate nel periodo dell’occupazione sulle mura della città e si sono tenute cerimonie di commemorazione per i caduti a seguito dei bombardamenti in vicolo S. Giovanniello (oggi, non a caso, divenuto “Largo” S. Giovanniello) e si moltiplicano le iniziative per il futuro. In particolare, l’associazione Salerno1943 ha ottenuto dal governo degli Stati Uniti d’America un riconoscimento per l’attività di ricerca dei resti dei soldati americani dispersi in battaglia ed analoghe iniziative hanno in corso anche le ambasciate di Germania e Inghilterra. Nonostante tutto c’è ancora speranza…

 

 

 

 

 

Autore: Francesco De Cesare, studioso di Seconda Guerra Mondiale, membro dell’Associazione Salerno 1943

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