Mantova, Peschiera e Legnago nel Quadrilatero
Mantova, Peschiera e Legnago, tre angoli del Quadrilatero degli Austriaci, descritte dal lugotenente del II Reggimento di Fanteria del Regno di Württemberg, M. Biffart (Annuario dell’Italia militare, 1864).
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Mantova
Se Verona rappresenta nel Quadrilatero l’elemento offensivo, in Mantova noi scorgiamo il caso opposto, assumendo le sue opere un carattere esclusivamente difensivo.
Mantova si collega a Verona per mezzo d’una strada ferrata che, movendo da Porta Nuova, passa dinanzi a Santa Lucia, luogo noto per gli avvenimenti del 1848. I forti Schwarzenberg, D’Aspre e Wallmoden giacciono in immediata vicinanza, e, sotto ai loro cannoni, la ferrovia romoreggia lungo le celebri alture di Sona, Sommacampagna e Custosa, finchè per Villafranca e Roverbella va a raggiungere Mantova. Mantova, città vasta, ma di rada popolazione, seduta in riva a tre laghi, formati dal Mincio, cioè Lago superiore, Lago inferiore e Lago di mezzo, che le si stendono dintorno in ampio semicircolo, vien propriamente a trovarsi sulla destra del lago mezzano ed inferiore. La parte nord-ovest si rannoda allo sporco sobborgo di Porto per mezzo del ponte Molina (costrutto fino dal 1188) che è coperto, e s’allunga per quasi un quarto d’ora di cammino. Quel sobborgo, precinto da un antico muro, racchiude la cittadella, e forma con essa la testa di ponte nord-ovest della città. Come tutta Mantova, anche questa testa di ponte è fortificata nell’antico stile italiano; il pentagono bastionato, che la costituisce, trae la sua forza più presto dall’allagamento del circostante terreno, che dai profili e dal suo disegno. I parapetti sono rivestiti in muratura, e vanno circondati da fossi larghi e profondi. Collegati questi a un buon sistema di sostegni che ne governano le acque, la cinta può dirsi protetta da assalto.
Il ponte S. Giorgio conduce dalla bella piazza del Palazzo, nella parte nord-est della città, alla testa di ponte dello stesso nome ed all’opera esterna detta la Rocca, che le unisce entrambe alla città, passando attraverso all’ampio lago di mezzo, interrotto da intiere isole di palustri canne.
Mantova, per se stessa, colla sua cinta murata che si stende da ponente a mezzogiorno, costituisce la grande testa di ponte nella parte australe della città. Nel lato occidentale, dinanzi a Porta Pradella, sorge il forte Belfiore, eretto nel 1810 da Chasseloup. Codesto forte che consiste in un’opera a corno, vien fiancheggiandosi di quattro batterie che si levano dal fondo del lago, e furono recate a compimento nel 1861. Tra la strada di Borgoforte e il Lago inferiore intercede l’opera intitolata Ceresa, provveduta di 70 bocche da fuoco, vero nucleo delle fortificazioni della testa di ponte meridionale, la quale forma il ridotto del gran campo trincierato che si protende dai due lati della strada di Borgoforte, ed offre uno spazio capace di racchiudere 30,000 uomini. Attorniato da tre bastioni, congiunti tra essi da cortine, esso porge sicuro riparo ad un esercito; e quando, per le acque dei laghi, il terreno che è sul dinanzi sia debitamente allagato, ei riesce benanco inattaccabile, venendo in quel caso l’acqua a superare di 9 piedi il livello delle strade, che pur sono elevate su quello dei prati circostanti. Dalla parte meridionale del Lago di mezzo, in vicinanza al villaggio dello stesso nome, giace il forte Pietole, la potente chiave delle opere idrauliche della fortezza, composto anch’esso di due vecchi fronti bastionati alla Vauban.
