Accio e i Gracchi

In Accio e i Gracchi, Bilinksi si sofferma sul contenuto politico delle opere di Lucio Accio. Nato a Pesaro nel 179 a.C., il drammaturgo si scagliò contro i Gracchi e i capi democratici, accusati di aspirare alla tirannia, difendendo le posizioni aristocratiche.

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Le lotte delle masse popolari per la terra ed il diritto non trovarono in Accio il loro lodatore, ma influirono decisamente sulla scelta del tema delle sue tragedie che assunsero certe volte l’aspetto di unacritica del vulgus nello spirito dell’aristocrazia.

Tale suo atteggiamento antipopolare può essere spiegato e giustificato in un certo senso proprio dal carattere stesso della plebe romana di quel periodo in cui le vecchie masse popolari, già volte al progresso, venivano gradualmente soppiantate da una plebe, che alla fine del II secolo a.C. rappresentava uno stadio iniziale del sottoproletariato in seno alla società del suo tempo. Infatti, nel corso del secondo secolo Roma assiste a sensibili spostamenti sociali nell’ambito della sua popolazione libera. Essa assorbe una gran massa della plebe rurale rovinata e declassata che si trasformerà durante il primo secolo nel classico Lumpenproletariat. L’estendersi della schiavitù, l’apparizione di questa massa declassata sul piano sociale e la continua lotta fra le tendenze democratiche e aristocratiche, che si svolgeva tra le classi dominanti, rappresentano fattori di importanza veramente capitale per l’inquadramento dei processi ideologici dell’epoca.

Il teatro di Accio non soltanto valutò negativamente la plebe quale vulgus ma attaccò i suoi capi e i tribuni del popolo che conducevano la lotta contro l’antica e nuova oligarchia romana. Egli attaccò l’atteggiamento politico dei Gracchi e di tutto i loro successori: Saturnino, Glaucia, Mario e Sulpicio. Le sue opere teatrali svolgevano la propaganda che veniva dall’ambiente senatoriale, il quale affermava che i Gracchi e tutti i capi del popolo miravano alla tirannide e alregnum (affectatio regni), ciò che secondo la tradizione romana era considerato un colpo di stato (ritorno e ripristino dei governi tirannici). Ed infatti molte tragedie di Accio: Atreus, Diomedes, Eurysaces, Hellens, Aegisthus, Clytaemestra, Minos, Tereus, Phoenissae, rappresentavano usurpatori e tiranni e la loro lotta contro i re legittimi, fino a quando, abbattuti e esiliati questi, prendeva il sopravvento il loro governo crudele e sanguinario. Questo tema dei tiranni, che tanto spesso compare sulla scena di Accio ed è molto più frequente nel suo teatro che in quello degli altri poeti tragici romani, ci conduce alla conclusione che certe tragedie di Accio erano dirette contro i Gracchi e gli altri tribuni del popolo i quali capeggiavano i moti democratici.  Gli ottimati diffondevano con premeditazione le notizie che i capi del popolo aspiravano alla conqista del regno, alla tirannia. In questo modo la scena del teatro di Accio, rappresentando i tiranni e i loro governi terribili e ingiusti, diventava, nella nuova fase delle lotte politico-sociali, lo strumento di propaganda dell’oligarchia senatoriale.

 

 

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