Il Terremoto di Lisbona del 1755
La mattina del 1 novembre del 1755, festa d’Ognissanti, un violento terremoto colpì Lisbona, Setúbal e l’Algarve. Nella capitale portoghese il sisma fu accompagnato da uno tsunami con onde alte venti metri. Un’ondata travolse Terreiro do Paço ed un gigantesco incendio, per sei giorni, devastò Lisbona. La città aveva già conosciuto terremoti ma con conseguenze più contenute. Stavolta, si stimò nel Novecento, le scosse avevano raggiunto il nono grado della scala Richter. Scomparvero il Teatro dell’Opera, il Palazzo del Duca di Cadaval, il Palazzo Reale e l’Archivio Torre do Tombo. Complessivamente circa diecimila edifici furono rasi al suolo e novantamila persone persero la vita, su un totale di duecentocinquantamila abitanti di Lisbona.
Il Palazzo Reale, che era situato sulle rive del Tago, dove ora sorge il Terreiro do Paço, fu distrutto completamente. All’interno, la biblioteca di 70.000 volumi e centinaia di opere d’arte, tra cui tele di Tiziano, Rubens e Correggio, andarono perdute; si persero anche le registrazioni storiche dei viaggi di Vasco da Gama con il prezioso Archivio Reale ed i suoi documenti relativi all’esplorazione oceanica; furono ridotte in macerie le storiche chiese di Lisbona, in particolare la Cattedrale di Santa Maria e le basiliche di San Paolo, Santa Catarina, São Vicente de Fora, e la Misericordia; solo i resti del Convento do Carmo possono ancora essere visitati oggi nel centro della città. Quasi per miracolo, la famiglia reale sfuggì alla catastrofe. Il re José I e la corte avevano, infatti, lasciato la città dopo aver assistito a una messa all’alba, e si trovavano a Santa Maria de Belém, vicino a Lisbona, al momento del terremoto. Dopo la catastrofe, José I acquisì una fobia di spazi chiusi e visse il resto della sua vita in un lussuoso complesso di tende ad Alto da Ajuda.
L’epicentro del sisma ancora oggi non è esattamente noto e si tende a pensare che fu in mare, a cinquecento chilometri da Lisbona. Crepe di cinque metri che tagliavano la città. Tutti videro le acque ritirarsi dall’area portuale rivelando un fondale marino pieno di relitti e carichi persi, poi un’enorme ondata sommerse l’intera area del centro cittadino. Dove non arrivò l’acqua, ci pensò il fuoco a distruggere tutto. Lisbona non fu l’unica città portoghese colpita dalla catastrofe. Tutto il Portogallo meridionale, in particolare l’Algarve, fu colpito e persino le città marocchine Fez e Meknès subirono notevoli danni e perdite di vite umane.
Fu in questo contesto di tragedia e confusione che Sebastião José de Carvalho e Melo, Marchese di Pombal, allora Segretario di Stato per gli Affari Esteri e la Guerra, rivelò le sue grandi capacità di leadership e organizzazione e si fece carico del mantenimento dell’ordine; mentre l’aristocrazia e la famiglia reale abbandonarono la capitale, il Marchese fece seppellire i morti per evitare contagi, distribuire cibo e punire severamente i ladri. Contemporaneamente si dedicò alla ricostruzione della città.
Furono inviati vigili del fuoco per estinguere i grandi incendi e squadre di prigionieri e cittadini comuni furono costretti a rimuovere le migliaia di cadaveri prima che si diffondessero le malattie. A differenza delle usanze, ma con il permesso scritto del Patriarca di Lisbona, molti corpi furono caricati su chiatte e sepolti in acqua, oltre la foce del fiume Tago. Quando fu chiesto cosa fare dei pezzi di corpi mutilati che stavano per essere gettati in mare, il Marchese rispose: “Il Dio del cielo, sanno che il corpo appartiene”. Per evitare che il disordine regnasse nella città in rovina, reggimenti dell’esercito portoghese furono chiamati a preservare l’ordine, oltre che a concorrere alla pulizia ed alla ricostruzione della città. Per prevenire e punire il furto e il saccheggio della proprietà delle case distrutte, Pombal creò tre squadre costituite pure da un giudice, un sacerdote e un boia che amministravano con immediatezza la giustizia in materia di furti e saccheggi carnefice: era sufficiente come prova l’avere monete carbonizzate nelle tasche per essere giudicato ladri e condannati. Per combattere la fame, invece, Pombal si inviò il Marchese di Tancos, João Manoel de Noronha, con grandi forze militari, per requisire ovunque forniture di grano.
E se Pombal acquistò in questi mesi il favore del re, catalizzò su di sé anche le invidie ed il malcontento dell’aristocrazia e dei gesuiti che ordirono numerose macchinazioni. In ciò si servirono della religiosità dei portoghesi. Uno dei più seri problemi, infatti, fu di ordine psicologico, potremmo dire. Lisbona, capitale di un paese fortemente cattolico, aveva vissuto questo disastro proprio in un giorno sacro e numerose chiese erano state abbattute. Per la mentalità religiosa del diciottesimo secolo questo era un segno, una manifestazione dell’ira divina di difficile spiegazione. Le varie scosse di terremoto che continuarono a farsi sentire nei sei mesi successivi, continuavano a spaventare il popolo e, sebbene il Marchese avesse più volte spiegato che il terremoto era dovuto a cause naturali, era davvero difficile aver ragione della propaganda dei gesuiti che faceva così presa sui portoghesi. L’unica misura adottabile sembrò quella più energica: un sacerdote, Malagrida, autore di un efficace libello contro Pombal, fu accusato di eresia e condannato a morte, mentre i gesuiti furono espulsi dal Portogallo (coi loro beniche passarono allo Stato).
Per quanto concerne la ricostruzione, si assegnarono i lavori di progettazione a Manuel da Maia, ingegnere del regno, che volle costruire una nuova Lisbona sulle macerie di quella vecchia e fu adottato un modello in cui le opere private erano proibite; i proprietari degli appezzamenti terrieri furono costretti a ricostruire secondo il piano generale entro cinque anni, altrimenti avrebbero dovuto cedere il loro possesso. Guidò i lavori Eugenio dos Santos, architetto del Senato della città; dopo la sua morte, nel 1760, fu sostituito da Carlos Mardel, un architetto ungherese emigrato in Portogallo.
Fu così la Lisbona medioevale fatta di stradine strette lasciò il posto ad una urbanistica razionale fatta di linee rette ed edifici di eguale altezza. Il nuovo centro della città, oggi noto come Baixa Pombalina, mostra i primi edifici al mondo ad essere costruiti con protezioni antisismiche, che sono stati testati su modelli in legno, usando le truppe per marciare per simulare le vibrazioni sismiche.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Bibliografia: J. H. Saraiva, Storia del Portogallo; J. M, Anderson, The history of Portugal