Lutero alla Dieta di Worms

Dall’Istoria del concilio tridentino di Paolo Sarpi traiamo la descrizione del contegno tenuto da Lutero nella Dieta di Worms convocata da Carlo V nel 1521.

 

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ai 17 di aprile in presenza di Cesare e di tutto il convento de’ prencipi, fu in, terrogato se egli era l’autore de’ libri che andavano fuora sotto suo nome, de’quali furono recitati i titoli e mostrati gli esemplari posti in mezzo del consesso; e se voleva difendere tutte le cose contenute in quelli o ritrattarne alcuna. Risposa quanto ai libri, che li riconosceva per suoi, ma il risolversi di difendere o no le cose contenute in quelli essere di gran momento, e pertanto avere bisogno di spazio per deliberare. Gli fu concesso tempo quel giorno, per dar risposta il seguente. Il qual venuto, introdotto Martino nel consesso fece una lunga orazione, scusò prima la sua semplicità se educato in vita privata e semplice non aveva parlato secondo la dignità di quel consesso, e dato a ciascuno i titoli convenienti; poi confermò di riconoscer per suoi i libri. E quanto al difenderli disse che tutti non erano di una sorte, ma alcuni contenevano la dottrina della fede e pietà, altri riprendevano la dottrina de’ pontificii, un terzo genere era dagli scritti contenziosi contra i difensori della contraria dottrina. Quanto alli primi disse, che se li ritrattasse non farebbe cosa da cristiano e da uomo dabbene; tanto più quanto per la medesima bolla di Leone sebben tutti erano condannati non però tutti erano giudicati cattivi. Quanto alli secondi, che tra cosa pur troppo chiara che tutte le provincie cristiane e la Germania massime erano espilate i gemevano sotto la servitù; e però il ritrattare le cose dette, non sarebbe stato altro che ‘confermare quella tirannide. Ma ne’ libri del terzo genere confessò di esser stato più acre e veemente del dovere; scusandosi che non faceva profession di santità ne voleva difendere i suoi costumi m ben la dottrina; che era parato di dar conto, qualunque persona si volesse, offerendosi non esse ostinato, ma quando gli fosse mostrato qualche su errore con la Scrittura in mano, era per gettar libri nel fuoco. Si voltò all’ imperadore e alli principi dicendo esser gran dono di Dio quando vien manifestata la vera dottrina, siccome il ripudiarle è un tirarsi addosso causa d’ estreme calamità. Finita 1′ orazione fu per ordine dell’imperadore ricercalo di piena e semplice risposta, se voleva difender o no i suoi scritti. Al che rispose, di non poter rivocar alcuna cosa delle scritte o insegnate se non era convinto con le parole della Scrittura o con evidenti ragioni. Le quali cose udite, Cesare si risolvette, seguendo i vestigi de’suoi maggiori, difender la Chiesa romana ed usar ogni rimedio per estinguer quell’incendio; non volendo però violar la fede data, ma passar al bando dopo che Martino fosse ritornato salvo a casa.

 

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