Di quanto si disse è ovvio dedurre che la città di Mantova, per la qualità delle sue (antiquate) fortificazioni, non verrebbe ad essere una piazza, dotata per se stessa d’un gran valore, pel grado di resistenza che le sue mura possono offrire all’assediante. Rimpetto a Verona, la sua importanza, anche dal lato strategico, non riesce che secondaria, e, ad ogni modo, subordinata a quella città. Vero è però, che se le opere murali non sono gran cosa, il poderoso volume delle acque che la circondano cresce la sua forza difensiva per modo, da renderla quasi inespugnabile. Peccato che, mentre i baluardi di Mantova offrono cosi un gagliardissimo riparo a cospicuo esercito, le deleterie emanazioni delle sue paludi alimentino tra suoi medesimi difensori quelle febbri esiziali, onde sovente si popolano i suoi ospedali – e talvolta benanco i cimiteri.
Peschiera
Sebbene per ampiezza inferiore d’assai a Mantova, la piccola Peschiera, in fatto di strategica importanza, è da anteporsi ad essa. Posta all’ingresso del Mincio, che quivi si tragitta su breve ponte di forse 20 passi, laddove al disotto della città il fiume è cavalcato da un bel ponte ferroviario, Peschiera è divisa da quelle acque in due parti. L’orientale, di recente erezione, racchiude la Caserma in cui è acquartierato il battaglione che presidia la città (l’altro battaglione alloggia nei forti), più il Palazzo del Governo che non è edificio peccante di sontuosità, e un bel padiglione per ufficiali, ricinto di giardinetti che ha data d’esistenza dal 1849. La parte occidentale della città, un filare di case indecenti, è propriamente la vecchia Peschiera. Ha cinque fronti bastionati: lo stile delle sue fortificazioni è, come quello di Mantova, nell’antica maniera della scuola italiana. La fortezza giace in basso per modo che potrìa paragonarsi ad una sputacchiera (il paragone non è molto gentile!): dominata all’intorno dalle circostanti alture, cadrebbe ben presto in olocausto alle artiglierie che si rizzassero sulle loro creste. Nel 1848 fu difesa dal generale Rath (morto nel 1852) che, esaurito ogni mezzo di resistenza, ne fe” la dedizione ai 30 maggio. Anche nel 1859 la assediarono i Piemontesi; ma la resistenza sarebbe stata, durando la guerra, assai più fortunata, dacchè gli Austriaci avevano profittato della pace decenne per incoronare le eminenze di saldi forti. Oggidì ei salgono al novero di 14, controssegnati da numeri progressivi, anzichè da nomi particolari. Uno tra essi è collocato in guisa da signoreggiare l’ingresso del porto; un altro è a mezzogiorno della strada che guida a Rivoltella, lungo la spiaggia del lago; due forti, in forma di mezzaluna, stanno ai due lati della ferrovia; due compiono il legame colla linea della sponda destra del Mincio; e altri due, finalmente, sovrastano in seconda linea le alture che sorgono nella parte sud-ovest dinanzi alla cinta. Sulla sinistra del fiume le fortificazioni del poggio Mandello, a mezzodì della strada ferrata, costituiscono il nocciolo di tutto quel sistema difensivo, nel mentre che i cinque forti sul davanti si protendono in ampio arco dalla riva sinistra del Mincio fino alla spiaggia orientale del Benàco, dominatori della strada e della ferrovia che conducono a Verona. La distanza della città dai forti più interni (Mandello) vien ragguagliata a 500 passi; quella della catena esterna, al sud di Peschiera, importa 2000 passi. Tra le due estreme distanze si ha così una media di un quarto d’ora di cammino.
Legnago
Situata a 5 leghe (tedesche) da Verona ed altrettante da Mantova, sulle due rive del basso Adige, Legnago è ben lungi dall’avere l’importanza delle altre fortezze del quadrilatero. Con un presidio di soli 2,000 uomini essa basta nondimeno a soddisfare allo scopo della sua esistenza, quello di coprire il passaggio dall’una all’altra sponda del Po, e di servire ad un tempo di deposito principale sull’Adige inferiore. Al primo intento giovano due teste di ponte, costrutte nel già ricordato stile italiano dell’antica scuola; ma mancano forti staccati a compier l’opera, e manca altresì (mancanza grave) un vincolo di connessione colle altre fortezze per via di strade ferrate.
Naturalmente, si tratta di Legnago (piccolo refuso!)
Esatto 😉 grazie per la segnalazione, abbiamo corretto.